Politica

“Dl Cutro, mai più emergenza Ora programmiamo i flussi”

di Eleonora Ciaffoloni -

ALESSANDRO BATTILOCCHIO FI


È passata ieri pomeriggio la fiducia sul Decreto Cutro (con 213 sì), un provvedimento fortemente voluto dal governo – vista anche la scadenza per il 9 maggio – che attende solo la mattinata di oggi per il voto finale e per la trasformazione in legge. Un decreto che rappresenta un “tassello di un mosaico molto più complesso: quello della gestione dei flussi migratori. Un tema che il governo, finalmente, sta affrontando non più con la logica dell’emergenza, ma con quella della programmazione”. Queste le parole con cui l’Onorevole Responsabile Immigrazione di Forza Italia Alessandro Battilocchio ha commentato l’approvazione del Decreto Cutro ieri, in Aula.
Il Dl Cutro, un altro passo avanti per il Governo?
“È un cambio di passo, sul tema dei migranti. Perché si inserisce in un più grande percorso che il governo ha avviato, anche grazie alle pressioni in Europa del presidente Giorgia Meloni e del ministro degli esteri Antonio Tajani, che hanno portato la tematica della gestione dei flussi a essere una questione non solo italiana, ma anche al centro dell’agenda dell’Unione Europea. Infatti, gli ordini del giorno degli ultimi Consigli europei e le decisioni prese in tal senso, confermano un’attenzione molto più concreta e tangibile da parte delle istituzioni comunitarie.
L’Europa deve cominciare a rispondere?
“Diventa indispensabile una condivisione comunitaria di responsabilità, di solidarietà e di oneri, anche rivedendo le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: che ha ricordato l’esistenza di regole preistoriche che hanno scaricato per troppi anni la responsabilità sui paesi di confine. Ma sulla questione, dobbiamo parlare di confini europei e non dei confini dei singoli stati. Negli ultimi mesi grazie al lavoro del governo c’è stato un cambio di passo, ma dobbiamo continuare a pretendere collaborazione. Vanno portate avanti delle politiche strutturali su un tema che non va trattato con la logica dell’emergenza, ma con un’impostazione di programmazione”.
Si può quindi attuare il cosiddetto “Piano Marshall” per l’Africa?
“Sì, è un aspetto basilare. Parliamo di un continente che nel 2050 avrà una popolazione di tre miliardi di persone. Quindi deve cambiare il nostro approccio verso l’Africa, ma si tratta di un piano che va promosso sotto l’egida della Commissione Europea. Un piano che possa costituire la base dello sviluppo dell’Africa: quindi un rapporto forte con i Paesi di origine e con tutto il continente africano per poter aprire una stagione diversa di sviluppo. Il piano Marshall deve servire per evitare che l’Europa, partner naturale dell’Africa, venga scalzata da un punto di vista geopolitico da altri players internazionali che proprio all’Africa stanno dedicando molta attenzione. Il piano è un elemento indispensabile: significa instaurare rapporti con i Paesi di origine, rapporti forti con i Paesi di transito e intese bilaterali, strada che Meloni e Tajani stanno già battendo. Una strategia con cui già il governo Berlusconi aveva segnato la strada e un piano, oggi, su cui Forza Italia sta insistendo da molto tempo”.
Qual è quindi l’importanza del Dl Cutro?
“L’importanza del provvedimento può essere riassunta nel fatto che finalmente si parla di programmazione e non di emergenza. Una revisione di tutto il meccanismo dei flussi, sulla base delle richieste delle imprese, con una serie di regole nuove che programmano i flussi di migrazione legale. Con il provvedimento viene semplificato anche tutto il rapporto di lavoro, vengono accelerate le procedure di ingresso, si prevedono ingressi fuori quota, ma anche interventi sulla durata di permessi che diventa triennale. Una revisione della migrazione legale come non accadeva da tempo. Ma non solo, c’è tutta un’altra parte dedicata ai centri di accoglienza, con norme per garantirne un buon funzionamento”.
Ha fatto discutere anche la decisione sull’abolizione della protezione speciale. Cosa vuole portare avanti il governo?
“E la parte più controversa. Il sistema italiano di protezione si basa su due tipologie: l’asilo politico (per motivi di persecuzione) e la protezione sussidiaria (per i migranti provenienti dai Paesi in guerra). È stata poi introdotta con una legge italiana, una terza via, complementare e cioè la protezione speciale. I numeri del 2022 ci dicono che sono stati registrati 10.506 casi di protezione speciale, 7.494 casi di rifugiati e 7.039 relativi invece alla protezione sussidiaria. Siamo in presenza di un meccanismo – quello della protezione speciale – di alterazione del sistema, che ha creato una serie di problemi. Il governo è intervenuto quindi su questo e ha promosso una razionalizzazione dello strumento, attraverso una ‘tipizzazione’ delle fattispecie previste, visti i numeri che si sono allargati a dismisura. Su questo va ribadito che il ministro Piantedesi ha confermato che è previsto un sistema transitorio che consente l’applicazione della disciplina vigente sia per le domande di chi ha gi lo status e per chi ha le domande già presentate prima dell’approvazione del decreto. È una razionalizzazione di uno strumento che era uscito dai binari, che da eccezionale si era allargato”.

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