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Giro d’Italia la strada contesa

di Domenico Pecile -

VINCENZO NIBALI CICLISTA URBANO CAIRO JAI HINDLEY VINCITORE GIRO D ITALIA 2022


Esperti e amanti del ciclismo sono convinti. La penultima tappa sarà decisiva per il vincitore del prossimo giro d’Italia. Una cronoscalata mozzafiato che dal ponte sul rio Saisera, sale al monte Lussari: 7,8 chilometri con una pendenza media dell’11,8% , ma con punte anche del 20%. Una tappa fortemente rincorsa e voluta dal patron del Giro, Enzo Cainero, che è riuscito a coinvolgere la Regione Friuli Venezia Giulia che a sua volta aveva coinvolto la Protezione civile. Per salire in cima, infatti, era necessario sistemare una vecchia strada a tratti cementata. Bene, la Regione ha deciso che si trattava di effettuare un intervento di messa in sicurezza della stradina – che è stato realizzata in tempo record (gli operai hanno lavorato anche il sabato) prima della presentazione del Giro e prima di questo inverno – cementandola con materiale compatibile. I fondi necessari, circa 3 milioni e 200 mila euro, sono stati garantiti dalla Regione e dal fondo Vaia destinato a mettere in sicurezza il Triveneto. Lo stesso Cainero aveva commentato la decisione come “una scelta importante, necessaria che porterà alla messa in sicurezza della strada”. Per la Regione, per il Comune di Tarvisio, per gli operatori turistici, per gli organizzatori del Giro si tratta di un risultato esaltante, che garantirà un valore aggiunto al Friuli e alla corsa rosa e nel contempo lascerà in eredità una struttura viaria sicura. Ma non tutti concordano, non tutti hanno brindato. Anzi, le polemiche non si sono ancora spente attorno a quella che è diventata la strada della discordia.
A rinfocolare le polemiche sull’opera, di cui nei giorni scorsi si è occupato Il Fatto quotidiano, è il capogruppo dei 5S in Consiglio regionale, Mauro Capozzella. “Il monte Lussari – sostiene – che ospita il famoso santuario, meta del “cammino celeste”, è di per sé un borgo incantato, una cartolina sia d’inverno, quando è stracolmo di neve, sia d’estate. E quindi non aveva bisogno del circo mediatico del Giro d’Italia. Non riesco davvero a capire l’operazione e per questo la stigmatizzo. È uno stupro ambientale inutile. Da quello che so, ma mi ci vorrà del tempo per accedere agi atti, il totale del costo dovrebbe aggirarsi attorno ai 3 milioni e 125 mila euro, in parte con fondi regionali, in parte statali”. Capozzella ritiene che la scelta sia motivata anche dalla necessità della valle di diventare il più possibile attrattiva. “Tarvisio – spiega – ha perso con Schengen la sua vocazione commerciale che era destinata soprattutto a sloveni e austriaci e ha riconvertito la sua economia in senso turistico. Quindi, portare la tappa sul Lussari assume una valenza di rinascita. Sono consapevole, infatti, che da parte degli abitanti di quei luoghi non ci sono stati feedback negativi”. Impressione, questa, fatta propria cn soddisfazione dal consigliere regionale della Lega Nord, Stefano Mazzolini, ex presidente della Promoturismo Fvg. “Credo che su questa vicenda – replica Mazzolini – vada fatta chiarezza. Qui si è trattato di mettere in sicurezza una strada che in buona parte era cementata con materiali ormai vetusti. Fu costruita durante il fascismo e doveva servire per scopi bellici. Si tratta di un tratto che ogni anno richiedeva una manutenzione straordinaria da parte del Comune di Tarvisio, costretto a spendere annualmente anche 50 mila euro”. Mazzolini respinge al mittente ogni critica: “Non accettiamo che chi vive nei salotti si occupi dei nostri problemi. Malborghetto, Tarvisio e la Valcanale sono più che entusiasti. Fare arrivare lassù il Giro d’Italia significa pubblicizzare in tutto il mondo uno dei simboli del Friuli. Dal Lussari si può ammirare il monte Forno, punto d’incontro dei tre confini: l’italiano, lo sloveno e l’austriaco. Critiche e polemiche sono soltanto chiacchiere”. E tra i nemici di quella strada ci sono gli ambientalisti. Legambiente Fvg Asp, Italia nostra, Wwf, Mountain Wilderness e altre associazioni. “Prima di quest’opera – sostiene presidente regionale, Sandro Cargnelutti – si sarebbe dovuta completare la ciclo via da Moggio udinese a Gemona che attende da anni. Il monte Lussari non ha bisogno di pubblicità, casomai è il Giro che prende lustro. Si è voluto rincorrere soltanto il sensazionalismo. E si è superato il senso del limite. Si, per noi si è trattato di una violenza che va a deturpare una cartolina vivente che non aveva bisogno di alcun circo mediatico, Certo, la vallata è favorevole, perché appoggia tutto quanto può fare da volano all’economia”. Gli ambientalisti chiederanno alla Regione e agli organizzatori del Giro come intendono garantire la sicurezza lungo il percorso e come gestiranno gli aspetti ambientali. “Anche noi – chiosa Cargnelutti – abbiamo delle proposte ferme nel cassetto, ma prima attendiamo risposte. Polemiche anche da parte del Cosmo, Comitati per la salute della montagna, che in un comunicato affermano che chi ha voluto l’opera sono le stesse persone che affossano la Sanità pubblica in Fvg. E sulla vicenda c’è da registrare anche il parere del parroco Peter Lah, rettore del Santuario: “E’ evidente che la strada andava rimessa a posto perché era pericolosa e inutilizzabile, così come andava migliorato l’accesso al santuario dall’arrivo della cabinovia, facilitando in tale modo chi è costretto in carrozzina o chi ha difficoltà motorie”. E dopo aver sottolineato che “oggi ciò che preoccupa è il fatto che la società attuale si lasci motivare troppo, nelle sue azioni, da interessi economici”, don Peter Lah si chiede anche chi potrà salire al monte Lussari visto che in cima ci sono soltanto una decina di parcheggi. “Per questo – conclude – mi auguro che scatti un sistema rigido di autorizzazioni”. E la Chiesa, una decina di anni fa, era stata tra gli oppositori della realizzazione di una pista sciistica sul tracciato del sentiero del pellegrino. Infatti, la pista fu realizzata a lato. Chi invece non ha dubbi sulla bontà dell’opera è Roberto Rosenwirth, unico residente di borgo Lussari, dove vive e lavora. “Sono decenni – aveva riferito a un giornale locale – che chiediamo la sistemazione della strada, per questo riteniamo sterili e inutili tutte le polemiche cui abbiamo assistito. Chi vive e lavora qui capisce l’importanza di avere a disposizione una via di comunicazione sicura da poter utilizzare soprattutto in caso di emergenza. La montagna ha bisogno di sicurezza. Qui siamo tutti d’accordo”.


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