Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha vinto le elezioni presidenziali turche. Sconfiggendo il leader dell’opposizione Kemal Kilicdaroglu nel ballottaggio di domenica scorsa, è entrato ufficialmente nel terzo decennio del suo lungo governo.
Il Sultano ha treionfato al secondo turno elettorale con il 52,14% dei voti. Kilicdaroglu, esponente di sei partiti di opposizione, è riuscito a conquistare il 47,86%.
“Ora è il momento di mettere da parte tutti i dibattiti e i conflitti riguardanti il periodo elettorale e unirsi attorno ai nostri obiettivi e sogni nazionali” ha affermato il Presidente davanti a migliaia di sostenitori fuori dal complesso presidenziale di Ankara.
“Non siamo gli unici vincitori, il vincitore è la Turchia. Il vincitore sono tutte le parti della nostra società, la nostra democrazia ha vinto”. Nel suo discorso esultante, fatto di promesse per il futuro, il Presidente ha sottolineato come priorità del governo d’ora in poi saranno la lotta all’inflazione e la ripresa dal catastrofico terremoto del 6 febbraio che ha causato oltre 50.000 vittime in Turchia e nella vicina Siria.
Lo sconfitto,parlando al quartier generale del suo partito nella capitale, ha affermato che continuerà a combattere fino a quando non ci sarà una “vera democrazia” in Turchia. “Questo è stato il periodo elettorale più ingiusto della nostra storia. Non ci siamo inchinati al clima di paura. In queste elezioni, la volontà del popolo di cambiare un governo autoritario è diventata chiara nonostante tutte le pressioni”ha detto. “Ciò che mi rende veramente triste sono i giorni difficili che aspettano per il nostro Paese” ha concluso Kilicdaroglu.
Moltissimi leader stranieri tra cui quelli di Russia, Qatar, Libia, Algeria, Ungheria, Iran e le autorità palestinesi si sono congratulati con Erdogan.
Sul sito web del Cremlino, Vladimir Putin ha affermato che le elezioni hanno fornito “una chiara prova del sostegno del popolo turco” agli sforzi di Erdogan “per rafforzare la sovranità statale e perseguire una politica estera indipendente”.
Anche il presidente degli Stati Uniti Joe Biden si è congratulato con Erdogan, twittando che non vede l’ora di lavorare insieme “come alleati della NATO” su “questioni bilaterali e sfide globali condivise”.
La Turchia è divisa a metà, ma la parte vincitrice sta quasi celebrando una festività santa. I sostenitori del sultano si sono riuniti nella piazza Taksim di Istanbul, cantando il suo nome e ripetendo “Dio è grande”.
Centinaia di persone si sono radunate fuori dal quartier generale di Istanbul del Partito Giustizia e Sviluppo (AK) dopo che i risultati preliminari hanno mostrato Erdogan in testa. Alcuni sono venuti accompagnati dai bambini mentre altri hanno sventolato bandiere, suonato clacson e acceso razzi e fuochi d’artificio.
Denel Anart, sostenitore di Erdogan, parlando fuori dal quartier generale del partito durante i festeggiamenti, ha dichiarato: “Spero che viva per sempre. Lui è mio padre, nonno, zio. Lui è il mio tutto”. Più che un sultano ormai è una divinità.
Nel primo turno di votazioni del 14 maggio, Erdogan si è assicurato un vantaggio di quasi cinque punti su Kilicdaroglu, ma non ha raggiunto la soglia del 50% necessaria per vincere. La scorsa settimana sono cambiate le carte in tavola, col candidato al terzo posto Sinan Ogan, che ha appoggianto pubblicamente Erdogan, aumentando ulteriormente le possibilità del leader di vincere il secondo e ultimo turno presidenziale.
Sei gruppi di opposizione avevano formato un blocco unificato senza precedenti dietro Kilicdaroglu per cercare di strappare il potere a Erdogan.
La sfida era agguerrita: le elezioni, agli occhi dei moltissimi oppositori, erano l’ultima spiaggia, l’ultima resistenza per la democrazia.
Eppure non c’è stato nulla da fare: malgrado l’accusa di aver svuotato le istituzioni democratiche del Paese durante i suoi 20 anni di governo, aver eroso il potere della magistratura e represso il dissenso, Erdogan ha trionfato di nuovo. Il sultano, che ad ottobre celebrerà il grandioso anniversario dei 100 anni dalla fondazione della Repubblica di Turchia, non si trova davanti una situazione politica semplice: la nazione è spaccata in due, l’economia è in crisi e la risposta caotica e inadempiente al terremoto di febbraio grava ancora profondamente sulle sue spalle.
Festa per la vittoria di Erdogan ma la Turchia è divisa a metà

Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha vinto le elezioni presidenziali turche. Sconfiggendo il leader dell’opposizione Kemal Kilicdaroglu nel ballottaggio di domenica scorsa, è entrato ufficialmente nel terzo decennio del suo lungo governo.
Il Sultano ha treionfato al secondo turno elettorale con il 52,14% dei voti. Kilicdaroglu, esponente di sei partiti di opposizione, è riuscito a conquistare il 47,86%.
“Ora è il momento di mettere da parte tutti i dibattiti e i conflitti riguardanti il periodo elettorale e unirsi attorno ai nostri obiettivi e sogni nazionali” ha affermato il Presidente davanti a migliaia di sostenitori fuori dal complesso presidenziale di Ankara.
“Non siamo gli unici vincitori, il vincitore è la Turchia. Il vincitore sono tutte le parti della nostra società, la nostra democrazia ha vinto”. Nel suo discorso esultante, fatto di promesse per il futuro, il Presidente ha sottolineato come priorità del governo d’ora in poi saranno la lotta all’inflazione e la ripresa dal catastrofico terremoto del 6 febbraio che ha causato oltre 50.000 vittime in Turchia e nella vicina Siria.
Lo sconfitto,parlando al quartier generale del suo partito nella capitale, ha affermato che continuerà a combattere fino a quando non ci sarà una “vera democrazia” in Turchia. “Questo è stato il periodo elettorale più ingiusto della nostra storia. Non ci siamo inchinati al clima di paura. In queste elezioni, la volontà del popolo di cambiare un governo autoritario è diventata chiara nonostante tutte le pressioni”ha detto. “Ciò che mi rende veramente triste sono i giorni difficili che aspettano per il nostro Paese” ha concluso Kilicdaroglu.
Moltissimi leader stranieri tra cui quelli di Russia, Qatar, Libia, Algeria, Ungheria, Iran e le autorità palestinesi si sono congratulati con Erdogan.
Sul sito web del Cremlino, Vladimir Putin ha affermato che le elezioni hanno fornito “una chiara prova del sostegno del popolo turco” agli sforzi di Erdogan “per rafforzare la sovranità statale e perseguire una politica estera indipendente”.
Anche il presidente degli Stati Uniti Joe Biden si è congratulato con Erdogan, twittando che non vede l’ora di lavorare insieme “come alleati della NATO” su “questioni bilaterali e sfide globali condivise”.
La Turchia è divisa a metà, ma la parte vincitrice sta quasi celebrando una festività santa. I sostenitori del sultano si sono riuniti nella piazza Taksim di Istanbul, cantando il suo nome e ripetendo “Dio è grande”.
Centinaia di persone si sono radunate fuori dal quartier generale di Istanbul del Partito Giustizia e Sviluppo (AK) dopo che i risultati preliminari hanno mostrato Erdogan in testa. Alcuni sono venuti accompagnati dai bambini mentre altri hanno sventolato bandiere, suonato clacson e acceso razzi e fuochi d’artificio.
Denel Anart, sostenitore di Erdogan, parlando fuori dal quartier generale del partito durante i festeggiamenti, ha dichiarato: “Spero che viva per sempre. Lui è mio padre, nonno, zio. Lui è il mio tutto”. Più che un sultano ormai è una divinità.
Nel primo turno di votazioni del 14 maggio, Erdogan si è assicurato un vantaggio di quasi cinque punti su Kilicdaroglu, ma non ha raggiunto la soglia del 50% necessaria per vincere. La scorsa settimana sono cambiate le carte in tavola, col candidato al terzo posto Sinan Ogan, che ha appoggianto pubblicamente Erdogan, aumentando ulteriormente le possibilità del leader di vincere il secondo e ultimo turno presidenziale.
Sei gruppi di opposizione avevano formato un blocco unificato senza precedenti dietro Kilicdaroglu per cercare di strappare il potere a Erdogan.
La sfida era agguerrita: le elezioni, agli occhi dei moltissimi oppositori, erano l’ultima spiaggia, l’ultima resistenza per la democrazia.
Eppure non c’è stato nulla da fare: malgrado l’accusa di aver svuotato le istituzioni democratiche del Paese durante i suoi 20 anni di governo, aver eroso il potere della magistratura e represso il dissenso, Erdogan ha trionfato di nuovo. Il sultano, che ad ottobre celebrerà il grandioso anniversario dei 100 anni dalla fondazione della Repubblica di Turchia, non si trova davanti una situazione politica semplice: la nazione è spaccata in due, l’economia è in crisi e la risposta caotica e inadempiente al terremoto di febbraio grava ancora profondamente sulle sue spalle.