Politica

Gualtieri non apre i cantieri ma fa campagna elettorale

di Rita Cavallaro -

ROBERTO GUALTIERI SINDACO DI ROMA


Altro che sindaco fantasma. A Roma il primo cittadino c’è, peccato che parli quando invece dovrebbe stare in silenzio. A dirlo è l’AgCom, l’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni, che ieri ha bacchettato Roma Capitale, infliggendo all’Amministrazione capitolina un provvedimento per la violazione dell’articolo 9 della legge numero 28 del 2000. E ha condannato il sindaco Roberto Gualtieri al “pubblico ludibrio”. Il Garante, infatti, ha imposto al Comune di pubblicare, per 15 giorni, sull’homepage il seguente messaggio: “L’informazione istituzionale, attuata con la pubblicazione sul portale web di Roma Capitale, il 22 settembre 2022, delle notizie intitolate Programma di rigenerazione urbana 15 municipi, 15 progetti per la città in 15 minuti e Regolamento amministrazione condivisa beni comuni, presentata la proposta, non è rispondente a quanto previsto dall’art. 9 della legge 22 febbraio 2000, n. 28 (par condicio)”.
Per farla breve, il Campidoglio ha violato il silenzio elettorale, perché il 22 settembre, con le elezioni politiche del 25 ormai alle porte, ha organizzato, nella Sala delle Bandiere, una conferenza stampa dal titolo “15 minuti, 15 progetti per città dei 15 minuti”, alla quale è intervenuto l’assessore alle Politiche del Personale e al Decentramento, Andrea Catarci. Peccato che lo stesso Catarci fosse candidato per il centrosinistra all’Uninominale della Camera. Non pago, nella stessa data, ha preso parte alla presentazione della proposta di Regolamento dell’amministrazione condivisa dei Beni comuni di Roma Capitale, nella sala della Protomoteca. All’apertura dell’istruttoria dell’AgCom, avvenuta a seguito di una segnalazione di Fratelli d’Italia, il Campidoglio ha risposto mettendo in campo una difesa alquanto bislacca. “Entrambe le conferenze stampa contestate avevano carattere di urgenza per quanto riguarda la comunicazione ai cittadini”, ha scritto in una nota del 10 ottobre il direttore dell’Ufficio Stampa. “Nel primo caso”, si legge nel documento, “alla base della comunicazione vi è stato un lungo e approfondito lavoro fatto con i 15 municipi che avevano redatto ciascuno un progetto finalizzato alla realizzazione della Città in 15 minuti… Si trattava di dare una prima urgente informazione ai cittadini in una fase particolarmente delicata della vita della città, anche in relazione alla ripartenza post emergenza Covid. Analogo carattere d’urgenza”, si precisa, “rivestiva il secondo appuntamento, frutto di un lungo lavoro congiunto fra mondo associativo, Municipi e cittadini al fine di disciplinare la collaborazione per la cura collettiva dei beni comuni”. E infine veniva sottolineato che, in entrambi i casi “la comunicazione data sul sito di Roma Capitale e sui canali social, è stata resa in stretta aderenza alle disposizioni relative alla par condicio, osservando sempre il carattere di impersonalità, in forma anonima e senza, quindi, riportare le frasi pronunciate dai protagonisti degli avvenimenti qui esposti”.
Una difesa sulla base dell’urgenza e dell’essenzialità che non ha per nulla convito il Garante, anche in considerazione del fatto che la legge stabilisce come, “a far data dalla convocazione dei comizi elettorali e fino alla chiusura delle operazioni di voto è fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l’efficace assolvimento delle proprie funzioni e che tale divieto trova applicazione per ciascuna consultazione elettorale”. La prescrizione della legge, infatti, è stata attuata proprio per evitare il rischio che le amministrazioni “possano fornire, attraverso modalità e contenuti informativi non neutrali sulla portata dei quesiti, una rappresentazione suggestiva, a fini elettorali, dell’amministrazione e dei suoi organi titolari”. L’AgCom ha dunque rilevato che quelle conferenze stampa non potevano rappresentare un’eccezione e che violavano comunque il principio della par condicio. “Appaiono in contrasto con il dettato dell’articolo 9 della legge 22 febbraio 2000, n. 28, in quanto prive dei requisiti cui la norma àncora la possibile deroga al divieto sancito. In particolare, non sussiste il requisito dell’indispensabilità né l’indifferibilità delle iniziative ai fini dell’efficace assolvimento delle funzioni proprie dell’ente in quanto le informazioni e le notizie contenute nei predetti comunicati stampa ben avrebbero potuto essere diffuse al di fuori del periodo elettorale, non ricorrendo alcuna esigenza di urgenza o improcrastinabilità”, scrive il Garante. Da qui la condanna alla violazione del silenzio elettorale per il sindaco.


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