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DiscaricAfrica

di Eleonora Ciaffoloni -

ALESSANDRO BATTILOCCHIO COMMISSIONE AFFARI ESTERI CAMERA DEI DEPUTATI


“C’è una necessità di avere una interazione diversa con i Paesi del Mediterraneo e un supporto in questa fase di crisi, perché c’è il rischio che altrimenti se ne sviluppi una ancora più grave”.
Queste le parole del deputato e responsabile immigrazione di Forza Italia Alessandro Battilocchio, che da Lampedusa ha commentato l’attuale situazione ai confini dell’Italia e dell’Europa. Un viaggio nell’isola siciliana fatto in occasione del progetto “Sei nata per fare il mare, ma ti tocca fare la roccia” promosso dal Liceo Galileo Galilei di Civitavecchia, in collaborazione con l’Istituto Comprensivo Luigi Pirandello di Lampedusa per raccontare l’isola e la tematica migratoria vissuta dai più givani.
“Un progetto molto bello ed emozionante, soprattutto vissuto in una giornata significativa come la festa dell’Europa, celebrata proprio alla porta d’Europa, il monumento al centro di Lampedusa. Un progetto che ha visto il racconto di Lampedusa dalle voci dirette di giovanissimi residenti che ci hanno parlato della storia, della cultura e delle tantissime bellezze dell’isola di Lampedusa, che è stata chiamata a delle sfide importanti” ha commentato Battilocchio.

Sull’isola di Lampedusa si vive l’emergenza migranti più da vicino. Com’è la situazione?
“Gli arrivi continuano la situazione è preoccupante. Sono stato molte volte a Lampedusa, ho visitato l’hotspot e ho incontrato le forze dell’ordine che portano avanti un lavoro eccezionale e li ho ringraziati, anche in questi giorni. Abbiamo apprezzato l’ospitalità degli isolani, l’accoglienza e l’apertura mentale delle persone.
Sono due facce della stessa medaglia, di una piccola isola che deve affrontare sfide e situazioni essendo il luogo più a sud dell’Italia e dell’Europa. Quell’Europa che nelle tematiche della gestione dei flussi deve fare un salto di qualità, perché l’emergenza è necessariamente comunitaria”.

Ha trovato una Lampedusa lasciata sola?
“Negli ultimi mesi abbiamo visto passi in avanti importanti da parte delle istituzioni comunitarie, ma è chiaro che ci aspettiamo di più a partire dai prossimi consigli europei. Perché il controllo delle frontiere e la gestione dei flussi migratori devono avere una cornice comunitaria e un approccio europeo”.

Ora l’hotspot si sta svuotando. Ma si riempirà ancora…
“Chiaro. Ma mi auguro che si riesca ad uscire dalla logica dell’emergenza, che purtroppo abbiamo sempre vissuto in questi ultimi anni. Una logica che ha lasciato una lunga serie di problematiche irrisolte.
Il problema dell’immigrazione è strutturale e si risolve attraverso politiche strutturali: accordi bilaterali con i paesi di transito, quello che noi abbiamo chiamato Piano Marshall per l’Africa, una serie di investimenti che consentano sia lo sviluppo e la crescita di questi paesi di origine, sia la difesa per l’Europa da un punto di vista geopolitico.
Ma anche meccanismi di migrazione legale e regolare, che devono essere chiari e definiti.
Sono stati fatti passi avanti con gli ultimi decreti, ma serve anche il rafforzamento delle agenzie europee che si occupano di immigrazione un sistema efficiente e cogente di ricollocamenti e di rimpatri”.

L’Italia può farcela?
“Il primo aspetto è la necessaria imprescindibile cornice comunitaria, perché si tratta di una emergenza. Non può essere lasciata sulle spalle dei paesi di confini la gestione dei confini e delle frontiere dell’intera Unione. Serve condivisione, solidarietà, responsabilità e oneri tra i 27 Paesi membri”.
Nel Mediterraneo spicca la grave crisi della Tunisia. Il ministro Tajani ha dichiarato di voler aiutare il Paese, anche economicamente, mentre l’Ue con gli aiuti non lo ha fatto. Perché?
“È stato un errore: perché il rapporto privilegiato con i paesi di origine e con quelli di transito, in particolare Nord Africa, è una priorità. In questi mesi sia il ministro Tajani che il presidente Meloni hanno portato avanti incontri bilaterali. Ma questa è una strada che dobbiamo battere non solo come Italia ma anche come Unione Europea. È indispensabile su questo fare di più. L’allarme sulla Tunisia rimane e non è solo legato a ragioni di crisi economica, ma anche a una serie di problematiche istituzionali che in questi mesi hanno creato reazioni in loco.

Cosa si può fare di fronte a questo tipo di emergenza?
“C’è una necessità di avere una interazione diversa con questi Paesi e serve un supporto in questa fase di crisi, perché c’è il rischio che altrimenti si sviluppi una crisi ancora più grave, che ha riscontri evidenti e immediati sugli arrivi sulle nostre coste.
L’allarme del ministro Tajani dei giorni scorsi ha ben spiegato la necessità di un impegno molto maggiore dell’Ue nel sostegno a Paesi, in particolare la Tunisia ma anche la Libia che sono i luoghi da cui può giungere un flusso molto ingente se non si corre ai ripari”.


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