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GIORGIA NON FA IL PIENO

di Giovanni Vasso -

GIORGIA MELONI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO


 

“Il vantaggio di avere un governo che fa solo quello che ritiene giusto è che non c’è mai problema a spiegare il perché di alcune scelte ai cittadini”. La presidente Meloni è una furia: le polemiche sul costo dei carburanti non le sono proprio andate giù. E per rintuzzare le accuse dedica al caso delle accise e dei prezzi fuori controllo un’intera puntata del suo format social “Il diario di Giorgia”. Parla di una “campagna di comunicazione ben orchestrata” e si chiede dov’erano “stampa, comunicazione e politici” quando il prezzo della benzina, ai tempi del governo Monti e di quello Renzi, era più alto di quello che si paga oggi alla pompa. Al di là della polemica con i mezzi di comunicazione, Giorgia Meloni mette in chiaro (agli alleati?) due cose: la prima, non si toccano le accise; la seconda, c’è una speculazione in atto e va stroncata.
Meloni ha spiegato: “Sapete quanto costa il taglio delle accise? Mediamente un miliardo al mese, dieci miliardi l’anno. Avremmo potuto farlo ma togliendo risorse a cosa? Ecco il conto delle misure che tutte insieme costano tanto. Non avremmo potuto confermare e aumentare il taglio del costo sul lavoro, non avremmo potuto aumentare del 50% l’assegno unico per il primo anno dei nuovi nati e per le famiglie numerose, non avremmo potuto aumentare la dotazione del fondo sanità di due miliardi di euro, non avremmo potuto aumentato la platea delle famiglie che accederanno al sostegno dello Stato per calmierare bollette, niente decontribuzione per i neo assunti, niente fondo carrello per aiutare spesa a famiglie più fragili, non avremmo potuto disporre dei fondi per i crediti imposta per le Pmi”. C’è anche una ragione ideale, o meglio ideologica, che ha spinto Meloni alla decisione: “Perché ho fatto questa scelta? Per una ragione banale. Anzi due. La prima, tagliare le accise sarebbe una misura che aiuterebbe tutti, indipendentemente dalla condizione economica. Non farebbe differenza tra chi ha un’utilitaria e chi un’auto di lusso, anzi aiuterebbe di più quest’ultimo perché di solito queste macchine hanno una cilindrata maggiore”. Di solito, appunto. Ma non sempre, dal momento che, per citare qualche dato di mercato, i brand di lusso hanno puntato forte sull’ibrido e sull’elettrificazione della gamma.
Giorgia Meloni ha poi riferito che il governo aveva fatto dei calcoli precisi: il petrolio era in fase calante e perciò ci si aspettava una discesa dei prezzi alla pompa che avrebbe attutito l’impatto del mancato rinnovo al taglio delle accise. Quindi, dopo aver parlato dell’esistenza di app che indicano ai consumatori il prezzo in tempo reale dei carburanti su tutto il territorio italiano, dopo aver contestato alcune ricostruzioni riportando i dati pubblicati dal ministero dell’Ambiente sui prezzi della benzina a 1,812 euro al litro, dopo aver biasimato il comportamento di chi oggi parla di carburanti fuori controllo e taceva quando i prezzi si impennavano con Draghi e, prima ancora, coi governi Monti e Renzi, la premier ha parlato apertamente di “storture”. Ha affermato di aver chiesto all’Antitrust di verificare i prezzi e ha ribadito di aver domandato alla Gdf di procedere a controlli serratissimi sui costi praticati ai consumatori. Ma di accise da rivedere, Meloni non vuole sentire nemmeno parlare: “Sono convinta delle scelte che abbiamo fatto, che fosse più sensato aiutare chi ha salario basso, le famiglie, chi non può pagare bollette, chi non ha lavoro, chi vuole crescere figli e concentrare qui le risorse e non per consentire a me, che ho uno stipendio di tutto rispetto, di pagare la benzina un po’ di meno. Il governo deve fare le scelte e io lo rivendico”. Tutti avvisati, specialmente gli alleati di Lega e Fi che avrebbero voluto riparlarne.

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