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La beffa delle liste d’attesa. Ti visitano dopo morto

di Ivano Tolettini -


A Verona si può attendere due anni e quattro mesi per una visita cardiologica che da impegnativa medica bisognerebbe svolgere in un mese. In libera professione si aspettano nove giorni, ma con ticket di 170 euro. Inevitabili le proteste. “È più facile prenotare certe visite a Reggio Emilia, dove a volte mi reco, per non dire a Modena o Bologna, che non a Verona, dove le chiamate ai Cup per le prenotazioni sono quasi impossibili. Una situazione davvero imbarazzante, direi scandalosa, per la tanto decantata sanità veneta”. Vincenzo, 65 anni, di Verona, affetto da una artrite reumatoide cronica, fotografa una situazione allarmante in molte strutture del Veneto. Non a caso lo scorso 1 marzo per le liste d’attesa infinite e i pazienti costretti a rivolgersi ai privati, il Codacons veneto ha annunciato una battaglia legale: “Le Als rimborsino i pazienti”.

LOMBARDIA

Ma anche in Lombardia il quadro per le liste d’attesa è preoccupante, tanto da far dire all’assessore regionale del Welfare, Guido Bertolaso, che “in questa regione ogni realtà sanitaria gode di un’eccessiva autonomia” e che sono stati assegnati 43 milioni di euro per limitarle. La delibera è stata approvata all’inizio di aprile dalla giunta Fontana: 25 milioni saranno destinati alle strutture sanitarie pubbliche, mentre i rimanenti 18 milioni serviranno per i privati. E i prossimi 11 e 18 maggio l’assessore Bertolaso su liste d’attesa e medicina territoriale informerà la Commissione sanità, per valutare anche gli obiettivi previsti dalla cosiddetta “missione 6” Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che ha come obiettivo il miglioramento del Sistema Sanitario Nazionale delle strutture anche a livello digitale e inclusivo, garantire equità di accesso alle cure, dunque abbattere le liste d’attesa, rafforzare la prevenzione e i servizi sul territorio promuovendo la ricerca. Questo vale su tutto il territorio della Repubblica.

BERTOLASO E LA SQUADRA

Le tante lettere di protesta e le telefonate agli Uffici relazioni con il pubblico (Urp) e ai Centri unici di prenotazione hanno indotto Bertolaso ad alcune affermazioni che lasciano il segno. “Qui non si parla di autonomia, ma di autarchia”, afferma l’assessore al Consiglio regionale sottolineando che “in questa regione ogni realtà sanitaria gode di un’eccessiva autonomia”. Di seguito Bertolaso analizza che “l’assessorato al Welfare ha sempre dato indicazioni, ma ogni realtà ha agito in modo assolutamente autonomo”. Questo, a suo dire, si è riflesso a volte anche nella qualità del servizio. Tanto da fargli dire che il suo obiettivo è quello di favorire “un gioco di squadra” perché vanno sfruttate “tutte le eccellenze per aiutare la struttura più in difficoltà: ci sono alcune aziende sanitarie che non condividono tutte le loro agende con il call center e le altre strutture, cosicché alcune le condividono al 90% e altre al 40%”. Il risultato è un gioco di squadra che va migliorato perché “individualmente tutti sono molto bravi, ma sapete bene che la squadra non si fa con undici campioni, ma anche con gente che è disposta a passare la palla”, ribadisce ricorrendo alla similitudine calcistica. Ecco perché il presidente Fontana ricorda che le Agenzie di tutela della salute (Ats), che sono preposte all’attuazione del programma socio-sanitario regionale e all’erogazione dei servizi sanitari tramite soggetti pubblici e privati, potranno individuare ulteriori prestazioni di specialistica ambulatoriale per essere migliorate, vincolando quote di budget all’erogazione di queste prestazioni. Resta il fatto che i malumori per le liste d’attesa in diverse strutture sanitarie lombarde sono forti e sono in arrivo nuove misure e controlli per indurre strutture pubbliche e private ad aumentare la diagnostica, rilanciando la medicina territoriale e tamponando la crisi organici. Questo spiega perché il sindacato lombardo dei medici Anaao sottolinea che servono fondi e assunzioni per ovviare alle obiettive carenze.

VERONA

Per dire qual è il livello di sopportazione dei veronesi sui nodi della sanità, domenica scorsa il quotidiano L’Arena ha titolato in prima pagina di taglio centrale “Liste d’attesa, caso Verona”, affidando alla cronista Camilla Ferro un articolato approfondimento per dare parola a chi non ne può più, giustamente, quando si sente rispondere che per una colonoscopia deve attendere un anno e per una visita cardiologica fino al 2025. Così il paziente è costretto a rivolgersi, inevitabilmente, alla struttura privata. Il governatore Luca Zaia sul punto a febbraio, con l’assessora alla Sanità, Manuela Lanzarin, osservava che “sono state eseguite l’83% delle 450 mila prestazioni sospese a causa del Covid”. Quindi spiegava che “siamo in presenza di un aumento di richieste di prestazioni”. Che il dg dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona, Calisto Bravi, così dipinge: “Troppe le visite prescritte senza una reale necessità”. Vuol dire che i medici di base esagerano? O è la spiegazione più facile a fronte di limiti organizzativi, condita dalla carenza di medici?

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