Il silenzio che ha vestito il mondo e che il mondo non dimenticherà mai
“L’eleganza non è farsi notare, ma farsi ricordare”. Giorgio Armani se n’è andato portandosi dietro la semplicità feroce di una frase che da sola definisce un’epoca. Se oggi la moda è più incisiva di un romanzo lo dobbiamo a lui, al ragazzo di Piacenza che iniziò alla Rinascente di Milano, passando le notti ad allestire vetrine da solo, con l’ostinazione di chi non conosce compromessi. Non inventò un abito, ma un linguaggio. Con la giacca destrutturata liberò gli uomini da corazze superate, con il tailleur diede alle donne un’arma nuova, e insegnò a Hollywood che la sobrietà fa più rumore di mille lustrini. Il suo greige non era un colore. Lui ci ha costruito una filosofia: il modo di restare fuori dalla moda per dominarla. Non tendenza,ordine. Gli abiti non hanno stagioni, ma capitoli, e ognuno di noi vi ha abitato un pezzo di identità. American Gigolo lo consacrò al mondo, ma Richard Gere in Armani non era un attore vestito bene: era l’immagine stessa dell’uomo moderno. La sua forza stava proprio nel vizio di non inseguire mai l’attualità ma arrivarci sempre con precisione chirurgica. Le collezioni non erano capricci stagionali, ma lezioni di continuità. Con Armani la moda smise di essere effimera e divenne struttura, un codice che nessuno seppe copiare. E non è solo vestiti. Hotel, ristoranti, Armani Casa: tutto parla la stessa lingua. Non una diversificazione commerciale, ma un impero coerente, un mondo costruito mattone su mattone con la stessa ossessione per la misura. Entrare in un suo albergo o in una sua boutique significa riconoscere immediatamente la firma invisibile del maestro. Unico vezzo, farsi chiamare “signor Armani” dal suo staff, nessuno escluso, come se non bastasse essere lui per essere già signore. Eppure restava quello che controllava la luce di una vetrina a mezzanotte. Da solo, come da ragazzo. Il primo a trasmettere una sfilata online, il primo a bandire le modelle scheletriche, il primo a dimostrare che modernità significa coerenza. Modernità che non lo contagiava quando si trattava di dire grazie: a penna, di proprio pugno. Come un tempo. Poi l’ultimo gesto, pochi giorni prima di lasciarci: l’acquisto della Capannina di Forte dei Marmi. Ritorno a casa, giusto in tempo, al luogo del cuore: la Versilia che lo vide per una vita pedalare in camicia bianca tra noi ragazzi di tutte le età, in bicicletta. Un atto d’amore. Oggi lo salutiamo, non senza aver festeggiato pochi giorni fa i 50 anni della sua moda e non senza aver notato nel titolo della mostra Continuum, un velato arrivederci “a per sempre”. Ma Armani non è morto. Non lo è perché nessuno può immaginare un mondo senza il suo rigore, senza quel colore che non era colore, senza la lezione che ha attraversato una vita: non è farsi notare, è farsi ricordare. E io non so se esista davvero un italiano più famoso al mondo. Forse no. Forse Giorgio Armani resta e resterà l’icona assoluta della nostra identità.
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