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James Senese se n’è andato: aveva 80 anni

Anima del Neapolitan Power negli anni '70. aveva suonato con Pino Daniele. Iconico al cinema con Troisi, Arena e i Manetti Bros

di Giovanni Vasso -


La musica è in lutto: è morto James Senese. L’artista, voce cuore e anima pulsante del Neapolitan Power, aveva 80 anni. Il decesso è stato reso noto questa mattina. Era ricoverato da tempo all’ospedale Cardarelli di Napoli, al reparto di Terapia intensiva, a causa di un’infezione polmonare che gli è stata fatale. Se ne va l’uomo, la sua musica resta. Senese è stato tra i grandi protagonisti della svolta napoletana iniziata alla fine degli anni ’60. Una rivoluzione vera che è iniziata con gli Showmen, il primo gruppo. Poi divenuti quella leggenda che si chiamò Napoli Centrale.

James Senese tra blues, rock e anima napoletana

James Senese era uno dei tanti figli della guerra, concepiti a Napoli dopo lo sbarco degli americani e nato quando già se ne erano andati. La sua storia col sassofono nasce subito, da ragazzino. A dodici anni, Senese aveva già iniziato a suonare. Da lì in poi non s’era mai fermato. Il primo sodalizio artistico fu con il cantante Mario Musella. Anche lui figlio della guerra. Suo padre non era afroamericano come quello di James, ma un nativo americano. Fondarono gli Showmen, prendendo il nome dalla marca dei megafoni. Fu un’esperienza che durò poco ma che finì per segnare la musica, anche quella italiana. All’inizio degli anni ’70, dopo la vittoria al Cantagiro con Un’ora sola ti vorrei nel ’68, il gruppo si sciolse. Musella tentò la carriera solistica. Elio D’Anna se ne andò a fondare gli Osanna. James Senese insieme all’amico di sempre Franco Del Prete prima rifondò gli Showmen 2 e poi ebbe l’intuizione che cambiò la sua carriera e la scena musicale napoletana di quegli anni: Napoli Centrale.

Una storia che torna

La scena musicale a Napoli non fu più la stessa. Cantava lui, non era solo al sassofono. Lo faceva in napoletano, “lingua madre”. E fu un (buon) consiglio che James Senese accettò da un discografico a cui presentò una versione di Campagna, che poi diventerà uno dei brani più iconici di Napoli Centrale, cantata in italiano. Così, però, perdeva mordente. Tutta un’altra musica, è proprio il caso di dirlo, col testo in lingua. Le collaborazioni intessute negli anni da Senese non si contano. Ma, su tutte, quella con Pino Daniele. Lui, così come Tullio De Piscopo, Tony Esposito e tanti altri artisti della scena partenopea, furono la benzina al motore, potente, che rombava nella voce gentile e arruffata di Daniele. Portandolo al successo.

“Mo’ te scasso ‘o sassofono ‘nfaccia”

James Senese non scese mai a grandi compromessi con il mondo della musica mainstream. Ciò, però, non gli ha impedito di diventare, a suo modo, un’icona napoletana. Grinta, passione indomabile. Che gli consentì pure di finire al cinema. Fece un cameo ne Zora la Vampira, film dei Manetti Bros del 2000, in cui appaiono, tra gli altri, anche Carlo Verdone (che fu pure tra i produttori della pellicola), Ivo Garrani, Valerio Mastandrea, la mitica Selen e una giovanissima Micaela Ramazzotti insieme a buona parte dell’allora scena musicale underground romana. Ma iIl ritratto di Senese è stato scolpito nell’immaginario collettivo, non solo a Napoli e in Campania, dal successo, di ritorno, del film “No, grazie il caffè mi rende nervoso”. Soggetto di Massimo Troisi, con protagonista Lello Arena, giornalista scombiccherato de Il Mattino, che ottiene da Senese (e dalla collega Lisa Sole interpretata da Maddalena Crippa) un’intervista sul palco del nuovo festival che dovrebbe “rottamare” la Napoli classica di sole, pizza e mandolino. “Mo’ te scasso ‘o sassofono ‘nfaccia”, è una delle frasi cult pronunciate da Senese a cui le domande di Arena, che non si accorge dell’impronta femminista delle domande passategli dalla collega, sembrano una presa in giro. “A te t’ piace ‘a musica o ‘o fumo?”, gli sbatte in faccia Senese. Ecco, forse questo è stato il suo manifesto e il suo lascito più grande: meglio la musica che gli effetti speciali, tutto il contorno che, troppo spesso, sovrasta una mediocrità di fondo che diventa insopportabile e che, come gli farà cantare qualche anno dopo, lo renderà “Incazzato nero” anzi, “Ingazzate nir“.  


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