Il governo Meloni dichiara guerra ai trafficanti porte aperte ai regolari e a chi vuole lavorare in Italia
Il governo Meloni dichiara guerra ai trafficanti di esseri umani e apre le porte ai migranti regolari. Il Consiglio dei ministri riunito a Cutro vara un decreto che punta a smantellare la rete degli scafisti. Da una parte pugno di ferro contro i trafficanti di uomini ed espulsioni più efficaci, dall’altra semplificazione delle procedure per chi vuole entrare legalmente in Italia ed estensione del decreto flussi. Da un lato il contrasto degli arrivi irregolari e dall’altro l’accoglienza verso la migrazione attraverso canali legali, che saranno potenziati. Sul decreto a quanto si apprende c’è stato un confronto tra il leader leghista Matteo Salvini, che voleva ripristinare la “sua” linea dura, e la premier Giorgia Meloni, impegnata a trovare un punto di equilibrio che tenga compatta la sua maggioranza. Operazione riuscita, a quanto pare, anche perché alcune misure dei decreti Sicurezza varati quando il leader della Lega quando era ministro dell’Interno sono all’interno del nuovo provvedimento.
Il punto cruciale del decreto è l’introduzione di una nuova fattispecie di reato, relativa alla morte o a lesioni gravi dei migranti causate dagli scafisti. Reato che prevede il carcere fino a 30 anni e che viene considerato universale. Pertanto gli scafisti saranno perseguibili in Italia anche se avranno commesso tale reato fuori dai confini nazionali. Chiunque “promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato” quando “il trasporto o l’ingresso sono attuati con modalità tali da esporre le persone a pericolo per la loro vita o per la loro incolumità o sottoponendole a trattamento inumano o degradante, è punito con la reclusione da venti a trenta anni se dal fatto deriva, quale conseguenza non voluta, la morte di più persone”.
Previsto anche il potenziamento dei Centri di permanenza per i rimpatri. La realizzazione di queste strutture “è effettuata, fino al 31 dicembre 2025, anche in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea”.
Il governo punta a rendere effettive le espulsioni, con l’ok dei Paesi di origine, fermo restando che questi ultimi devono essere “sicuri”: chi viene rimpatriato non deve cioè finire in una zona di guerra o rischiare trattamenti disumani.
L’esecutivo ripristina inoltre lo strumento del decreto flussi, che diventerà triennale (2023-2025). Con l’ultimo sono stati già programmati circa 83mila ingressi regolari per motivi di lavoro. Ci saranno ora numeri più alti per venire incontro alle esigenze del mondo produttivo.
Ci sarà anche una semplificazione normativa e degli adempimenti burocratici necessari per chi chiede di entrare legalmente in Italia. Potrebbero essere mobilitati gli uffici diplomatici per l’esame del domande in loco, con la collaborazione dei Paesi, in particolare quelli dell’Africa del Nord, con cui Roma ha già accordi.
È saltata, secondo quanto si apprende da diverse fonti, la norma comparsa nelle prime bozze del decreto Migranti che puntava a rafforzare la sorveglianza marittima, con un ruolo di primo piano della marina militare. La misura era stata proposta e discussa durante il preconsiglio ma, secondo quanto viene riferito, il Cdm ha deciso di cassare la norma.
Il governo punta inoltre a dare un’accelerata ai corridoi umanitari. Dal suo insediamento, sono già 617 le persone arrivate in Italia attraverso questo canale, “un numero mai registrato in un così breve lasso di tempo”, ha sottolineato Piantedosi. E nel primo semestre dell’anno c’è un impegno – in collaborazione con la Commissione europea – ad accogliere altre 1.481 persone. Disponibilità anche ad aderire alle evacuazioni umanitarie e ai programmi di reinsediamento.
Arriva anche la cosiddetta norma “anti-Soumahoro”: la stretta sulle inadempienze nella gestione dei centri per migranti. Si considera il caso in cui il grave inadempimento degli obblighi previsti dallo schema di capitolato di gara per un centro e l’immediata cessazione dell’esecuzione del contratto possa compromettere la continuità dei servizi indifferibili per la tutela dei diritti fondamentali, nonché la salvaguardia dei livelli occupazionali.
Il punto cruciale del decreto è l’introduzione di una nuova fattispecie di reato, relativa alla morte o a lesioni gravi dei migranti causate dagli scafisti. Reato che prevede il carcere fino a 30 anni e che viene considerato universale. Pertanto gli scafisti saranno perseguibili in Italia anche se avranno commesso tale reato fuori dai confini nazionali. Chiunque “promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato” quando “il trasporto o l’ingresso sono attuati con modalità tali da esporre le persone a pericolo per la loro vita o per la loro incolumità o sottoponendole a trattamento inumano o degradante, è punito con la reclusione da venti a trenta anni se dal fatto deriva, quale conseguenza non voluta, la morte di più persone”.
Previsto anche il potenziamento dei Centri di permanenza per i rimpatri. La realizzazione di queste strutture “è effettuata, fino al 31 dicembre 2025, anche in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea”.
Il governo punta a rendere effettive le espulsioni, con l’ok dei Paesi di origine, fermo restando che questi ultimi devono essere “sicuri”: chi viene rimpatriato non deve cioè finire in una zona di guerra o rischiare trattamenti disumani.
L’esecutivo ripristina inoltre lo strumento del decreto flussi, che diventerà triennale (2023-2025). Con l’ultimo sono stati già programmati circa 83mila ingressi regolari per motivi di lavoro. Ci saranno ora numeri più alti per venire incontro alle esigenze del mondo produttivo.
Ci sarà anche una semplificazione normativa e degli adempimenti burocratici necessari per chi chiede di entrare legalmente in Italia. Potrebbero essere mobilitati gli uffici diplomatici per l’esame del domande in loco, con la collaborazione dei Paesi, in particolare quelli dell’Africa del Nord, con cui Roma ha già accordi.
È saltata, secondo quanto si apprende da diverse fonti, la norma comparsa nelle prime bozze del decreto Migranti che puntava a rafforzare la sorveglianza marittima, con un ruolo di primo piano della marina militare. La misura era stata proposta e discussa durante il preconsiglio ma, secondo quanto viene riferito, il Cdm ha deciso di cassare la norma.
Il governo punta inoltre a dare un’accelerata ai corridoi umanitari. Dal suo insediamento, sono già 617 le persone arrivate in Italia attraverso questo canale, “un numero mai registrato in un così breve lasso di tempo”, ha sottolineato Piantedosi. E nel primo semestre dell’anno c’è un impegno – in collaborazione con la Commissione europea – ad accogliere altre 1.481 persone. Disponibilità anche ad aderire alle evacuazioni umanitarie e ai programmi di reinsediamento.
Arriva anche la cosiddetta norma “anti-Soumahoro”: la stretta sulle inadempienze nella gestione dei centri per migranti. Si considera il caso in cui il grave inadempimento degli obblighi previsti dallo schema di capitolato di gara per un centro e l’immediata cessazione dell’esecuzione del contratto possa compromettere la continuità dei servizi indifferibili per la tutela dei diritti fondamentali, nonché la salvaguardia dei livelli occupazionali.
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