Esteri

La Cina fa la voce grossa con l’Australia e bacchetta la Ue per le sanzioni contro la Russia

di Adolfo Spezzaferro -


Il gigante asiatico punta ai negoziati tra Mosca e Kiev. E intanto minaccia Canberra

La Cina torna a puntare il dito contro la Ue per le sanzioni contro la Russia, mettendo in guardia dai contraccolpi su scala globale che tale guerra commerciale sta causando sul fronte energetico e alimentare. Al contempo Pechino fa la voce grossa nel Pacifico, avvertendo l’Australia di agire con prudenza. Insomma, il gigante asiatico, se sul fronte del conflitto in Ucraina resta come sempre equidistante, al contrario assume toni minacciosi verso chi osa mettere a rischio la sicurezza nazionale. In tutto questo, è evidente che il ruolo assunto dagli Stati Uniti sia sul fronte dell’embargo contro la Russia che sul fronte dell’Indo-Pacifico, dove cerca di isolare in qualche modo la Cina, non gioca a favore di una stabilità in quest’area. Così come la linea dura dell’amministrazione Biden contro la Russia non è conciliabile con la posizione di Pechino, che invece punta a negoziati immediati tra Mosca e Kiev. A tal proposito, appare molto difficile arrivare alla pace in Ucraina senza un accordo tra Usa e Cina. Intesa che allo stato attuale è quasi impossibile.

Intanto, il portavoce del ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian avverte l’Ue che le sanzioni contro Mosca “non sono un modo corretto per risolvere la crisi in Ucraina”. Il diplomatico fa presente che “con l’escalation e la continuazione delle sanzioni, i cittadini europei potrebbero dover sopportare un prezzo maggiore e il mondo dovrà affrontare sfide più grandi, come la crisi energetica e alimentare”. Ecco perché la Cina preferisce sostenere l’Ue “nel ruolo attivo a favore di pace, colloqui e costruzione di un quadro di sicurezza europeo equilibrato, efficace e sostenibile”. Tutto il contrario di quello che sta facendo Bruxelles, insomma, visto e considerato il continuo, crescente invio di armi a Kiev (peraltro sempre più potenti).

 Sul fronte del Pacifico invece, Pechino invita caldamente l’Australia ad “agire con prudenza” in risposta alle accuse di Canberra secondo cui un jet militare cinese avrebbe intercettato pericolosamente uno dei suoi aerei spia sul mar Cinese meridionale. “La Cina ha detto che non avrebbe mai permesso ad alcun Paese di violare la sua sovranità e la sua sicurezza col pretesto della libertà di navigazione”. Così Zhao, “esortando ancora una volta l’Australia a rispettare i suoi interessi di sicurezza nazionale, ad agire e a parlare con prudenza per evitare che si verifichi un errore di calcolo che si traduca in gravi conseguenze”.

Ma cosa è successo nei cieli del Mar Cinese? Un caccia cinese ha intercettato un aereo spia australiano e a distanza molto ravvicinata ha rilasciato sulla propria scia una nuvola di strisce di alluminio. Si tratta di una contromisura elettronica difensiva solitamente impiegata per formare falsi bersagli e confondere missili antiaerei guidati. Le strisce di alluminio però sono state pericolosamente assorbite dai reattori del velivolo radar marittimo Boeing P-8 Poseidon australiano. Con questa manovra – giudicata molto pericolosa dal governo australiano – il caccia cinese ha costretto l’aereo spia di Canberra a fare ritorno alla base. Tuttavia Pechino dal canto suo respinge le accuse di Canberra. Il portavoce del ministero degli Esteri Zhao sottolinea che l’esercito cinese ha sempre condotto operazioni in “modo sicuro, standard e professionale” in linea con il diritto internazionale.


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