Il Mimit ritiene centrali rigassificatore e dissalatore, gli amministratori locali tentennano
Il ministro delleconomia Adolfo Urso durante lincontro con il segretario UILM Rocco Palombella, il segretario FIM CISL Ferdinando Uliano, il segretario FIOM CGIL Michele De Palma. Roma, 7 luglio 2025
ANSA/MASSIMO PERCOSSI
Alla fine, ruota tutto intorno al nodo che lega energia e ambiente, anche il futuro dell’ex Ilva di Taranto. O, se preferite, dell’ex Ilva in generale. Ieri, al Ministero dell’Industria e Made in Italy, s’è tenuta la riunione fiume tra il responsabile del dicastero, Adolfo Urso, e i rappresentanti degli enti locali, dal presidente della Regione Puglia Michele Emiliano fino al neosindaco di Taranto Piero Bitetti. Che subito s’è trovato di fronte alla magna quaestio: che fare dell’Ilva? Il ministro Urso, a proposito, ha mostrato di avere le idee chiare e, pronti via, ha battezzato la riunione ponendo cinque domande ai suoi interlocutori. Una sorta di questionario matrioska, a ogni quesito si collegava il precedente, una specie di viaggio a tappe per illustrare i progetti suoi e del governo su Taranto: “Siete d’accordo su un piano di decarbonizzazione in un arco temporale congruo e sostenibile sul piano tecnologico, economico e occupazionale?”. Superata questa domanda, eccone subito un’altra: “Siete d’accordo a realizzare a Taranto il polo Dri (direct reduced Iron ndr) per alimentare i forni elettrici?”. Senza forni l’acciaio non si può fare. L’alternativa, però, almeno in teoria non sembra entusiasmare sindaci e istituzioni locali: “Il polo Dri ha bisogno di molto gas, siete d’accordo sulla realizzazione della nave rigassificatrice?”. E qui iniziano a spuntare le spine. Taranto non la vorrebbe. Così come non vorrebbe nemmeno la seconda, e necessaria almeno per Urso, condizione per arrivare ad accendere i forni elettrici per l’acciaio green in riva allo Jonio: il dissalatore. “Siete d’accordo sulla realizzazione di un impianto di desalinizzazione? Perché – ha spiegato Urso – oltre che di gas, gli impianti hanno bisogno di acqua, anche alla luce delle recenti decisioni della Regione per l’approvvigionamento idrico”. Una risposta positiva a tutti e cinque i quesiti concentrici del capo del Mimit avrebbe consentito a “procedere alla continuità produttiva nell’ambito dell’Aia, per salvaguardare posti di lavoro e quote di mercato”.
Urso, però, non aspetterà all’infinito. Perché “l’importante è decidere” e pur riconoscendo che “la prima scelta spetta a Taranto”, il ministro non vuole “legare il destino dei siti di Genova, Novi Ligure e Racconigi o il destino del Dri italiano, e con esso la sopravvivenza della siderurgia nazionale, alle non decisioni di altri”. La richiesta è stata netta: “Decidete cosa volete fare”. Un’impostazione che al sindaco di Taranto, che ha accusato: “Mi aspetto da un governo serio un ragionamento serio, che non scarichi a un futuro indeciso centinaia di migliaia di cittadini italiani. È troppo semplice passare la palla così, c’è bisogno di fare un discorso serio sul futuro di un territorio di gente per bene, che ha dato tanto in termini di sacrifici e che merita di essere risarcito”. Il governatore pugliese Michele Emiliano ha ribadito di aver tenuto informata l’opposizione di tutto ciò che è stato detto durante la riunione. Tutti, tranne Calenda che in mattinata aveva chiesto che della vicenda si parlasse altrove evitando che diventasse un duetto tra Urso e lo stesso Emiliano. Alla fine della lunga e complessa giornata, però, il presidente della Regione Puglia non ha nascosto una, seppur parziale, soddisfazione: “Abbiamo definito due scenari fondamentali: un primo consentirebbe di mantenere la strategicità dello stabilimento, continuare a considerarlo come lo stabilimento più importante d’Italia, facendo abbassare i tempi della decarbonizzazione da 12 a 8 anni. Stiamo provando a stringere ancora di più questi tempi ma è abbastanza complicato”. E quindi ha aggiunto: “Poi c’è un secondo scenario che è legato alla questione della nave rigassificatrice: laddove non ci fosse la possibilità di rifornire i forni Dri con sufficiente gas non sarebbe possibile realizzarli e si potrebbero realizzare solo tre forni elettrici. E in questo caso lo scenario prevede la decarbonizzazione totale in sette anni, comunque un tempo considerevole”. Le parti si sono prese ancora un po’ di tempo per riflettere. “Ci siamo aggiornati, chiederemo un rinvio della conferenza dei servizi presso il ministero dell’Ambiente per evitare di essere scavalcati da un’Aia sulla quale la Regione sarebbe comunque contraria”, ha detto Michele Emiliano. Che, sulla riunione per l’ex Ilva, ha concluso: “Dovremmo rivederci martedì prossimo per provare a trovare una definizione complessiva”.