Economia

Il business sena freni del conflitto Shell +40 miliardi e la piazza freme

di Adolfo Spezzaferro -

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La guerra è un business senza pari: Shell, gigante petrolifero britannico, ha dichiarato di aver registrato un nuovo record annuale di profitti, superando ogni aspettativa. In precedenza, anche i colossi americani Chevron ed Exxon Mobil avevano riportato cifre record. Mentre in Europa si moltiplicano gli scioperi per la crisi economica, il caro vita, il caro bollette, i colossi dell’energia fanno miliardi a palate. Una situazione che presto potrà diventare un’emergenza sociale, con la rabbia che sta salendo sempre più. A partire dall’ira dei cittadini del Regno Unito, inviperiti dalla pubblicazione dei dati di Shell. La multinazionale britannica ha fatto registrare nel 2022 un utile record di quasi 40 miliardi di dollari, il più alto nei 115 anni della sua storia. La guerra è insomma l’allineamento dei pianeti grazie al quale pochi si arricchiscono a dismisura e tanti, troppi soffrono invece la crisi economica. Sarà un concetto banale, ma è la verità. L’impennata dei prezzi dell’energia dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e l’inasprimento delle sanzioni dell’Occidente contro Mosca ha permesso al colosso energetico di offrire agli azionisti una remunerazione senza precedenti, mentre milioni di famiglie (non solo britanniche) incontravano difficoltà sempre maggiori nel far fronte agli aumenti dei prezzi di gas e petrolio.

 

I guadagni di Shell, più che raddoppiati rispetto al 2021, rispecchiano quelli annunciati dalle società concorrenti statunitensi e sicuramente intensificheranno la pressione sui governi affinché aumentino ulteriormente le tasse sul settore. “Intendiamo rimanere disciplinati e al tempo stesso offrire agli azionisti rendimenti attraenti”, ha dichiarato il Ceo Wael Sawan in un comunicato, il primo sui risultati trimestrali da quando ha assunto la guida dell’azienda il 1 gennaio. Shell ha anche registrato un utile record nel quarto trimestre di 9,8 miliardi di dollari grazie alla forte ripresa dei guadagni derivanti dal commercio di gas naturale liquefatto (Gnl), battendo le stime degli analisti di otto miliardi di dollari.
Paul Nowak, segretario generale del Trades Union Congress – confederazione che unisce i sindacati del Regno Unito – ha definito gli utili conseguiti da Shell “osceni”. “Mentre milioni di famiglie su e giù per la Gran Bretagna lottano per riuscire a pagare le bollette e sbarcare il lunario, Shell si sta godendo una fortuna in contanti. Il tempo delle scuse è finito. Il governo deve imporre una tassa sugli extraprofitti alle compagnie energetiche. Anziché trattenere le tasse dagli stipendi di paramedici, insegnanti, vigili del fuoco e milioni di altri dipendenti pubblici in difficoltà, i ministri dovrebbero far pagare la loro giusta quota alle grandi società energetiche”, ha dichiarato Nowak.

 

Shell è stata duramente criticata lo scorso ottobre quando affermò di non aver pagato nessuna tassa sui guadagni nel Regno Unito fino a quel momento. Anche per questa ragione tre giorni fa nell’Oceano Atlantico quattro attivisti di Greenpeace International provenienti da diversi Paesi sono saliti a bordo della White Marlin, una nave da carico che trasporta una piattaforma di stoccaggio e scarico di Shell. La piattaforma fa parte dell’infrastruttura di produzione che dovrebbe permettere al colosso petrolifero di sbloccare otto nuovi pozzi nel giacimento di petrolio e gas Penguins North Sea. Gli attivisti hanno portato con sé rifornimenti sufficienti per occupare la piattaforma per alcuni giorni e hanno dispiegato uno striscione con il messaggio: “Basta trivellare. Iniziate a pagare”. In una nota di Greenpeace si legge: “L’azione nonviolenta, che si svolge a due giorni dalla pubblicazione degli utili di Shell, intende accendere i riflettori sulle responsabilità dell’industria dei combustibili fossili, che continua a distruggere il clima del Pianeta senza pagare un centesimo per risarcire le perdite e i danni causati”.

 

Pure Exxon e Chevron da record

 

Martedì scorso era stata la statunitense Exxon ad annunciare risultati record. Anche in questo caso gli utili sono più che raddoppiati a 55 miliardi di dollari, il più alto guadagno di sempre. Lo scorso dicembre Exxon ha avviato una causa contro l’Unione europea per contestare la legittimità di una tassazione sugli extraprofitti che viene applicata sulla parte di utili generati dalle ricadute della guerra e delle sanzioni contro la Russia sui costi dell’energia. Anche l’altro colosso statunitense Chevron ha messo a segno profitti per 36,5 miliardi di dollari e annunciato un piano monstre di buy back da 75 miliardi che ha fatto arrabbiare la Casa Bianca. L’amministrazione Biden infatti aveva auspicato maggiori investimenti per aumentare la produzione e ridurre la pressione sui prezzi di carburanti e gas.
Ora occhi puntati sugli altri colossi energetici. British petroleum diffonderà i suoi risultati il prossimo 7 febbraio e il giorno seguente sarà la volta della francese Total. I dati di Eni verranno invece diffusi il prossimo 22 febbraio. Le compagnie petrolifere sono tra le poche aziende che hanno visto il loro valore di borsa aumentare nell’ultimo anno. La capitalizzazione di Exxon è salita del 42%, quella di Shell del 17%. Chevron registra un + 26%, Eni un più modesto + 2,9%.

 

Cresce la rabbia sociale

 

L’antitesi tra i profitti record messi a segno dai giganti del gas e del petrolio e l’aumento del costo della vita sta scatenando attriti sempre più forti. La pubblicazione di questi profitti record, generati durante l’anno, ha acuito il dibattito sui limiti massimi di profitti che queste società possono effettivamente riportare. I democratici e la Casa Bianca hanno accusato le compagnie petrolifere di accumulare a nastro continuo nuovi ricavi dall’aumento dei prezzi dell’energia, invece di fare il possibile per abbassare i prezzi. Nel Regno Unito e nella Ue, i profitti energetici da record hanno dato il la a tasse straordinarie una tantum dirette alle aziende che beneficiano dell’aumento dei costi energetici. In molti, però, hanno criticato questo sistema di tassazione in quanto non risulta congruo con l’effettivo guadagno. Certo, guardando alle famiglie in ginocchio, che senza sgravi non potrebbero permettersi di pagare le attuali bollette, verrebbe da dire ai colossi energetici: “Avete pure da ridire?”


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