Politica

Il bivio di Conte

di Eleonora Ciaffoloni -

ELLY SCHLEIN SEGRETARIA PD, GIUSEPPE CONTE M5S


Oggi, al terzo Consiglio Europeo del suo mandato, Giorgia Meloni arriva con i due sì intascati al Senato e alla Camera sulla risoluzione che – tra le altre tematiche – conferma il sostegno all’Ucraina sia in termini di schieramento che di supporto in aiuti e armamenti. Una doppia legittimazione del Parlamento arrivata martedì a Palazzo Madama e mercoledì a Montecitorio dove il dibattito sull’invio di armi ha provocato tanto fumo, ma pochissimo arrosto – almeno per chi si dice contrario. Perché dopo l’affondo del senatore leghista Romeo che ha insidiato il dubbio su una possibile crisi dell’esecutivo, il dibattito è tornato alla polarizzazione tra maggioranza e opposizione, soprattutto – anzi, unicamente – con il Movimento 5 Stelle. La premier in Aula durante il suo discorso rimpalla ai pentastellati: “Ci dite ‘fermatevi’. Penso che lo debba dire a Putin” e spiega: “Se noi ci fermiamo consentiamo l’invasione dell’Ucraina, non sono così ipocrita da scambiare un’invasione con la parola pace. Pensate davvero che a qualcuno piaccia la guerra, pensate davvero che qualcuno si diverta a stare in questo quadro? No”.

UN’ARMA CONTRO TUTTI

Parole che non hanno convito il leader dei cinquestelle Giuseppe Conte che nel suo intervento si scaglia contro Meloni accusandola di “preoccupante inadeguatezza” e di star portando “l’Italia verso una guerra nucleare” mentre invece, dice l’ex premier, si era impegnata a lavorare per la pace attraverso una “soluzione diplomatica”. Lo ribadisce ricordando cosa accadde lo scorso anno, a guerra appena iniziata, con il governo di Mario Draghi: “Il primo marzo 2022 questo Parlamento approvò le forniture militari all’Ucraina ma con precisi limiti: legittima difesa e sostegno a iniziative multilaterali utili a una de-escalation. Noi decidemmo, non senza tormenti di coscienza, di non abbandonare l’Ucraina ma a patto che alle armi si affiancasse subito una forte iniziativa diplomatica dell’Italia, dell’Ue e della Nato. Dopo 12 mesi, tutte quelle promesse sono state tradite, prima da Draghi e ora dal suo governo che del governo Draghi è la brutta copia”. Attacco diretto a Meloni ma anche alla linea politica che per tante questioni – come quella della guerra – non si è discostata dall’esecutivo precedente, tanto criticato e, successivamente caduto causa crisi. La differenza, dice Conte a Meloni è che sulla guerra “lei la faccia ce la mette, ma è una faccia di bronzo”. Toni accesi su entrambi i fronti, pochi applausi dai banchi gialli e alcuni sorrisi dagli scranni del governo non hanno fermato Giuseppe Conte che, con il suo Movimento, è l’unico, insieme all’Alleanza Verdi e Sinistra, a fare opposizione sugli aiuti e sul sostegno armato all’Ucraina.

ALLEANZA FUORI DIVISIONE DENTRO

Appunto, Giuseppe Conte, l’unico. Perché se in piazza – o sul palco del congresso della Cgil di Rimini – si annunciano e si auspicano alleanze di centrosinistra, questo non accade in Aula. Sia alla votazione del Senato che a quella della Camera, della paventata opposizione unita, di unito c’è stato ben poco. Il Movimento di Conte è rimasto solo a dire no, mentre il Partito Democratico e il Terzo Polo si sono uniti alla mozione della maggioranza confermando quello che sulle armi era stato deciso dall’esecutivo e continuando sulla linea presa già lo scorso anno. A confermarlo le parole della deputata dem Marianna Madia: “Sulla guerra in Ucraina sosteniamo la posizione con la quale (Meloni) rappresenterà l’Italia: il sostegno al popolo e al governo ucraino e il sostegno a ogni iniziativa volta a disinnescare il conflitto, nessuno vuole l’escalation”. Posizione chiara che non si discosta dal Pd pre-Schlein. Perché con la nuova segreteria i cambiamenti ci sono stati e sembrano arrivare anche per il prossimo futuro, ma non sembra cambiata la posizione sull’Ucraina, anche se Elly Schlein cerca di mantenere quella linea pacifista più a sinistra chiedendo a gran voce una spinta ai negoziati (pur votando sì). E così Conte, dopo gli annunci di piazza su una grande e possibile coalizione, al primo ostacolo si ritrova da solo. E in solitudine non può altro che abbozzare: “Noi abbiamo posizioni chiare, non improvvisate, che portiamo avanti da tempo in modo lineare. Se poi non c’è convergenza su questi nostri punti, per noi qualificanti dell’opposizione, evidentemente c’è ancora da lavorare”. Intanto, con un’opposizione divisa, il governo vola.

Torna alle notizie in home