Politica

“Il centro non esiste più. L’Italia giustizialista è più corrotta di prima”

di Edoardo Sirignano -

STEFANO ANDREOTTI FIGLIO GIULIO ANDREOTTI


“Il giustizialismo ha fallito. Italia più corrotta di prima”. È quanto sostiene Stefano Andreotti, figlio dello statista Giulio.

 

Sono passati diversi anni dalla scomparsa di suo padre. Il ricordo è ancora vivo?
È certamente tra le figure che vengono ricordate più spesso.

 

C’è un partito che richiama più alla sua Dc?
La politica, ai tempi di mio padre, era diversa. Siamo in un altro periodo storico e le cose sono cambiate. Andreotti ha sempre fatto parte della Dc e oggi questo partito non c’è in nessuna delle formazioni in campo. Sono tutti movimenti o partiti molto diversi, sia come organizzazione che per le persone che ne fanno parte.

 

Spesso si condanna a prescindere la la Prima Repubblica. È giusto?
Ha subito una vera e propria demonizzazione. Con l’andare avanti, però, ci si si è resi conto dei tanti lati positivi che ha avuto. Per un giudizio più sereno e pacato, dobbiamo ancora attendere. Quando la cronaca lascerà il passo alla storia, cominceremo a capire i tanti pregi che hanno avuto i suoi esponenti.

 

Più di qualcuno sostiene che Meloni, dal momento in cui ha abbandonato i panni della sovranista, tanto somiglia ai grandi leader dello scudocrociato. Può essere l’erede dei dorotei?
Non farei paragoni. Detto ciò, vedo la Meloni una moderata. Basta osservare come si sta comportando da quando è premier. Tra i suoi pregi ci sono i toni sempre pacati, modi di comportarsi diversi da quelli che aveva qualche anno fa. Vedo bene chi cerca di migliorarsi.

 

In un momento di crisi, le persone forse hanno più paura degli estremismi?
L’elettorato italiano è da sempre moderato. A parte i momenti, la gente vuole una certa serenità, tranquillità, che forse ci auguriamo tutti.

 

Esiste ancora la possibilità di un grande centro?
Il mondo della politica ci ha fatto assistere a diversi fenomeni, che nascono all’improvviso e poi con la stessa rapidità si ridimensionano. Quando si vanno a creare due poli contrapposti, lo spazio non c’è per il centro, soprattutto se il sistema elettorale è quello vigente. Detto ciò, ovunque, sento l’esigenza di tornare a certi valori, ideali.

 

Cosa ne pensa del dibattito sulla giustizia. Sarebbe opportuna una riforma più garantista?
Sono pienamente d’accordo. Uno dei grandi guai d’Italia è quella magistratura che ha seguito la linea chiamata giustizialista. Una riforma vera è indispensabile per la certezza e rapidità del diritto. Solo per i tempi che occorrono per arrivare a sentenza, possiamo parlare di sistema di giudizio deprimente.

 

È stata, intanto, distrutta un’intera classe dirigente, che tra l’altro è stata artefice di atti gravi, ma forse meno rispetto a quelli commessi dai protagonisti di Qatargate…
Quanto avvenuto, ai tempi di Tangentopoli, è particolare. A distanza di decenni, si comincia a capire la differenza tra finanziamento illecito e corruzione. Bisogna separare ciò che viene fatto per far andare avanti i partiti, indubbiamente con degli eccessi, come quelli verificatisi allora, con la gente che si mette il denaro in tasca. Considerando gli scandali che leggo sui giornali, mi sembra diventato comune l’arricchimento personale.

 

Si parla del ritorno degli anarchici. Sono davvero un pericolo?
Sono sempre stati presenti nella vita del Paese. Mi auguro che non arriviamo a quello che erano negli anni terribili. Il terrorismo, allora, aveva un substrato diffuso. Non tutti lo condannavano in modo netto. Ora è un fenomeno molto più circoscritto, ma comunque da tenere sotto controllo.

 

La sinistra di un tempo, pur essendo all’opposizione, riusciva a distinguersi per idee. Cosa ne pensa del Pd?
La storia della Prima Repubblica è stata di un governo che ha visto sempre dentro la Dc, la quale però condivideva le grandi decisioni con l’opposizione. Le cose, allo stato, sono cambiate. La politica viene fatta più con le urla, con le accuse all’altro e non con le proposte. La sinistra italiana da diversi anni è in crisi per questa ragione.

 

Si ricorda di un particolare interlocutore di suo padre nel campo progressista…
Pajetta, pur essendo uno dei grandi esponenti del Pci, aveva con mio padre un grandissimo rapporto. Non andavano in vacanza insieme, ma si frequentavano. Stesso discorso vale per il presidente Pertini, con cui c’era amicizia. Anche con lo stesso Berlinguer, molto più chiuso come carattere, c’era un rapporto di stima, soprattutto ai tempi del compromesso storico. Era un modo di contrapporsi agli avversari diverso da quello attuale. Non c’era una lotta assoluta, ma una considerazione dell’altro, che travalicava gli schieramenti di appartenenza.

 

Finito al centro delle cronache l’arresto dell’ultimo grande boss stragista. Spesso il nome di Andreotti è stato collegato alla malavita siciliana?
Mio padre, purtroppo, ci è finito dentro. Si tratta di un discorso molto lungo da fare. Troppo spesso viene data un’interpretazione distorta di come si sono svolte realmente le cose. Da cittadino, sono felice che sia finita la latitanza per Matteo Messina Denaro.

 

La mafia, però, ancora non è finita. Stesso discorso vale per i rapporti con la politica, che non riguardano solo una parte…
Per chi vive in Sicilia c’è molta difficoltà a non aver rapporti con certi mondi. Detto ciò, in molto casi, sono stati anche inventati. Se si conosce bene la storia di mio padre, si potrebbe arrivare alla conclusione che con Cosa Nostra non solo non ha avuto niente a che vedere, ma che è stato anche il politico che quando era al governo ha preso i provvedimenti più forti contro di essa. Ciò, purtroppo, non viene mai ricordato.

 

Cosa ne pensa, infine, dell’Autonomia voluta dalla Lega di cui tanto si discute?
Ha pregi e difetti, vantaggi e svantaggi. Se terrà conto del divario, se avrà come priorità una migliore organizzazione, nonché una crescita del Mezzogiorno, ben venga. Se favorisce, invece, un Nord, che è già avanti, non ritengo sia un buon progetto. Dare una maggiore autonomia alle Regioni, comunque, non mi pare qualcosa di negativo, anzi può creare sviluppo.


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