Politica

I PDimissionari

di Eleonora Ciaffoloni -

CARLO COTTARELLI ECONOMISTA


Altro giro, altre dimissioni. Il Partito Democratico sembra aver preso quasi le sembianze un castello di sabbia in riva al mare che, da un lato, viene costruito e abbellito con la sabbia umida e dall’altro viene scalfito ed eroso dalle onde, andando piano piano ad abbandonarsi all’inerzia del dondolio. Due facce di un partito che da un lato predica il rinnovamento, la rinascita, la nuova sinistra e, dall’altro, perde pezzi con una dimissione dopo l’altra, mostrandosi meno inclusivo di quello che predica. Ultimo, in ordine di tempo, a lasciare i dem è stato Carlo Cottarelli che nella serata di domenica ha annunciato di abbandonare la nave: la distanza tra lui e il Pd era ormai incolmabile. Con le dimissioni, il senatore del Partito democratico lascerà quindi il proprio posto a Palazzo Madama: una decisione dovuta a una distanza dal partito che è aumentata a seguito dell’elezione di Elly Schlein – l’economista, alle primarie aveva sostenuto la candidatura di Stefano Bonaccini – che ha spostato il Pd “più lontano dalle idee liberaldemocratiche in cui credo” ha dichiarato. Eppure, ha tenuto a chiarire, non è un problema di spostamento a sinistra in sé: “Ho grande stima di Elly Schlein e non credo sbagli a spostare il Pd verso sinistra. La scelta alle primarie è stata netta e i sondaggi la premiano. Un Pd più a sinistra può trasmettere un messaggio più chiaro agli elettori, cosa essenziale per un partito politico”. Ma più chiarezza per gli elettori significa, come abbiamo visto, lontananza per alcuni dei fedelissimi. Ora il professor Cottarelli tornerà all’Università Cattolica, da cui aveva avuto una proposta di cattedra – altro motivo, ha spiegato, che lo ha spinto a lasciare il Pd – e lascerà la poltrona alla prima non eletta Cristina Tajani. Un valzer, questa volta, senza un cambio di casacca, anche se proposto. Era stato il Terzo Polo, infatti, a fargli l’offerta di un cambio di gruppo parlamentare. Offerta rifiutata da Cottarelli, che ha spiegato: “mi sembra più corretto dimettermi”. Poteva sembrare un déjà-vu delle dimissioni del deputato Enrico Borghi – che dal Pd è passato a Italia Viva – o quelle di Caterina Chinnici, che ha lasciato i dem per Forza Italia. Dimissioni che però possono somigliare a quelle degli ex Giuseppe Fioroni (il primo a lasciare il Pd) e Andrea Marcucci che sono stati visti quasi “costretti” a dire addio a un partito in cui non si riconoscevano più. In fibrillazione, infatti, da più di qualche giorno è la parte più cattolica del Pd, che si ritrova messa in disparte dalla nuova segreteria e in cui sembrerebbe esserci una certa maretta. A vacillare sembrerebbero in tanti, ma l’entusiasmo della novità si è perso da un pezzo. Dimissioni che però non sembrano smuovere molto la segretaria: infatti, di fronte a questi abbandoni Elly Schlein replica facendo spallucce. A rispondere ci pensa uno dei suoi uomini, Marco Furfaro che dal Nazareno dichiara: “Con le primarie siamo riusciti a riportare a noi tanti astenuti alle Politiche. I dem erano ai minimi storici, relegati a terzo partito nel Paese e avevamo perso la guida, almeno nel gradimento, dell’opposizione. L’accoglienza nelle piazze ci racconta un cambio di percezione”. Il famoso castello di cui sopra: si amplia e si distrugge – dall’interno.
Se le dimissioni dal Pd ormai sembrano essere all’ordine del giorno – o almeno non fanno poi così tanta sorpresa – non lo sono state quelle dell’amministratore delegato della Rai Carlo Fuortes che però segnano un’altra perdita lato sinistra. “Nell’interesse dell’Azienda rimetto il mandato. Mancano le condizioni per continuare nell’incarico”. Queste le parole dell’ex ad nella nota ufficiale con cui ha comunicato le dimissioni al ministro dell’economia e delle Finanze. Dimissioni che scaturiscono da polemiche protratte: “Dall’inizio del 2023 sulla carica da me ricoperta e sulla mia persona si è aperto uno scontro politico che contribuisce a indebolire la Rai e il Servizio pubblico. Allo stesso tempo ho registrato all’interno del Consiglio di amministrazione della Rai il venir meno dell’atteggiamento costruttivo che lo aveva caratterizzato, indispensabile alla gestione della prima azienda culturale italiana”. Una situazione, dice Fuortes, in cui non si può più accettare il compromesso. Se non si chiama compromesso, allora, si chiama cedimento di fronte alla maggioranza di governo: perché lasciare la poltrona libera in Rai non significa per Fuortes rimanere a casa, anzi. Per lui è pronto il posto da sovrintendente del Teatro San Carlo di Napoli, al posto di Stephane Lissner, che ha compiuto 70 anni e che dovrebbe decadere dall’incarico il prossimo primo giugno, come previsto nella bozza del decreto che contiene il nuovo limite di età (70 anni) per i direttori delle fondazioni liriche. Niente è lasciato al caso, questo è certo. Come sembra certo che ormai dal centrosinistra la sfiducia sia diventata il sentimento più diffuso.


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