Attualità

IN GIUSTIZIA – In Liguria una condanna preventiva irragionevole

di Francesco Da Riva Grechi -


L’impatto dell’ordinanza di custodia cautelare a carico del Presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, è stato sicuramente forte e spettacolare nonché abbastanza violento da poter portare alla distruzione politica di un leader di grande importanza, solo per quanto riportato dai media, a titolo di anticipazione, in pochi giorni.
Trattandosi di un arresto si può definire sicuramente una condanna preventiva, destinata ad avere il valore di una sentenza di merito definitiva. Si può semplicemente aggiungere un dubbio ulteriore in relazione alla connessione delle due inchieste, una partita da Genova, l’altra da La Spezia. Come è nato il collegamento, per ora solo ipotetico, ma decisivo sul piano mediatico – per il clamore e per la capacità di rendere definitivo il significato di una misura preventiva – tra l’inchiesta su Giovanni Toti e la presenza di “sospetti” affiliati a clan siciliani e/o calabresi? Questa è l’accusa, molto grave, che coinvolge “storiograficamente” il Presidente Toti ed i suoi collaboratori e che nulla ha a che vedere con il resto della vicende, che, oltretutto, sembrano dimostrare più la trasparenza dell’azione politica di Giovanni Toti che ipotesi di legami con la mafia.
Se fosse verificato, il collegamento tra Giovanni Toti, nato a Viareggio, e le famiglie criminali presenti in Liguria, allora sì, si giustificherebbe il massacro prodotto dalla sola notizia di arresti e di un’indagine, né nuova, né tempestiva. Se però, come spesso accade, tra dieci o quindici anni, si scoprisse in sede di giudizio di legittimità, innanzi alla Suprema Corte di Cassazione, che il giudice per le indagini preliminari, nel disporre questi arresti, abbia “optato per un modello di ricostruzione del fatto penalmente rilevante condotto secondo un approccio metodologico di stampo storiografico” (Cass. Pen., sent. n. 45506 /2023 depositata il 10 novembre 2023) e che a carico dell’entourage del presidente della Regione Liguria e del Capo di Gabinetto Matteo Cozzani, c’erano solo meri indizi, privi dei requisiti per costituire prove di colpevolezza, oltre ogni ragionevole dubbio (regola BARD, Beyond Any Reasonable Doubt)? Si constaterà, come sempre tardivamente, l’ingiustizia e l’irragionevolezza di quanto un potere dello Stato infligge ad un politico, rieletto con un consenso vastissimo nella sua Liguria, a venti giorni dalle elezioni europee e a poco più di un anno da quelle regionali, per fatti che sembrano del 2020.
Si constaterà l’immane forza della verità mediatica, a totale discapito della verità processuale, che arriverà inutilmente, e della verità politica, che non arriverà mai. Solo queste constatazioni palesano quanto siano calpestate da parte dello Stato, i principi della necessaria giustizia dell’attività di pubblico ministero, Gip e Corti, della presunzione di innocenza, vanificata dal valore mediatico dell’ordinanza di privazione della libertà personale dell’indagato, senza aver potuto svolgere alcuna difesa e senza alcun contraddittorio; della ragionevole durata del processo, perché i tempi della procedura sembrano scanditi da esigenze esterne e senza alcuna connessione con le ragioni di economia processuale che discendono da questo principio e impongono di agire con rapidità, efficacia ed efficienza, nonché, se possibile, anche a favore dell’indagato.
Cui prodest?


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