Economia

“È l’Europa delle false promesse Bene il governo Meloni sul Mes”

di Edoardo Sirignano -


“La Bce rischia di trascinarci in un vortice pericoloso.” A dirlo Giuseppe Di Taranto, professore emerito di Storia dell’economia all’Università Luiss.
La crisi della Sylicon Valley Bank può contagiare anche il nostro sistema economico?
Nonostante le borse siano altalenanti in questi giorni, possiamo stare abbastanza tranquilli. La crisi è, innanzitutto, partita da banche regionali degli Stati Uniti, non dall’intero sistema. Si tratta di istituti locali, pure se la Sylicon finanziava start-up.
Il tracollo di Credit Suisse, quindi, non è un segnale?
La Svizzera non fa parte dell’Ue. L’Europa ha un sistema bancario molto protetto, anche grazie a Basilea 3, uno strumento che nei fatti ci fa ancora da scudo. Possiamo stare più sereni rispetto agli Usa, perché dopo la crisi del 2008 ci siamo attrezzati meglio di loro.
La Bce, intanto, innalza i tassi di interesse di mezzo punto. Una scelta sensata?
Assolutamente no! In Europa non siamo di fronte a un’inflazione, ma a un’agflazione, ovvero a un innalzamento dei prezzi dovuto all’aumento dei costi sia delle derrate agricole che dei prodotti energetici. Negli Stati Uniti, invece, c’è un’inflazione da domanda, ovvero si deve deflettere il sistema perché in forte espansione. Basti pensare che lì la disoccupazione è sotto il 3 per cento. È giusto, quindi, che la Fed aumenti il tasso di riferimento. Nel vecchio continente è completamente sbagliato fare lo stesso.
L’aumento dei tassi insieme alla crisi bancaria può generare un mix fatale?
Certamente! Con l’aumento dei tassi, significa che tutto costerà ancora di più. Gli imprenditori che vogliono investire non lo faranno più. Si accenderanno meno mutui e così via. Le previsioni di molti esperti dicevano che probabilmente la Bce avrebbe aumentato solo dello 0,2. Sarebbe stata la strada migliore per non innescare un’ulteriore crisi.
A cosa fa riferimento?
In questo momento meglio credere nelle aspettative che nelle previsioni vere e proprie. Queste ultime servono a ridurre le incertezze future. Lo scenario macroeconomico globale, però, muta di giorno in giorno. Lo scoppio di questa crisi dimostra come nei fatti sia imprevedibile l’avvenire.
Possiamo guardare con ottimismo ai prossimi mesi?
Le cose stanno migliorando anche a livello economico, in particolare nel nostro Paese. C’è un tetto sia al prezzo del gas che del petrolio. Le importazioni dalla Russia sono molto diminuite. Siamo stati capaci in qualche maniera di rendere vario il panorama delle importazioni, grazie alle relazioni con Azerbaigian, Algeria e via dicendo. Si è bloccata, poi, la speculazione di Amsterdam, sul prezzo degli idrocarburi, anche per merito nostro.
Rispetto a tutti questi problemi, come si sta comportando l’esecutivo Meloni?
Fino a ora molto bene. Meloni, qualche giorno, fa ha detto che non usufruiremo mai del Mes. È una linea più che giusta o meglio di prudenza. Già col Mes sanitario, prestiti per la sanità, nessun Paese ha fatto ricorso allo strumento. Ci sarà un motivo? Questa volta, inoltre, siamo di fronte a un meccanismo europeo di stabilità diverso. Riguarda Paesi che vanno in crisi. Il nuovo Mes, di cui bisogna approvare la riforma che cominciò nel 2019, prevede delle condizionalità che sono davvero gravi e pesanti. Lo dico da tecnico e non da politico.
Adottandolo, dove si arriverebbe?
Possiamo metterci in guai seri. Non dimentichiamo quanto accaduto alla Grecia. Il suo statuto, ad esempio, prevede che tutto il personale del Mes, veicolo finanziario e non regola dell’Ue, sia esente da qualsiasi giurisdizione civile, penale e amministrativa. Si renda conto, quindi, dove andiamo a finire? Perfino l’archivio del Mes è inviolabile. Davanti a questioni, di cui i media parlano poco, ci vuole prudenza.
È critico, quindi, nei confronti, dell’Europa…
Lo sono sempre stato. Le promesse si sono rivelate false premesse. Devo, però, anche riconoscere che, negli ultimi tempi, per fortuna, si prova a cambiare registro. Adesso finalmente stiamo passando dall’austerità alla solidarietà. L’emissione degli Eurobond ne è la prova. Se il patto di stabilità, che dovrà essere approvato entro quest’anno, al contrario, si baserà sulle vecchie e rigide regole, faremo un passo indietro.

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