Politica

PRIMA PAGINA – Fatevi… bElly Il Pd alla Spa per lanciare Schlein (forse)

di Domenico Pecile -


Quando una squadra s’inceppa, perde, fa pochi punti, arranca, spesso scatta la contromossa della società. Che decide per un ritiro terapeutico. Prassi consolidata nel calcio, ma sovente anche in politica, soprattutto nel centrosinistra, dove i ritiri monastici per l’autoanalisi sono una consuetudine. E ieri, infatti, è scattata nuovamente quando con una lettera inviata dalla capogruppo del Pd, Chiara Braga, ai deputati dem, li ha informati che “di concerto con l’ufficio di presidenza del Gruppo ho deciso di dare seguito al progetto di due giornate di approfondimento sull’agenda politica dei prossimi mesi e in vista delle elezioni europee.

L’idea è quella della forma seminariale con ospiti e specialisti esterni e momenti di confronto”. L’appuntamento, rigorosamente “a porte chiuse” come si conviene per ogni buen ritiro, è per i prossimi 18 e 19 gennaio, nel prestigioso park hotel Cinque stelle ai Cappuccini di Gubbio. Braga promette che a breve invierà una bozza di programma. Al centro dei lavori ci sarà anche il tormentone della segretaria Elly Schlein: candidarsi alle Europee, accettando la sfida a distanza con il premier Giorgia Meloni, o lasciare spazio alle altre donne in lizza? Già, corre, non corre, corre, non corre… sfogliare la Margherita alla ricerca del verdetto non sarà semplice, ma di certo è una precondizione per fare un po’ di chiarezza dentro il partito.

Schlein ha incassato il disco verde a correre del presidente e leader dell’opposizione Stefano Bonaccini e intanto continua a dire che la sua decisione non è dirimente e che anzi è “l’ultima questione”. Vero è invece che dalla sua scelta – che al punto in cui siamo arrivati non potrà essere prorogata a lungo e che verosimilmente troverà una risposta proprio durante il ritiro-relax di Gubbio – dipendono anche le altre candidature, soprattutto le teste di lista. I nomi eccellenti, dopo il “no grazie” di Lucia Annunziata e Roberto Saviano, sono quelli di Dario Nardella e Antonio Decaro.

Ma a non volerla vedere come capolista sono soprattutto le potenziali candidate che si vedrebbero togliere terreno fertile sotto i piedi a causa del meccanismo dell’obbligo di alternanza di genere nelle preferenze. Intanto, a spingerla decisamente ad accettare di correre è l’ex ministro del Lavoro, Andrea Orlando, “Non sarebbe uno scandalo – dice – ma quel che conta davvero è definire il progetto di Europa che abbiamo in mente. La cosa peggiore che si può fare è usare le europee come un sondaggio sulla politica nazionale”. Una excusatio non petita, quella di Orlando, che fa balenare il timore del Pd circa l’esito elettorale europeo. Nessuno lo dice apertamente, ma l’asticella dem per poter dire di avere ottenuto un buon risultato è necessariamente più alta di quel 19% circa di voti attribuiti negli ultimi sondaggi. E va anche oltre la fatidica soglia del 20%, l’obiettivo minimo secondo l’ex segretario nazionale Zingaretti.

Insomma, sotto il 20 e arrivare dopo il M5S per il Pd e, in primis, per la sua segretaria sarebbe una debacle. E scendere al di sotto del 18,8% ottenuto alle politiche 2018 del pd renziano sarebbe un disastro. Al di là del “corro, non corro”, Schlein sa che con le europee si giocherà tutto. Un tonfo significherebbe mettere a dura prova la sopravvivenza stessa del Pd. Ma non è soltanto questa l’ipotesi-incubo che scuote la segretaria dem. L’altra riguarda le sorti degli equilibri interni. Se Schlein – alle prese con una difficile partita a scacchi – infatti dovesse invece ottenere un buon risultato europeo, questo si tradurrebbe inevitabilmente nella sua vittoria personale e nella consacrazione della svolta a sinistra del partito da lei rincorsa. In questo caso la parte moderata del partito, quella che fa riferimento soprattutto al mondo cattolico, che chiede di rivisitare le politiche riguardanti i diritti e le politiche sulle guerre, potrebbe uscire dal partito.


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