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Elkann mani di forbice: raffica di tagli dalle fabbriche ai giornali

di Giovanni Vasso -

Carlos Tavares A.D. Stellantis e John Elkann presidente Stellantis anteprima stampa della mostra multimediale “Drive Different.Dall’Austerity alla mobilità del futuro” presso museo Mauto di Torino, 23 novembre 2023. ANSA/ALESSANDRO DI MARCO


Elkann mani di forbice. Dopo aver salutato 1.500 lavoratori, Stellantis punta ad allontanare altri mille esuberi. Per i sindacati, cioè per la Fiom che ha fatto saltare l’ultimo tavolo e ha chiamato in causa il governo, il gruppo è “sempre più lontano dall’Italia”, nonostante le rassicurazioni che, nei giorni scorsi, Stellantis s’è premurata di affidare alla nota firmata da un suo portavoce. Eppure non è solo nell’automotive che la famiglia Elkann-Agnelli sembra aver deciso di tirare i remi in barca, almeno in Italia. In questi giorni è stata ufficializzata, infatti, la cessione del quotidiano ligure per eccellenza, il Secolo XIX, alla famiglia degli armatori Aponte. Un affare come un altro? Forse, ma di fatto si sta registrando lo “svuotamento” di Gedi che, da quando è passato di proprietà, ha cominciato a cedere, a vendere, a “liberarsi” in un certo senso di un numero di testate, soprattutto locali, che costituivano, in un certo senso, il core business dell’ex Gruppo Espresso. Un nome, questo, che è diventato tabù dal momento che proprio il settimanale che diede il nome al gruppo editoriale è stato ceduto, poco meno di un anno fa, all’attuale patron della Salernitana ed ex proprietario di Unipegaso, Danilo Iervolino, che, a sua volta, ha deciso di vendere le sue azioni all’ex socio di minoranza Umberto Donato Ammaturo.

L’ultima notizia, in ordine di tempo, riguarda le fabbriche Stellantis, in particolare quelle di Melfi in Basilicata e di Pomigliano d’Arco nel Napoletano. Dopo la prima tranche di oltre 1.500 “uscite volontarie” (che hanno interessato tutte le società e gli impianti produttivi riferibili al gruppo), sul tavolo del sindacati è arrivata la proposta che riguarda una nuova ondata di esuberi. Per la precisione, questa volta, sarebbero 1.087. La metà dei quali sarebbero da individuare negli operai di Melfi (500 esuberi). A questi, poi, andrebbero aggiunti altri 424 licenziamenti da Pomigliano d’Arco. Mazzata in arrivo anche per i dipendenti in servizio a Termoli: 121 dovranno lasciare l’azienda. In tutto, stando ai conti della Fiom, Stellantis allontanerà poco meno di 3.600 dipendenti su una pianta organica che ne conta, complessivamente, circa 12mila. Le proporzioni sono davvero imponenti, davvero, per il management del gruppo presieduto da John Elkann, c’è da parlare di mani di forbice.

La Fiom non ci sta e chiama in causa il governo a cui chiede di convocare, ad horas, un tavolo di confronto con l’ad Stellantis Carlos Tavares: “Perché – tuona il segretario nazionale Samuele Lodi – è ora che tutti si assumano le proprie responsabilità per salvare l’automotive in Italia”. Secondo l’analisi di Lodi, Palazzo Chigi deve agire ora. O rassegnarsi a non poterlo fare più. “Gli obiettivi dei tavoli automotive convocati al Mimit la prossima settimana risultano così fortemente indeboliti”. Sul tavolo, poi, c’è il tema dei temi: quello degli incentivi, che, stando alla versione del segretario Fiom-Cgil “non possono essere riconosciuti ad un’azienda che non ha nessuna intenzione di investire in Italia: di non garantire adeguati volumi produttivi né gli stabilimenti, di non investire in ricerca e sviluppo e di non tutelare l’occupazione”. Per la Fiom, nonostante le rassicurazioni, è palese il disimpegno di Stellantis dallo scenario italiano: “È sempre più evidente il piano di dismissione industriale di Stellantis dall’Italia, mascherato dall’esigenza di far fronte alla transizione. La situazione si sta dimostrando ancora più grave di quella che già avevamo denunciato e che, tra l’altro, ha portato alla dichiarazione di sciopero unitario il 12 aprile a Torino”.

Ma c’è anche un altro ambito in cui gli Elkann-Agnelli sembrano davvero mani di forbice e non lasciano ritenere che abbiano ancora una grande volontàdi investire, almeno in Italia. È l’editoria. Con Gedi che ha ufficializzato, tra le proteste dei giornalisti, la cessione del Secolo XIX ad Aponte. E’ solo l’ultima di una serie di testate che sono passate di mano, dai quotidiani del Nord-Est fino al settimanale L’Espresso che, ormai da tempo, è fuori dalla galassia Gedi. Tuttavia, mentre si affastellano voci e sussurri sul destino di Repubblica e La Stampa, gli Elkann si tengono la quota maggioritaria (43,4%) del settimanale britannico The Economist.


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