Attualità

Il risparmio tradito. Dai banchieri infedeli al bancario manolesta

di Ivano Tolettini -

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Dai banchieri infedeli al bancario manolesta. La storia del risparmio tradito è farcita di catastrofi sistemiche, si pensi ai tracolli miliardari delle popolari venete nel 2016 che travolsero oltre centomila risparmiatori risarciti solo in parte dallo Stato, ed ha visto di recente la condanna dei comandanti in capo Gianni Zonin, Samuele Sorato e Vincenzo Consoli per le condotte illegali nella gestione fallimentare (i verdetti non sono ancora definitivi); o di vicende molto più circoscritte, ma emblematiche allorché i controlli interni funzionano in ritardo, quando a violare il codice penale sono i dipendenti delle banche. Come nel caso del direttore vicentino di una filiale di Bassano del Grappa di Unicredit Banca spa, conosciuto anche per essere in politica a livello locale, che ha turlupinato alcuni clienti sottraendo loro oltre 700 mila euro. E per questo il tribunale civile di Vicenza ha condannato l’altro giorno la banca in qualità di datrice di lavoro del funzionario mani lunghe, dunque come responsabile in solido, a risarcire a una delle vittime, un parrucchiere oggi ottantenne, quasi 300 mila euro.

 

BANCHE VENETE

 

La Corte d’Appello di Venezia ha confermato le condanne del presidente della Banca Popolare di Vicenza, Gianni Zonin, e dell’amministratore delegato di Veneto Banca, Vincenzo Consoli, rispettivamente a 3 anni 11 mesi e 3 anni di reclusione per ostacolo all’attività di vigilanza causando il dissesto dei due istituti che a Nord Est erano ritenuti affidabili. In primo grado, invece, sono stati inflitti 7 anni di carcere all’ex direttore generale e ad della Popolare di Vicenza, Samuele Sorato, per aggiotaggio, falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza. Come ha sostenuto in aula il pm Luigi Salvadori «a Sorato va contestato la vera e propria direzione dell’operatività legata ai finanziamenti baciati», quel meccanismo pernicioso che fece deragliare BpVi e di cui per i giudici era a conoscenza anche Zonin. Il meccanismo tramite cui la banca bonificò alla clientela denaro proprio per 1 miliardo per gli aumenti di capitale chiesti da Bankitalia per rafforzare la solidità finanziaria, in realtà scavandosi la fossa. Oltre a Zonin la Corte d’Appello ha condannato altri due top manager. L’imprenditore vitivinicolo, scrivono i giudici, “non solo ha avuto piena contezza del fenomeno delle operazioni baciate, ma sulla base di detta conoscenza ha fornito un decisivo contribuito alla perpetrazione dei reati di aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza e falso in prospetto condividendo con il dg Sorato il ricorso alla strategia operativa del sistematico ricorso al finanziamento dell’acquisto dei titoli BpVi, che recava necessariamente inevitabili implicazioni delittuose”.

 

DIRETTORE MANOLESTA

Il 46enne Alessio Savona, all’epoca dei fatti direttore di filiale Unicredit Banca, ex consigliere comunale e in predicato di diventare presidente del Consiglio comunale di Bassano in quota alla maggioranza di centrodestra nei giorni in cui, la tarda primavera 2019, scoppiava a livello locale la vicenda giudiziaria, è stato condannato a 2 anni 3 mesi di carcere in primo grado per truffa, indebito utilizzo del bancomat del cliente e frode informatica. Come ha ricostruito il giudice istruttore Massimiliano De Giovanni, accogliendo le richieste del parrucchiere Enzo D., assistito dagli avvocati Mauro Poncini e Andrea Sambugaro, la responsabilità di Unicredit quale datore di lavoro scatta se “le mansioni del dipendente abbiano agevolato e reso possibile il fatto dannoso, anche se la condotta del dipendente abbia travalicato i limiti fissati, nel contratto di lavoro, dal preponente”. Era accaduto che l’artigiano, storico cliente della banca, fidandosi del direttore gli aveva delegato a operare sul conto non dell’operatività quotidiana, ma destinato alle operazioni d’investimento, accredito della pensione e domiciliazione bollette di luce e gas. Succedeva che Savona si recava nel negozio del cliente, come hanno confermato anche le sue collaboratrici, per ottenere la firma su moduli bancari vari di cui non spiegava il contenuto. Se è vero che erano stati due ispettori di Unicredit nella primavera 2015 a evidenziare l’esistenza di movimenti sospetti su segnalazione di un cliente, sul cui telefonino arrivavano gli allert deviati dei maxibonifici relativi al conto del parrucchiere svuotato di 272 mila euro, la responsabilità dell’istituto per il tribunale è pacifica per l’omesso controllo. Il bancario infedele, dunque, all’insaputa del parrucchiere per anni grazie alle password aveva eseguito decine di prelievi al bancomat ed effettuato pingui bonifici con l’home banking a favore della seconda moglie del padre, di parenti e in qualità di direttore di filiale a favore dei titolari di una ditta nel Trevigiano, poi fallita, cui aveva accreditato 100 mila euro in un colpo solo. Tanto che il giudice ha riconosciuto al cliente tradito anche 50 mila euro di danni morali che dovranno versare sia Savona che Unicredit, ma siccome il primo è adesso nullatenente, toccherà alla banca farvi fronte, salvo rivalersi sull’ex dipendente. Tra l’altro, dalle indagini interne erano emersi comportamenti ambigui da parte di due colleghe di Savona, quando lui facendo carriera era diventato consulente dell’area titoli a Vicenza. La banca, inoltre, aveva respinto ogni ipotesi transattiva sostenendo che il cliente aveva sbagliato nel consegnare le password al direttore, di cui si fidava ciecamente. Ma il tribunale ha delineato la negligenza dell’istituto nell’attività di controllo e in quella di sorveglianza dei propri dipendenti. La “reazione” di Unicredit avvenne in ritardo, solo quando a un altro cliente erano arrivati i messaggi dei bonifici che non aveva mai eseguito e si preoccupò. Ma era da più di due anni che Savona usava il parrucchiere come bancomat personale.

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