In aumento le spese militari ma gli investimenti rischiano di non bastare, ecco perché
La guerra di Guido. Parte da una considerazione. La trincea più insidiosa è sempre quella del fronte interno. Questo lo sa ogni generale e a maggior ragione, se è vero quel che disse a suo tempo il povero Clemenceau, lo riconosce ogni politico degno di questo nome. Guido Crosetto sa, fin troppo bene, che sarà difficilissimo far ingollare agli italiani l’aumento delle spese militari. E che non sarà per nulla facile farlo proprio quando il governo dovrà tentare di far passare una manovra striminzita perché l’Italia rientri dagli sforamenti sul deficit che hanno fatto scattare la tagliola Ue del Patto di stabilità. Senza crescita, va da sé.
La guerra di Guido: un’operazione lose-lose
Politicamente, considerando pure l’illusione della pace perpetua in cui s’è vissuti finora, la guerra di Guido si profila come un’operazione lose-lose. Complicata, per soprammercato, dal fatto che la spinta al riarmo sia arrivata proprio da quella stessa Ue che, per anni, ci ha raccontato di essere stata l’artefice, più delle basi americane e del vicendevole spettro dell’atomica, degli “ottanta anni di pace”.  Guido Crosetto lo sa e sbuffa. Perché non sarà facile, per niente, convincere il Paese della necessità di riarmarsi. E farlo mentre, in Parlamento, voleranno contumelie e accuse belliciste. Il ministro alla Difesa sa, però, che ci sono degli accordi e degli impegni internazionali. Che l’Italia non può disattendere se vuole mantenere il suo ruolo. 
I numeri della Difesa
Le spese per la Difesa devono salire, dunque. Stando all’analisi dell’osservatorio Milex, il totale previsto, nella Legge di bilancio, sfiora i 32,4 miliardi di euro, in crescita netta del 3,52%. Per gli analisti si tratta di un aumento apprezzabile in maniera più evidente se lo si guarda prendendo a riferimento i dati di dieci anni fa. Quando il budget proprio della Difesa non superava i 20 miliardi (e neanche ci si avvicinava a 19,8 scarsi). Dal 2017 a oggi, i finanziamenti sono saliti di 12,5 miliardi, pari a un trend percentuale stimato addirittura nel 63,8%. Non sono questi, però, i numeri “definitivi” per quantificare le spese militari, perché la partita è doppia e ci sono numeri da sottrarre (come, per esempio, gli emolumenti al personale) e altri da aggiungere. Solo per i programmi di armamento, l’Italia punta a spendere 13,1 miliardi di euro. Un record storico, dicono da Milex. Denari che, come s’è sgolato il ministro all’Economia Giancarlo Giorgetti, arriveranno da altre fonti e non dai tagli ai servizi: dai Btp, per esempio o dal programma Safe, in virtù del quale, all’Italia, potrebbero arrivare già 14,9 miliardi dall’Ue. Poco meno di un decimo dell’ammontare dell’intero piano europeo, ammesso e non concesso che effettivamente raggiungerà i 150 miliardi. 
L’asse franco-tedesco
Soldi che comunque, rispetto a quelli investiti dai partner europei, saranno poco più che bruscolini. La Germania di Merz ambisce a spenderne, in armi, almeno 41 (in più) all’anno. La Francia, già ora, spende più di cinquanta miliardi l’anno per le sue forze armate. Crosetto, però, sa bene che questa è una partita che l’Italia deve giocare anche per altre ragioni. Se il governo non investirà, sarà davvero difficile ottenere un ingresso da protagonista delle aziende italiane nella partita del riarmo europeo. Un match che, per carità, è già vinto in partenza dagli americani. Il 24 novembre, il segretario al Commercio Usa Lutnik ha un invito a pranzo a Bruxelles dove, senza dubbio, si parlerà di dazi e, quindi, pure degli acquisti di energia e di armi da parte degli europei. Una quota importante dei suoi acquisti in armamenti, se non altro per motivi strategici, Bruxelles dovrà pur riservarla al Made in Europe. E, su scala continentale, ci si muove solo per joint-venture. L’Italia ha delle eccellenze che vanno tutelate, bisogna evitare che restino fuori dal grande affare a vantaggio dei franco-tedeschi che, su questo fronte, hanno già stretto tutte le intese del caso. 
Una battaglia per la sopravvivenza?
È una battaglia per la sopravvivenza, economica. Che si gioca su più fronti. Anche quello dell’energia: l’esercito italiano, per dirne una, sta sperimentando il biodiesel e pare che la novità funzioni. Una guerra, vera. A cui nessuno era preparato. L’Italia non può sperare di vincerla senza spendere. A prescindere dal fatto che un nemico alle porte ci sia davvero oppure no. Ma resta l’opinione pubblica da convincere, il fronte interno che, frustrato dalle conseguenze della guerra in Ucraina, non ne può davvero più. E, per Crosetto così come per i suoi colleghi in tutta Europa, non sarà facile.