Editoriale

Indietro miei Prodi

di Tommaso Cerno -


Indietro miei Prodi. Perfino Romano Prodi nella sua veste di saggio ha fatto il gioco dei detrattori di Elly Schlein. Le ha consigliato di non candidarsi spiegandoci che la gente non capirebbe. Come se gli italiani fossero alla finestra ad aspettare il verdetto di Cozzolino, perché alle Europee si sarebbero stracciati le vesti se non fosse stato eletto l’eurodeputato finito nel Qatargate. Un consiglio da padre nobile che ha perso almeno due quarti della sua nobiltà. Quello di cui ha bisogno il segretario del Pd per sopravvivere alla guerra interna capeggiata dall’area riformista che la vuole deporre è esattamente il contrario di quanto le abbia consigliato il mortadella. Un bagno di voti, un secondo suffragio popolare che metta la parola fine ai dubbi sull’esito delle primarie e la incoroni vox populi a capo della sinistra, piaccia o no a Bonaccini e ai suoi congiurati.

Questa manfrina sul seggio da abbandonare è una scemenza cosmica. Soprattutto per Elly Schlein che in Parlamento europeo c’è già stata, che era vice presidente della Regione Lombardia e se n’è venuta a Roma fregandosene altamente del mandato che aveva ricevuto. Una certa dose di ipocrisia politica salva la vita, ma la sinistra ha abbondantemente superato la misura di sicurezza. Hanno capito anche i sassi che questi consigli non richiesti al leader casuale, nel senso che fortunatamente non è stato deciso dal solito conclave democratico che ha fatto il bello e cattivo tempo dal 2007 salvo mai vincere le elezioni, segnerebbe la fine politica di Elly prima ancora che il suo percorso possa cominciare.
Arrivo a dire che Schlein dovrebbe candidarsi anche contro il parere del Pd, contro il simbolo del Pd se fosse necessario per affermare che quel popolo progressista alle primarie si è svegliato la mattina e ha votato lei contro Bonaccini vuole vederla in cima a quella lista. E ha la cultura politica e la storia partitica sufficiente per decifrare quale segnale un segretario nazionale voglia dare mettendosi in lizza, per aumentare il peso elettorale di un partito che si gioca la propria sopravvivenza in Italia e che può cambiare le sorti della prossima Commissione europea.

Giorgia Meloni non ha ancora sciolto le riserve, ma vuole correre in prima persona perché ha capito, dopo il disastro dei governi tecnici e anche dei governi politici che non sono passati per le urne, che solo il popolo ti dà la forza che serve per affermare la guida dell’opposizione, già troppo frammentata dai giochi di Palazzo e dalle aspettative personali. Il conclave di Gubbio segna uno dei momenti più bassi del Pd. Fare melina, fingere di pensare per rendersi soggetto decisionale è un percorso che gli elettori democratici hanno consegnato nelle mani di Schlein contro ogni pronostico significa essere arroganti, non democratici. Significa essere generatori di veti, non di dibattiti. Elly non ascolti i suoi corvi, ma parli come fece alle primarie al suo popolo. Chi ancora crede in un Pd capace di superare questa classe dirigente vecchia, stantia e compromessa che ha portato la sinistra ai minimi termini elettorali e lontana da ogni possibilità di vittoria, vuole leggere Schlein sotto il simbolo del Pd alle elezioni europee. Il resto è politologia, gioco di Palazzo, trappola elettorale.


Torna alle notizie in home