Le dinamiche di Amsterdam, i dati dell'Eurostat: quanto gas russo arriva in Europa
Nessuno s’illuda, per carità; è pur vero che una rondine non fa primavera ma il fatto che il prezzo dei futures del gas, in Europa, siano precipitati a livelli che non si vedevano da marzo 2024 può far ben sperare per il futuro. E magari per la pace. Già, perché la notizia che vede in discesa il prezzo del gas è da comprendere. Bene. Alla luce dei numeri diffusi, ieri, da Eurostat. Secondo cui l’import di gas naturale dalla Russia all’Europa continua a non conoscere crisi e adesso inizia a riprendersi quote di mercato. Pur restando, chiaramente, in subordine rispetto alle forniture garantite dagli Usa.
I futures del gas, le dinamiche del mercato
I futures del gas hanno aperto la giornata di ieri al prezzo di 30,6 euro. Nel corso delle contrattazioni al Ttf di Amsterdam non si sono registrati picchi di rivalutazione. La quotazione è oscillata fino a 30,9 euro. Un costo ragionevolissimo rispetto alle fiammate che abbiamo imparato a conoscere dal 2022 a oggi. Un prezzo che così basso non si vedeva da poco più di un anno, precisamente dal mese di marzo del 2024. Le ragioni del ribasso, stando agli analisti di mercato, sarebbero da rintracciare nell’ottimismo dei mercati rispetto alle negoziazioni per la fine della guerra in Ucraina. Detta meglio: il sogno, o meglio la speranza (che a questo punto sarebbe anche qualcosina in più) è che la situazione tra Europa e Russia inizi a distendersi e che, forse, potrebbe iniziare un percorso a ritroso sulle sanzioni che possa far riprendere, seppur non ai livelli degli anni scorsi, i rapporti commerciali tra Bruxelles e Mosca. Rapporti che, sul fronte del gas, non si sono mai rotti del tutto.
Quanto gas russo arriva in Europa?
Già, perché ieri sono arrivati i dati Eurostat. Che, tra le altre cose, hanno svelato come le importazioni di gas dalla Russia continuino. Il valore degli affari rimane di tutto rispetto. Complessivamente, il volume delle importazioni di Gnl è stato pari, nel primo semestre di quest’anno, a poco meno di 27 miliardi di euro. Per la precisione, si tratta di 26,9 miliardi. Poco meno della metà è finito nei capienti forzieri delle aziende energetiche americane che hanno fornito Gnl all’Europa per 13,7 miliardi di euro. Una quota rilevantissima che fa degli Stati Uniti il primo fornitore all’Ue di gas. Resta, però, una quota importante di import di gas dalla Russia. Che vale, nei primi sei mesi di quest’anno, poco meno di quattro miliardi e mezzo di euro. I conti rivelano che, precisamente, il giro d’affari ammonta a 4,48 miliardi di euro. Una somma che appare trascurabile se comparata a quella “americana”. Ma che, però, risulta in deciso aumento rispetto allo stesso periodo dell’anno passato. Quando, dalla Russia, arrivò gas naturale liquefatto per poco meno di tre miliardi e mezzo, per la precisione 3,47 miliardi. Se la matematica non è un’opinione, l’import di gnl dalla Russia, stando a quanto ha riferito la stessa Commissione Ue, è salito di circa un miliardo di euro.
Non solo gas
Il fatto è che, a differenza di quanto accaduto per carbone e petrolio, non ci sono sanzioni dirette che gravano sulle importazioni di gas dalla Russia. Ciò è dovuto al fatto che ci sono diversi Paesi nell’Unione che continuano a dipendere dalle importazioni per sopperire al proprio fabbisogno energetico. E così la materia prima continua a fluire, dalla Russia fino in Europa, attraverso i gasdotti che ancora funzionano a pieno regime come, su tutti, il Turkstream. Ma, dal punto di vista energetico, le forniture dalla Russia interessano anche le materie prime sottoposte a sanzioni, come per esempio il petrolio. È notizia di ieri, difatti, la doglianza del ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto, che ha deplorato l’attacco ucraino all’oleodotto Druzhba che, di fatto, ha sospeso sine die i rifornimenti di idrocarburi a Budapest e che era stato, proprio per la sua importanza strategica, sottratto alle sanzioni: “Per tre anni e mezzo Bruxelles e Kiev hanno cercato di trascinare l’Ungheria nella guerra in Ucraina – ha tuonato l’esponente del governo guidato dal presidente Viktor Orban -. Questi ripetuti attacchi ucraini ai nostri rifornimenti energetici hanno lo stesso obiettivo. Non è la nostra guerra: non abbiamo nulla a che fare con questa guerra e fino a che siamo in carica l’Ungheria ne sarà fuori”.