Il governo del Nord
Domenico Pecile e Ivano Tolettini
Il paese che produce teme lo tsunami economico e sociale. Spaventa il caro bollette. Per questo chiede a Giorgia Meloni di fare presto una volta che avrà ricevuto dal Capo dello Stato l’incarico a formare il governo. Palpabile la preoccupazione al Nord, da sempre locomotiva d’Italia, innervato da centinaia di migliaia di imprese, grandi e piccole, che pompano il Pil e che sollecitano una compagine affidabile.
Nell’esecutivo di Mario Draghi i ministri settentrionali sono 18 su 24. Di questi ben 9 sono lombardi e 4 veneti. La premier dovrà tenerne conto, dopo averne parlato più volte anche con Silvio Berlusconi, anche perché a Nordest il suo partito ha ottenuto il risultato migliore. Così due padovani, uno nativo l’altra acquisita, come Adolfo Urso e la capa dell’intelligence Elisabetta Belloni, sono in pole position per entrare nella squadra meloniana. Come il bresciano Vittorio Colao, attuale ministro della Transizione digitale e apprezzato dalla Meloni, mentre sono in ribasso le quotazioni di un altro tecnico, il milanese Roberto Cingolani. Ma un milanese di peso, come il segretario leghista Matteo Salvini, siederà al tavolo governativo. E con lui una tra le vicentine Erika Stefani, attuale ministra per le disabilità, e Mara Bizzotto, che si è fatta le ossa in Europa. Se le due leghiste non dovessero entrare nella prima selezione, per entrambe ci sarebbe un posto da sottosegretario.
A battere sul tasto della velocità è Roberto Boschetto, presidente della Confartigianato del Veneto, cui sono associate 124 mila imprese. È un pragmatico uomo del fare. “Le emergenze richiedono tempi strettissimi per il governo e per ripartire dalle richieste anche delle piccole imprese – afferma -. Esse rappresentano il 99,3% del tessuto produttivo veneto, dei loro dipendenti e dei territori in cui operano: proseguire con il Pnrr e le riforme ad esso collegate -, Giustizia, Fisco e Appalti -, per avere un fisco più leggero e meno burocratico, e aiuti straordinari per energia e materie prime”. In questi giorni tutti i leader delle categorie economiche, come ad esempio Enrico Carraro, che rappresenta la potente Confindustria del Veneto, hanno sollecitato responsabilità nelle scelte – che per forza di cose dovranno tenere conto dei nuovi equilibri nel centrodestra -, privilegiando ministri competenti e affidabili. Ecco che un tecnico prestato alla politica come il trevigiano Carlo Nordio alla Giustizia (in alternativa c’è Giulia Bongiorno in quota Lega), stimato trasversalmente, ha le qualità per proseguire sul percorso delle riforme avviato da Marta Cartabia. Ma i tecnici vanno ridotti al minimo. La politica ci deve mettere la faccia.
Un altro rappresentante del mondo del lavoro come il bellunese Moreno De Col, alla guida di Cna Veneto con 20 mila associati, invita Meloni a dare attuazione alle proposte legislative in 10 punti presentate per rilanciare il Paese. “A soffrire sono soprattutto le piccole imprese – analizza – ed è per questo che bisogna calmierare i prezzi energetici. Va poi stabilizzato il superbonus introducendo quei correttivi per renderlo più funzionale. Mi auguro che si metta mano a una politica industriale che renda più concorrenziale il Nordest con altre aree d’Europa a noi simili, come Baviera, Fiandre e Catalogna, che crescono a ritmi superiori per la presenza di quei fattori che l’autonomia differenziata avrebbe il pregio di valorizzare». Sul punto Graziano Tilatti, presidente friulano di Confartigianato, spiega che “ai ministeri economici devono andare persone con esperienza amministrativa e possibilmente anche privata. La politica è mediazione degli interessi generali”.
“L’identikit dei futuri ministri dovrebbe tenere conto di queste caratteristiche, ma soprattutto dovrebbe dire “basta tecnici che pensano di gestire un’azienda e non lo Stato. Questi tecnici manager devono capire che la società è molto più complessa di un’azienda”. Tra i papabili del Friuli (ministri o sottosegretari), oltre al presidente Fedriga che pare recalcitrante alle sirene meloniane, ci sono Luca Ciriani, uno di colonnelli più vicini alla Meloni e la sottosegretaria uscente della Lega, Vannia Gava. E a un posto di sottosegretario all’Istruzione punta anche Mario Pittoni, senatore uscente, presidente della Commissione Istruzione e beni culturali.
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