L'identità: Storie, volti e voci al femminile Poltrone Rosse



Attualità

Intervista a Paolo Itri: separazione delle carriere e giustizia efficace

di Anna Tortora -


Il sostituto procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Paolo Itri spiega come la separazione delle carriere rafforzi autonomia e trasparenza della magistratura.
In questa intervista, Paolo Itri affronta il tema della separazione delle carriere nella magistratura italiana, analizzando gli effetti su autonomia, trasparenza e specializzazione dei magistrati. Con un focus sulle indagini complesse e sulla lotta alla criminalità organizzata, racconta anche come la riforma possa rafforzare l’efficienza del sistema giudiziario e la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.

In che modo la separazione delle carriere rafforza concretamente l’autonomia e l’imparzialità dei magistrati?

“Credo che la riforma rafforzerà l’autonomia della Magistratura sotto diversi aspetti, sia dal punto di vista ordinamentale che quello strettamente processuale. Innanzitutto, la istituzione di due distinti Consigli Superiori – uno per i pubblici ministeri e uno per i giudici – in quanto autonomi e indipendenti l’uno dall’altro, costituirà un decisivo elemento di interdizione del fenomeno del correntismo. Il potere dell’ANM ne uscirà di fatto ridimensionato, in quanto è prevedibile che la separazione delle carriere ostacolerà gli accordi spartitori delle correnti, sia in sede di nomine degli uffici direttivi che in sede di valutazioni di professionalità, aumentando il tasso di autonomia interna della magistratura.

Questo farà sì che anche i singoli magistrati si sentiranno meno condizionati dagli orientamenti ideologici delle correnti, curando maggiormente la qualità delle loro decisioni. Il sorteggio dei componenti togati dei due CSM, inoltre, reciderà il rapporto tra l’elettore e l’eletto, rendendo più trasparenti le nomine dei capi degli uffici giudiziari, che pertanto si baseranno su criteri meritocratici piuttosto che di appartenenza. In conclusione, il potere delle correnti di incidere sulle carriere dei magistrati – fattore che ha costituito finora un elemento di grave condizionamento dell’autonomia interna della magistratura – uscirà dalla riforma assai depotenziato. Sono tutti fattori che rafforzeranno concretamente l’autonomia e l’imparzialità dei giudici, sia rispetto alle correnti che allo stesso ufficio del pubblico ministero, rendendo le decisioni dei magistrati nel complesso più trasparenti e più libere da eventuali interferenze.”

Quali effetti positivi prevede sull’efficienza del sistema giudiziario e sulla percezione pubblica della magistratura, e come ritiene che questa riforma possa consolidare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni giudiziarie?

“L’efficienza del sistema giudiziario dipende da molteplici fattori di natura innanzitutto processuale, oltre che dalla quantità delle risorse umane e materiali messe in campo, ma ciò non può costituire un alibi per trascurare gli aspetti di natura ordinamentale interessati dalla riforma, che sicuramente possono incidere, ed incideranno, come ho già spiegato, sulla qualità delle decisioni sia dei giudici che dei magistrati del pubblico ministero. Io credo che con la separazione delle carriere e il sorteggio verranno meno talune opacità che il sistema delle correnti, fortemente ideologizzato, ha messo in evidenza, e che ha determinato, soprattutto a seguito dello scandalo Palamara, lo scadimento della fiducia dei cittadini verso l’Istituzione della Magistratura, che viene oggi sempre più vista come una corporazione piuttosto che un Ordine autonomo e indipendente al servizio della comunità.”

Quali vantaggi immediati intravede nella gestione delle indagini complesse, come quelle antimafia o antiterrorismo, grazie a una netta distinzione tra ruoli di giudice e pubblico ministero?

“Il mestiere del pubblico ministero è profondamente diverso da quello del giudice, perché occorrono specifiche competenze in vari settori del sapere quali l’informatica, la medicina legale, la dattiloscopia, la grafologia, la psichiatria e la criminologia, che sono propri più dell’inquirente che del giurista. Senza contare che il coordinamento della polizia giudiziaria e l’attività d’impulso delle indagini richiedono particolari attitudini ed esperienza, oltre che, a volte, valutazioni di opportunità e di natura economica costi-benefici che sono, invece, estranee di principio alla cultura della giurisdizione intesa in senso stretto. Un conto è scrivere una sentenza, altro è effettuare una perquisizione, svolgere un sopralluogo sulla scena del delitto, oppure stabilire quante unità di polizia giudiziaria impiegare in una determinata indagine.

In tal senso la maggiore specializzazione, che deriverà dalla separazione delle carriere, consentirà, a mio avviso, una migliore qualità delle indagini, anche ma non solo in materia di criminalità organizzata. Senza contare che, come ho già detto, una volta liberati i processi decisionali dal giogo delle correnti, le stesse nomine dei Procuratori diverranno più trasparenti e saranno indirizzate da criteri più meritocratici. In altri termini, non dovrà più succedere quello che accadde a Giovanni Falcone, quando per il posto di Consigliere istruttore di Palermo gli fu preferito un magistrato meno esperto in materia di mafia, con il pretesto che quest’ultimo aveva “fatto la Resistenza”.

Considerando che la riforma entrerà in vigore solo dopo il referendum, quali strumenti o prassi crede possano garantire una transizione efficace, minimizzando criticità applicative e preservando coesione e integrità dell’ordinamento giudiziario?

“L’articolo 8 del progetto di riforma prevede che entro un anno le leggi sul Consiglio superiore della magistratura, sull’ordinamento giudiziario e sulla giurisdizione disciplinare verranno adeguate alle disposizioni della riforma, e che fino alla entrata in vigore di tali leggi continueranno a osservarsi le norme già vigenti. Spetterà quindi all’attuale Csm emanare le disposizioni attuative necessarie a governare il passaggio dall’attuale al futuro assetto ordinamentale.

E’ auspicabile pertanto che, in caso di vittoria del “sì” al referendum, il Consiglio metta a concorso tutti i posti scoperti, onde consentire ai giudici e ai magistrati legittimati di effettuare la loro definitiva scelta secondo la disciplina sui trasferimenti attualmente in vigore. Il tutto dovrebbe però avvenire sulla base di una fotografia dell’esistente, non essendo ipotizzabile che si consenta a tutti i magistrati in servizio l’esercizio di una incondizionata facoltà di scelta, cosa che determinerebbe una situazione di caos, con lo stravolgimento delle composizioni degli uffici giudiziari e il prevedibile esodo di centinaia di magistrati da un ufficio all’altro.”

Ritiene che la separazione delle carriere possa favorire anche la specializzazione dei magistrati e una maggiore responsabilizzazione nei rispettivi ruoli?

“Sicuramente sì. Come ho già detto, al di là di quelli che sono i risvolti politici, strategici ed ideologici della riforma, mi pare evidente che la separazione delle carriere determinerà un incremento del tasso di specializzazione delle diverse figure professionali della magistratura, con una conseguente maggiore responsabilizzazione dei rispettivi ruoli. E’ prevedibile che anche la giurisprudenza disciplinare cambierà in senso più rigoroso. Comunque, tutto sta a vedere quali saranno le direttrici lungo le quali si muoverà il legislatore nel ridisegnare le norme sull’ordinamento giudiziario e sulla giurisdizione disciplinare, anche alla luce della istituzione dell’Alta Corte di giustizia, competente ad esercitare la giurisdizione disciplinare nei riguardi dei magistrati sia giudicanti che requirenti”.

Nel suo libro, che affronta la lotta alla criminalità organizzata, come intreccia l’esperienza professionale con la riflessione teorico-giuridica, e quali insegnamenti ritiene più significativi per comprendere le sfide della magistratura nella repressione della camorra e delle mafie italiane?

“Nella mia prima opera “Il Monolite, storie di camorra di un giudice antimafia” (edizioni Piemme, 2019) ho riversato la mia ultratrentennale esperienza di pubblico ministero attraverso la ricostruzione storica di circa mezzo secolo di mafia e camorra.

Nel libro, i fatti vengono raccontati più in chiave autobiografica che processuale, rimanendo avulsi dai burocratici schematismi processuali: di fatto, mentre le sentenze restano agli atti, il valore della memoria travalica le aule di giustizia e si fa testimonianza per le generazioni a venire. Nel mio secondo libro “Sorella Morte” (Mondadori, 2025) ho cercato invece di conciliare mistero e verità attraverso un personaggio di fantasia, il giovane Riccardo Prosperi, che è uno studente liceale appassionato di rebus ed enigmistica.

Nel racconto, che si basa in parte su fatti realmente accaduti, il lettore viene precipitato in un allucinante trip attraverso gli insondabili meandri dell’animo umano, venendo infine salvato da un particolare codice di interpretazione della realtà, costituito dal ragionamento logico-deduttivo del giovane protagonista, che rappresenta il prototipo dell’investigatore: lucido, razionale e apparentemente pacato. Si tratta di due opere che sembrano affatto diverse, ma che sono in realtà ispirate da un comun denominatore: la ricerca della giustizia attraverso una testimonianza”.


Torna alle notizie in home