Editoriale

GIORGIA, IL GAS E LE DUE LIBIE

di Tommaso Cerno -

Tommaso Cerno


Il premier Meloni va in Libia. Nello scenario internazionale che ci sta lasciando senza gas e senza petrolio sembra un passo utile. Solo che di Libia ce ne sono due. E l’Italia, per ragioni diplomatiche, così come l’Europa, per ragioni diplomatiche, così come il mondo, per ragioni diplomatiche, fa finta che ce ne sia una sola. Peccato che quella sola, Tripoli, dove noi abbiamo ambasciate e rapporti, non abbia un litro di petrolio e un metro cubo di gas. Perché prima di attingere alle risorse del Mediterraneo, il futuro forse vero dell’Europa, forse anche del pianeta, dovremmo rimettere a posto i cocci, i frantumi, i detriti che abbiamo lasciato negli ultimi vent’anni. Quando l’Occidente ha immaginato un mondo che andava nella direzione che voleva lui, ha deposto dittatori, ne ha premiati altri, ha scelto sulla base della democrazia chi poteva stare nei governi e chi no, dimenticandosi che tutto questo non aveva un ordine, e soprattutto che il mondo che noi progettavamo non era del tutto d’accordo con noi. E dimenticando che sarebbe arrivato il giorno in cui tutte queste scelte sul momento giuste, ma nel tempo sbagliate, si sarebbero rivoltate contro di noi. E oggi è uno di quei giorni.

Perché le aspettative che il governo ha da questa missione sono giustamente alte. Possiamo dire fino a che vogliamo che Putin è un dittatore. E lo sappiamo tutti che è così. Ma dobbiamo anche dirci che queste nuove prospettive contengono rischi altrettanto altri e potrebbero rivelarsi sbagliate. E che, questo è il caso della Libia, promettono su pezzi di carta accordi con l’Occidente che forse, è evidente a chi conosce quei territori, non sono in grado di mantenere. Ma non sarebbe il caso che l’Europa, così come invia armi all’Ucraina, così come detta regole a tutti i suoi Paesi, così come pretende i tassi bancari che salgono secondo la propria idea di futuro, salvo poi finire nelle nostre bollette e nei nostri conti in banca, si presentasse unita a queste sfide? Non sarebbe il caso che l’Europa cominciasse ad essere qualcosa di unitario quando propone un progetto per il futuro, lasciando invece ai singoli Paesi la gestione di piccole questioni che cambiano di significato a seconda delle zone geografiche in cui si manifestano? Non sarebbe il caso che l’Europa risolvesse il problema delle forniture energetiche, rimanendo unita, anziché favorire le etichettature del vino che proclameranno che il prodotto più famoso delle enogastronomia francese e italiana, per esempio, nuoce gravemente alla salute? Non sarebbe più logico che quella scritta fosse incisa sui carri armati che inviamo al fronte di una guerra che non riesce a finire? Siamo davvero sicuri che quello che stiamo facendo corrisponde al progetto di chi l’Europa l’aveva immaginata? Io non ho risposte a questa questione. Ma un suggerimento sì. Almeno riflettiamoci. Almeno smettiamola di avere addosso la sicumera di chi possiede la verità sul futuro dopo aver sbagliato tutto negli ultimi vent’anni. Perché questo è avvenuto se ci guardiamo alle spalle. La grande questione del Nord Africa, dalle primavera arabe così amate da Barack Obama, fino al disastro delle dittature militari e dei paesi divisi come la Libia che vediamo oggi, sono frutto di una miopia dell’Europa. Hanno sbagliato di analisti. Abbiamo sbagliato noi a crederci. E stiamo continuando su quella strada. Oggi vedremo Giorgia Meloni in Libia, e fa bene ad andarci. Domani sentiremo che abbiamo firmato grandi accordi sul futuro energetico e sul futuro economico dell’Europa. Ci crederemo. Qualcuno li contesterà, qualcuno li applaudirà. Ma non per la ragione reale. Non esiste un’Europa in grado di ridare alla Libia un’uniformità. Di garantire che la democrazia intervenga in quel paese e lo riporti al tavolo dell’Europa come qualcosa che ha un inizio e una fine. No, noi ci illudiamo che il riconoscimento internazionale di un governo, che non corrisponde né al territorio né alla locazione reale delle risorse energetiche che noi chiediamo, sia sufficiente, perché è scritta in qualche scartoffia europea, a dare una soluzione a un problema gigantesco che questi ultimi anni hanno creato per tutti noi. Prima la pandemia, poi la guerra. Io non ci credo più. Molti italiani non ci credono più. Milioni di europei non ci credono più.

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