Politica

Flop Moratti-Terzo polo fermi al 10% Majorino sotto le attese, 5S crollano

di Domenico Pecile -

PIERFRANCESCO MAJORINO POLITICO SULLO SCHERMO LETIZIA MORATTI POLITICO ©imagoeconomica


Una delle chiavi di lettura del tonfo elettorale del centro sinistra può essere riassunta nelle dichiarazioni di Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna e candidato alla segreteria nazionale dei Dem. Che ha parlato di una “sconfitta netta che fa seguito alla sconfitta alle elezioni politiche dello scorso mese di settembre”. Poi, un minimo di analisi prospettica. “E’ per questo che dico che adesso serve un altro Partito democratico, un cambio di passo e un nuovo gruppo dirigente che rilanci e rigeneri un Pd che deve tornare centrale nelle politiche del Paese”. Infine la chiosa che è una sorta di ultimatum agli alleati: “E’ evidente che senza il Pd non può esserci alternativa alla destra. Ci riflettano per evitare di rimanere isolati in una competizione che dovremmo provare a costruire nella piena autonomia attornio a temi che possano unirci”. Il resto lo ha aggiunto il candidato Pierfrancesco Majorino che ha fatto notare come – unico caso in Europa, ha rimarcato – il Pd ha affrontato il più importante appuntamento elettorale delle regionali (al voto è andato oltre un sesto degli italiani) nel bel mezzo di un congresso che non si è mai occupato del voto in Lombardia e in Lazio. Dunque, Majorino ha corso orfano della leadership nazionale.
Eppure, il Pd è il partito che esce meglio da queste elezioni rispetto alla cocente sconfitta degli alleati. Il centro sinistra anche in questa competizione non ha saputo affrontare il nodo secondo cui per ognuno dei tre partiti il problema è quello di prendere un voto in più degli alleati e non uno in più rispetto al centro destra. La catastrofe politica del centro sinistra è ascrivibile soprattutto al problema delle alleanze a geometria variabile per cui ci si allea senza una strategia comune, ma a seconda di simpatie, ricatti e convenienze. E così, in Lombardia (come nel Lazio), un centro sinistra double face è arrivato all’appuntamento elettorale in uno stato di arrendevolezza, abdicando – nonostante governi le principali città: Milano, Brescia e Bergamo – a un centro destra che dai tempi di Formigoni è padrone assoluto della regione.
Insomma, anche in previsione delle prossime europee le prospettive sono tutt’altro che rosee. Al di là delle mani tese di Bonaccini, dai partner del Terzo polo e dai 5S non è arrivata alcuna parola di apertura. Calenda ha commentato che il centro e la sinistra non sono mai stati in partita. Ha ringraziato la Moratti (che non siederà in Consiglio regionale perché si era presentata solo come candidata presidente e non anche come consigliera regionale) e poi ha giustificato la débâcle elettorale asserendo che “per quanto riguarda la nostra lista i risultati sono stati particolarmente penalizzati dal meccanismo bipolare delle elezioni regionali e dalla minor presenza del voto di opinione”. Poi la dichiarazione riassuntiva: “La costruzione di un partito unico del centro riformista, liberale e popolare diventa ancora più urgente”. Proclami, per adesso. Anche perché il Terzo Polo vaticinava un risultato elettorale tra ilo 15 e il 18 per cento, mentre, tolti i voti della Lista Moratti a tarda sera dove accontentarsi di un misero 4 per cento o giù di lì.
Eppure, erano stati Calenda e Renzi, dopo il successo alle politiche, a sostenere che la Lombardia e soprattutto Milano erano diventati il laboratorio politico del Terzo Polo. Tanto che lo stesso Calenda, parlando della Moratti quando ancora non era candidata ma vice di Attilio Fontana, le fece un indimenticabile endorsement.“Se fiossi lombardo la voterei”, ebbe a dire.
Devastante anche il crollo del Movimento 5 Stelle. E incredulo, verrebbe da dire, anche il comportamento di Conte che ieri, mentre partiva la maratona elettorale dei media, si è lasciato andare a commenti sul caso Berlusconi-Putin, sulla guerra in Ucraina, sul governo diviso, sulla Meloni che dovrebbe dire qualcosa al Cavaliere. Di certo, stava rosicando sul mancato sorpasso nei confronti del Pd, non avendo previsto che la scelta di Majorino avrebbe attratto quei voti che la sinistra del Pd avrebbe dirottato verso i 5S. E c’è un atro dato che il centro sinistra dovrebbe analizzare a fondo. E cioè che forse per la prima volta il drammatico esito dell’astensionismo lo ha colpito di più degli avversari. Secondo gli analisti la ragione è facilmente spiegabile. La disaffezione – spiegano i politologi – si concentra maggiormente tra gli elettori dei partiti che vengono ritenuti perdenti in partenza. Un esito scontato del voto – come lo era appunto in Lombardia – tende ad aumentare il tasso di disaffezione alle urne.
No, per il centro sinistra non sarà sicuramente facile uscire dal vicolo cieco in cui si è cacciato. I risentimenti, le divisioni, un Pd ancora a caccia di un futuro da inventare e di un leader che coaguli le tante anime, il Terzo polo guidato da due supponenti che non accettano critiche e pretendono di fare lezioni ai partner, la mancanza di progetti condivisi sono soltanto alcune falle che dovranno essere riparate. Ma in tempi brevi. Per il suo bene, ma anche del Paese che ha bisogno di un’opposizione vera, concreta.

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