Economia

Giorgetti, l’Ue e il Def: “Qua nessuno è fesso”

di Giovanni Vasso -

Il ministro dell Economia, Giancarlo Giorgetti, durante l audizione in Commissione Bilancio alla Camera, Roma, 3 aprile 2024. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI


Sul Def incombe la spada di Damocle della procedura d’infrazione da parte dell’Ue ma Giorgetti non ci sta a passare per ingenuo: “Qua nessuno è fesso”. Il ministro all’Economia, che dopo una lunga trattativa ha dato il benestare al nuovo Patto di stabilità (e con pochissima crescita come da inveterato costume Ue), ha spiegato che “la procedura era già scontata l’anno scorso: non siamo mica così fessi da aver fatto un negoziato senza sapere quali fossero terreno e scenario in cui andavamo a inserirci”. Il titolare del Mef, del resto, sa bene che incombono le elezioni e che l’ipotesi, a questo punto una certezza, delle “attenzioni” Ue rappresenterà un tema di scontro tra i contendenti. Ma lui non si deprime e, anzi, annuncia sorprese. “Noi faremo le cose in base alle istruzioni ricevute, in un contesto in cui le regole non sono ancora declinate, non sono ancora precisate e quindi non si possono applicare ma questo era facilmente prevedibile data la complessità delle medesime e la situazione. Dopodiché ci saranno comunque numeri interessanti”, ha spiegato ai parlamentari delle Commissioni riunite di Camera e Bilancio. Ha glissato sul debito “Un po’ di suspence”, ma Giorgetti ha sciorinato le cifre riguardanti le garanzie pubbliche: “Al 31 dicembre 2023, l’esposizione dello Stato si è attestata intorno ai 300 miliardi di euro, pari a circa il 14,4 per cento del pil, in calo rispetto al 15,9 per cento del 2022 e ai picchi raggiunti durante il Covid – che, ricordo, hanno toccato il 16,1 per cento del pil – ma ancora lontana dal 4,9 per cento del 2019”. A questo proposito, il ministro ha ribadito che, secondo lui, “appare oramai necessario sostituire alcuni istituti ampiamente utilizzati, quali i crediti di imposta, con tipologie di intervento effettivamente controllabili, come ad esempio contributi”.

Quindi il ministro Giorgetti ha riferito che il nuovo Def, che sarà “asciutto” rispetto a quelli precedenti, sarà improntato ai “principi costituzionali dell’equilibrio tra le entrate e le spese del bilancio, o della sostenibilità del debito pubblico” che devono continuare “ad essere ancora attuali nel nuovo quadro di governance economica europea”. Tuttavia, però, l’inquilino di via XX settembre sottolinea come “i vincoli della nuova governance europea” richiedano “un cambio di prospettiva che, dalla fase emergenziale, ci riporti progressivamente verso un percorso ordinario”. Perciò, ha spiegato Giorgetti: “E’ opportuno intervenire per rafforzare ulteriormente, a livello normativo, i processi di governance e gli strumenti di monitoraggio, per assicurare flussi di rendicontazione periodica da parte dei gestori e, in una logica programmatoria e prospettica di medio e lungo termine, per efficientare al massimo l’utilizzo delle risorse già stanziate a copertura”.

Tornando a bomba, cioè a quella che rischia di esplodere con il nuovo Patto di stabilità, Giorgetti ha sottolineato l’importanza della flessibilità. “O abbiamo la capacità chirurgica di fare previsioni di spesa ex ante millimetriche, su ogni singolo intervento oppure, siccome non ci riusciamo, dobbiamo occuparci di come riuscire a creare efficienza gestionale che garantisca il rispetto del voto in Parlamento, che si esprime sui programmi”, ha detto il ministro. Che ha invocato il parlamento: “Io ho proposto ad esempio di accrescere gli elementi informativi al Parlamento, che consentirebbe un maggiore controllo del Mef e potrebbe evitare la nascita dei residui. Se una spesa va a residuo, fanno festa i rigoristi, ma non ha molto senso. Il Parlamento deve fare una riflessione”. Ma lo scenario, in Europa, è ideologico: “Se è il Parlamento italiano a proporre questa flessibilità, purtroppo c’è un pregiudizio. Noi lo facciamo perchè è un principio di realtà, altri sono legati a criteri numerici molto rigidi. Devo dire che negli ultimi 10-15 anni, la realtà ha preso il sopravvento rispetto alla teoria”.  

Il Def, dunque, non impensierisce più di tanto Giorgetti. Che è consapevole di dover combattere un’altra battaglia in Europa. Ma al suo fianco, stavolta, si troverà un’alleata (quasi) inaspettata: la Francia che pure finirà, ormai è certo, nelle ganasce degli strumenti del Patto.


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