Cronaca

GRAVI INDIZI DI REATO – Il Mostro di Udine: il fantasma che uccide solo di notte

di Francesca Petrosillo -


Il Mostro di Udine: il fantasma che uccide solo di notte

Friuli, fine anni ’70. Le luci si spengono, le strade si svuotano e una presenza silenziosa inizia a colpire. È l’inizio di uno dei casi più inquietanti della cronaca italiana. Il killer agisce sempre nello stesso modo: vittime giovani, donne, spesso prostitute o comunque figure marginali. I corpi vengono trovati tutti seminudi, in posizioni inquietanti, abbandonati nella periferia di Udine. Nessuna traccia concreta. Nessun testimone. Solo il buio.

Tra il 1971 e il 1989, almeno 16 donne vengono uccise in circostanze simili. Le indagini arrancano e gli investigatori non riescono a trovare un filo conduttore solido. L’unica costante è la brutalità. Il killer colpisce con precisione chirurgica, spesso strangola le sue vittime o le sgozza, poi le lascia in luoghi isolati, come se volesse lanciare un messaggio.

La città vive in un clima di paura. Le donne evitano di uscire la sera. I giornali parlano del “Mostro di Udine”, un soprannome che cristallizza l’orrore in un’immagine: un uomo invisibile, forse insospettabile, che sceglie, colpisce e sparisce. La polizia segue decine di piste. Vengono interrogati clienti, camionisti, tossicodipendenti, ex militari. Nulla. Ogni sospetto sfuma.

Nel 1989, con l’ultima vittima conosciuta, le uccisioni sembrano fermarsi. Il silenzio torna, ma non la pace. Il caso resta aperto e con il passare degli anni assume contorni sempre più oscuri. Alcuni ipotizzano l’esistenza di più killer. Altri parlano di un “angelo della morte” interno alle istituzioni. Non mancano teorie su un assassino seriale protetto da una rete di coperture.
Negli anni 2000, una svolta possibile: un ex metronotte, Giuseppe Pilu, viene indagato. Ha un passato inquietante, conosce bene le zone dove sono stati trovati i cadaveri e viene perfino accusato di un altro omicidio. Ma non basta. Le prove sono insufficienti. Il suo nome resta legato al caso, ma il processo si chiude senza condanne. Ancora una volta, il “Mostro di Udine” sfugge.

Le famiglie delle vittime non si arrendono. Alcune madri scrivono lettere, chiedono riaperture, sperano nel DNA, nella tecnologia moderna, in qualche nuovo testimone che possa rompere decenni di silenzio. Ma il fascicolo, di fatto, resta lì: uno dei cold case più lunghi e dolorosi d’Italia.

Oggi, a distanza di oltre quarant’anni, il Mostro di Udine rimane ancora un’ombra. Nessuna certezza, nessuna confessione, nessun volto. Solo un elenco di nomi, date e corpi dimenticati, e la consapevolezza che, in quelle notti friulane, qualcuno abbia potuto uccidere senza essere mai visto, né fermato.


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