I grandi di 1/2 terra
Due vertici contrapposti, con la guerra sullo sfondo. Quella che si combatte e quella che potrebbe scoppiare. Nel cuore della Cina, a Xi’an dove duemila anni fa partiva la Via della Seta, Pechino fa accordi con i cinque Paesi “Stan” dell’ex Urss – Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan e Turkmenistan. A Hiroshima si tiene il G7 in cui Usa e Giappone vorrebbero far assumere all’Occidente una postura (ancora più) bellicosa nei confronti del Dragone. E’ questa l’immagine plastica di come il mondo è diviso in due. Al G7 in Giappone c’è un pezzo di mondo e non più quello che conta di più – il Pil e il commercio sono più floridi altrove; al vertice Cina-Asia centrale si mettono invece le basi per una nuova rotta commerciale guidata da Pechino. Se nell’Indo-Pacifico la crisi è sempre più vicina e la questione dell’indipendenza di Taiwan dalla Cina potrebbe scatenare un’escalation che sfocerebbe nel terzo conflitto mondiale, il Dragone si assicura stabilità e pace almeno sul fronte occidentale, lungo quella nuova Via della Seta che punta all’Europa e a maggiori scambi commerciali.
A dar retta alla ricostruzione – molto credibile – del Financial Times, al termine del G7 che si apre oggi e si concluderà domenica vedremo chi avrà avuto ragione: l’asse Usa-Giappone anti-Cina o una posizione più morbida rispetto al Dragone, voluta dai Paesi Ue. Secondo l’autorevole quotidiano finanziario britannico, l’ago della bilancia sarà la posizione assunta dal premier giapponese. Perché – si sa – l’amministrazione Usa guidata da Biden vuole colpire duro (anche) contro la Cina.
Il grande assente al summit di Xi’an è la Russia, impegnata nel conflitto con l’Ucraina. Nessuna contrapposizione tra Mosca e Pechino, però: semplicemente, ora quest’area, l’Asia centrale, così importante non solo geopoliticamente ma soprattutto a livello di risorse è nella sfera d’influenza del Dragone, più che della Russia.
Il principale progetto di investimento della Cina ora è la cosiddetta “via di mezzo” (il Trans-Caspian International Transport Route), che permetterà di far transitare le merci senza entrare in territorio russo. Visto il protrarsi del conflitto con l’Ucraina. La Cina ha sviluppato accordi con i cinque “Stan” per una cooperazione in ambito energetico e minerario. Sono stati siglati accordi per la costruzione di un oleodotto con il Kazakistan ed un gasdotto con il Turkmenistan, inoltre la Cina è presente con accordi per lo sfruttamento di risorse idroelettriche (Tagikistan e Kirghizistan), metallifere (Kazakistan e Tagikistan) e per l’estrazione dell’uranio, di cui Astana possiede circa il 17 per cento delle riserve mondiali. Altro fronte su cui si rinsalda la cooperazione tra Cina e questi Paesi è quello della sicurezza. Stabilità nella regione post-ritiro delle truppe Usa dall’Afghanistan e lotta al terrorismo islamico sono i dossier più urgenti. Al termine del summit, fanno sapere le fonti cinesi, sarà siglato “un importante documento politico”.
Il dato più rilevante è che in seno alla sua lunga e incessante attività diplomatica Pechino con questo summit contribuirà ancora di più a preservare la sicurezza globale, facendo da contrappeso ai venti di guerra che soffiano nell’Indo-Pacifico. A tal proposito è indubbio che la terza guerra mondiale non è scoppiata solo perché Pechino non ha raccolto le provocazioni Usa nella regione. Ma resta l’accerchiamento della Cina nell’Indo-Pacifico (in stile Nato ad ovest, attorno alla Federazione Russa): dal Giappone alla Corea del Sud fino alle Filippine, gli alleati militari degli Usa non contribuiscono di certo a ridurre la tensione nella regione.
Ecco perché è essenziale che i Paesi Ue al G7 – Francia, Germania e Italia – facciano tutto il possibile per arrivare a una dichiarazione finale che non sia l’ennesimo boomerang contro gli interessi dell’Europa. E che metta ulteriormente a rischio la stabilità globale. Perché – è noto – dietro quella dicitura “Indo-Pacifico libero e aperto” che campeggia tra le questioni del summit a Hiroshima, dietro il rafforzamento della cooperazione nell’area c’è la volontà di contenere la Cina. Fino a quando il Dragone permetterà tutto questo? Dobbiamo augurarci che la Via della Seta coincida con la Via della Pace. Quel programma di pace in Ucraina che Pechino offre all’Europa – la cui indipendenza strategica in questa fase più che mai è pari a zero – insieme con l’occasione storica per la Ue di allinearsi alla Cina nel promuovere un cessate il fuoco e l’avvio dei negoziati tra Kiev e Mosca.
A dar retta alla ricostruzione – molto credibile – del Financial Times, al termine del G7 che si apre oggi e si concluderà domenica vedremo chi avrà avuto ragione: l’asse Usa-Giappone anti-Cina o una posizione più morbida rispetto al Dragone, voluta dai Paesi Ue. Secondo l’autorevole quotidiano finanziario britannico, l’ago della bilancia sarà la posizione assunta dal premier giapponese. Perché – si sa – l’amministrazione Usa guidata da Biden vuole colpire duro (anche) contro la Cina.
Il grande assente al summit di Xi’an è la Russia, impegnata nel conflitto con l’Ucraina. Nessuna contrapposizione tra Mosca e Pechino, però: semplicemente, ora quest’area, l’Asia centrale, così importante non solo geopoliticamente ma soprattutto a livello di risorse è nella sfera d’influenza del Dragone, più che della Russia.
Il principale progetto di investimento della Cina ora è la cosiddetta “via di mezzo” (il Trans-Caspian International Transport Route), che permetterà di far transitare le merci senza entrare in territorio russo. Visto il protrarsi del conflitto con l’Ucraina. La Cina ha sviluppato accordi con i cinque “Stan” per una cooperazione in ambito energetico e minerario. Sono stati siglati accordi per la costruzione di un oleodotto con il Kazakistan ed un gasdotto con il Turkmenistan, inoltre la Cina è presente con accordi per lo sfruttamento di risorse idroelettriche (Tagikistan e Kirghizistan), metallifere (Kazakistan e Tagikistan) e per l’estrazione dell’uranio, di cui Astana possiede circa il 17 per cento delle riserve mondiali. Altro fronte su cui si rinsalda la cooperazione tra Cina e questi Paesi è quello della sicurezza. Stabilità nella regione post-ritiro delle truppe Usa dall’Afghanistan e lotta al terrorismo islamico sono i dossier più urgenti. Al termine del summit, fanno sapere le fonti cinesi, sarà siglato “un importante documento politico”.
Il dato più rilevante è che in seno alla sua lunga e incessante attività diplomatica Pechino con questo summit contribuirà ancora di più a preservare la sicurezza globale, facendo da contrappeso ai venti di guerra che soffiano nell’Indo-Pacifico. A tal proposito è indubbio che la terza guerra mondiale non è scoppiata solo perché Pechino non ha raccolto le provocazioni Usa nella regione. Ma resta l’accerchiamento della Cina nell’Indo-Pacifico (in stile Nato ad ovest, attorno alla Federazione Russa): dal Giappone alla Corea del Sud fino alle Filippine, gli alleati militari degli Usa non contribuiscono di certo a ridurre la tensione nella regione.
Ecco perché è essenziale che i Paesi Ue al G7 – Francia, Germania e Italia – facciano tutto il possibile per arrivare a una dichiarazione finale che non sia l’ennesimo boomerang contro gli interessi dell’Europa. E che metta ulteriormente a rischio la stabilità globale. Perché – è noto – dietro quella dicitura “Indo-Pacifico libero e aperto” che campeggia tra le questioni del summit a Hiroshima, dietro il rafforzamento della cooperazione nell’area c’è la volontà di contenere la Cina. Fino a quando il Dragone permetterà tutto questo? Dobbiamo augurarci che la Via della Seta coincida con la Via della Pace. Quel programma di pace in Ucraina che Pechino offre all’Europa – la cui indipendenza strategica in questa fase più che mai è pari a zero – insieme con l’occasione storica per la Ue di allinearsi alla Cina nel promuovere un cessate il fuoco e l’avvio dei negoziati tra Kiev e Mosca.
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