Politica

Il chiagne e futte dello scontro sull’Autonomia

di Domenico Pecile -


Il primo ok all’Autonomia differenziata delle Regioni ha già fatto intravedere come sarà il resto del percorso legislativo: una corsa a ostacoli che potrebbe durare fino al 2026. Ne è la prova l’istantanea di palazzo Madama dopo il voto: un flash che immortala scene di urla, canti, schiamazzi, bandiere. La Lega canta vittoria e non solo perché il ddl porta la firma del Ministro Calderoli, ma anche perché spera che il provvedimento possa avere ricadute elettorali alle europee. Non solo, ma per la Lega si tratta di una sorta di provvedimento che fa da contrappeso al premierato inseguito da FdI. Un do ut des, la cambiale che FdI avrebbe pagato alla Lega, che resta però a favore del partito di Meloni, consapevole che la Lega dovrà smantellare alcuni suoi fortini nelle regioni del Nord. Per il capogruppo del Pd, Francesco Boccia, Meloni ha svenduto l’unità nazionale alla lega.

Comunque sia, il centrodestra si ricompatta – perlomeno in aula – e il centro sinistra annuncia un’opposizione durissima per combattere quello “Stato Arlecchino” che l’ex segretario dem, Bersani, prefigura se la riforma andrà a buon fine. Pd, 5S e Avs non escludono il ricorso al referendum. L’opposizione più determinata arriva dalle Regioni del Sud, quelle guidate dal centrosinistra: Campania e Puglia. L’esultanza dei governatori di centrodestra del Meridione è parsa inoltre molto più tiepida rispetto a quella di Luca e Fontana. Schlein, al proposito afferma che “Il silenzio-assenso dei presidenti delle Regioni del Sud di destra è ancora più grave”. I governatori del centro destra del Sud sono preoccupati dall’ipotesi che la devoluzione partendo da diversi livelli dei servizi posa finire per accentuare la già numerose disparità del Paese.

Ma la riforma è destinata a creare contraccolpi anche tra i dem, indebolendo ulteriormente la segretaria. Non va dimenticato infatti che il governatore dell’Emilia Romagna, Bonaccini, sia tra i promotori della riforma con Veneto e Lombardia. È non è di secondaria importanza che un altro “nemico” della segretaria, Vincenzo De Luca, potrebbe rubarle la scena nella difesa del Sud, riguadagnando spazio dentro il Pd grazie al ruolo di vessillifero della battaglia del Sud contro la riforma. Due punti interrogatici destinati a erodere la già precaria leadership di una Schlein che proprio al Sud dovrà fare i conti anche con la forte presenza elettorale del M5S.


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