Dossier Ai

Google-Apple, l’intesa in nome dell’Ai

di Giovanni Vasso -

epa08381436 Soldier of the Swiss army wearing protective face mask looking at Android and iOS (Google and Apple) smartphone during a test of a smart phone app using Decentralized Privacy-Preserving Proximity Tracing (DP-3T) at the Swiss Federal Institute of Technology (EPFL) during the state of emergency of the coronavirus disease (COVID-19) outbreak, in Lausanne, Switzerland, 24 April 2020. Secure contact tracing could be a powerful tool to fight the spread of COVID-19. A unique, decentralized system developed as part of an international consortium, including EPFL and ETH Zurich, will soon be launched with the support of the Swiss Federal Office of Public Health. DP-3T proposes a secure, decentralized, privacy-preserving proximity tracing system based on the Bluetooth Low Energy standard. Its goal is to simplify and accelerate the process of identifying people who have been in contact with someone infected with the SARS-CoV-2 virus. EPA/LAURENT GILLIERON


Quello tra Google e Apple, in nome dell’intelligenza artificiale, sarebbe il matrimonio dell’anno. Anzi, del secolo. Intanto Wall Street è letteralmente impazzita quando l’agenzia Bloomberg ha sparato la notizia del giorno: i dirigenti di Cupertino e quelli di Mountain View sarebbero impegnati in trattative serrate, anzi “attive” per dotare gli iphone di Apple del motore di intelligenza artificiale Gemini by Google. L’esistenza di un tavolo comune tra due giganti hitech, impegnati entrambi alla conquista del mercato più promettente che ci sia, ovvero quello dell’intelligenza artificiale, ha letteralmente scatenato i lupi di Wall Street. Alphabet, la società che edita il motore di ricerca più cliccato del mondo, ha messo a referto un aumento del valore delle sue azioni pari al 4%. Un rally che non s’è più fermato sfiorando quota +7%. Apple, oltre a godersi un aumento pari al 3,11%,  è riuscita a far passare in sordina la notizia legata alla composizione della causa, su cui è arrivato l’ok al patteggiamento, legata alle dichiarazioni del Ceo Tim Cook riguardo le prospettive di vendita in Cina per gli iphone. Gli investitori, che si erano sentiti fregati dai commenti di Cook, il quale aveva rassicurato circa la tenuta del mercato cinese (a dispetto di quanto stava avvenendo, secondo lo stesso Ceo, in India, Russia, Brasile e Turchia), avevano trascinato Apple in tribunale. E lo avevano fatto asserendo di essere stati indotti in errore, e quindi di aver comprato a caro prezzo le azioni della società, mentre Cupertino sarebbe stata al corrente dei guai economici in Cina, al punto da tagliare, già a gennaio ’19, le previsioni trimestrali di vendita per i cali tanto nel Paese del Dragone quanto negli Stati Uniti. Il documento fece da preludio a un crollo verticale, in Borsa, pari al 10% delle azioni che bruciò circa 74 miliardi di dollari in capitalizzazione. Apple ha raggiunto l’accordo con i querelanti che si erano riuniti nella più classica delle class action: pagherà 490 milioni di dollari.

L’attenzione del pubblico, non solo di quello degli addetti ai lavori, però, s’è rivolta altrove. Bloomberg ha riferito che Apple e Google stanno tentando un’alleanza e che entrambe le società si stanno preparare a lanciare nuovi prodotti software, con nuove funzionalità e possibilità, entro la fine dell’anno. A Cupertino, infatti, si sta lavorando a una nuova versione dell’iOs mentre a Mountain View si punta ad arricchire il motore ai di Gemini con nuove funzioni. Se son rose, fioriranno. Ma una notizia del genere porta, con sé, delle conseguenze importanti. La prima riguarda OpenAi. Apple, infatti, avrebbe aperto un tavolo anche con la creatura di Sam Altman. Cook ha intenzione di giocare su due fronti, mettendo in competizione tra loro i “campioni” dell’Ai, oppure ha deciso di far saltare il (primo) tavolo? Ce n’è poi un’altra, di notizia nella notizia. L’entusiasmo generato dalle notizie di Bloomberg hanno portato Wall Street a un rimbalzo importante che ha sfiorato in apertura i 39mila punti. Ma tra i due nubendi, il terzo già festeggia. Si tratta della “solita” Nvidia che mette a referto un +3% in apertura che poi si è ridimensionato di qualche decimale. Il colosso dei chip continua a crescere di valore e aspetta che, nel caso in cui l’alleanza si faccia, arrivino in sede commesse miliardarie. Allo stato attuale, Nvidia vale più persino di Saudi Aramco. I semiconduttori, evidentemente, “pagano” più e meglio del petrolio.

Ma l’effetto tonificante sui mercati s’è esteso persino a Tesla (+5,6%). Mentre i lupi di Wall Street ululano e sbraitano in attesa di dividendi e di utili, per la politica (americana e non) rischia di aprirsi uno scenario nuovo. Anzi, vecchio, se si tiene in considerazione come funziona (malino, per la verità) la concorrenza nel settore digitale. Da un’eventuale alleanza Google-Apple può venir fuori l’ennesimo ircocervo gigantesco, incubo di ogni autorità anti-trust del mondo, oppure la questione sarà risolta in maniera diversa garantendo spazi anche agli altri (pochi e oligopolistici) operatori del settore?


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