Il progetto del ministro Nordio per la formazione dei detenuti. Era ora!
Coinvolte tutte le regioni e 2461 detenuti in 130 penitenziari
Il carcere non è solo espiazione della pena, ma anche rieducazione e formazione dei detenuti
Da queste pagine lo abbiamo scritto tante volte. La natura e la finalità del sistema carcerario italiano, nonostante una vocazione chiaramente punitiva, non si esauriscono nell’assicurare la reclusione a quanti sono condannati a una pena detentiva. Finalmente al ministero della Giustizia siede qualcuno che sembra avere presente questo principio. L’universo penitenziario e, più in generale, quello della giustizia prevedono, infatti, anche tutta una lunga serie di garanzie. Troppo spesso, purtroppo, passano in secondo piano. E questo accade sia a scapito degli indagati, che degli imputati, che dei condannati. Per quanto riguarda questi ultimi, la Costituzione prevede, tra le altre cose, che le pene “devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Un cambio di paradigma
La verità è che in un contesto come quello carcerario operare in tal senso è tutt’altro che semplice. Inoltre, questa funzione è stata sempre delegata per lo più all’organizzazione interna dei singoli penitenziari. In alcuni casi, si sono riuscite a introdurre prassi virtuose, in altri, semplicemente si è abdicato a questo compito. Per mancanza di budget, per carenza di personale, per problemi infrastrutturali o perché, in una scala di priorità, si è preferito occuparsi di altro. Adesso però la musica sembra essere cambiata. Il ministero della Giustizia, guidato da Carlo Nordio, ha infatti deciso di intervenire in modo organico e sistemico. L’obiettivo è far sì che la rieducazione dei detenuti si imponga come un obiettivo diffuso, perseguito in maniera generalizzata e non più a macchia di leopardo.
Il progetto
Attraverso finanziamenti europei, si è infatti attivato il piano “Una Giustizia più Inclusiva: Inclusione socio-lavorativa delle persone sottoposte a misura penale anche tramite la riqualificazione delle aree trattamentali”. Un progetto al quale, attraverso un apposito avviso, hanno preso parte tutte le regioni italiane. In sintesi, si punta alla formazione professionale dei condannati, così da agevolarne l’inserimento nel mercato del lavoro e l’inclusione sociale una volta tornati in libertà. Conseguentemente, anche il rischio di recidiva, viene ridotto.
In cosa consiste il Piano
L’iniziativa, composta di sei azioni in totale, si articola in due direttrici principali. Innanzitutto, attraverso l’avvio di attività produttive presso gli istituti carcerari in collaborazione con le realtà imprenditoriali dei relativi territori, nonché con il potenziamento di laboratori formativi, percorsi di attestazione delle competenze, formazione professionalizzante dei detenuti e tirocini non formali da svolgere all’interno dei penitenziari. In secondo luogo, sono oggetto di finanziamento il potenziamento, la creazione e la ristrutturazione – anche impiantistica e relativa alle infrastrutture tecnologiche – degli ambienti interni ai penitenziari dove organizzare le varie attività.
I numeri
Adesso veniamo ai numeri. L’investimento di risorse comunitarie ammonta a poco meno di 75 milioni di euro per ciascuna delle due linee di azione in questione. Il totale complessivo del piano “Una Giustizia più inclusiva” supera, però, i 280 milioni considerando tutte e sei le azioni previste. In esse rientrano anche l’inclusione attiva di minori e giovani adulti e interventi della medesima natura indirizzati ai soggetti in uscita o sottoposti a pene alternative alla detenzione carceraria. Infine, l’assistenza tecnica necessaria alla concreta attuazione dei progetti. I detenuti coinvolti sono 2461, attualmente ristretti in 130 istituti di pena sparsi sull’intero territorio nazionale. Di questi penitenziari 14 sono femminili. Il numero di quelli che si sono avvalsi dei fondi stanziati dal ministero della Giustizia per adeguare le aree trattamenti funzionali allo svolgimento delle attività formative è pari a 96 strutture.
Un esempio di sinergia istituzionale
I restanti 34 non sono stati invece interessati dalla riqualificazione degli ambienti in funzione del progetto perché già provvisti di spazi, attrezzature e arredi idonei. Allo stato, dopo il via libera di tutti i progetti presentati dalle singole regioni, è in corso la stipula delle varie convenzioni con la Direzione generale per il coordinamento delle politiche di coesione del ministero della Giustizia. Un esempio virtuoso di sinergia istituzionale – tra il ministero che ha in capo la responsabilità del sistema carcerario e le regioni, a cui spetta definire e impostare le attività di formazione autonomamente, purché d’intesa con i penitenziari – con l’obiettivo di dare una seconda possibilità ai detenuti, in base a quanto previsto dalla Costituzione. Oltre che, più banalmente, dal senso del giusto e di Pietas umana.
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