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PRIMA PAGINA – La corsa a ostacoli di Giorgia alle Europee

di Domenico Pecile -


L’attesa è grande. Dentro e fuori la maggioranza. In Italia, ma anche in Europa. Superata la sindrome otolitica che le ha impedito di parlare a ridosso del Capodanno, la conferenza stampa di fine anno del premier si terrà domani. Attesa grande, si diceva, perché il piatto politico che Giorgia Meloni ammannirà sarà ricolmo di dati, scadenze, polemiche e nodi. Tante questioni aperte per altrettante sfide. Una più complessa dell’altra. A cominciare dalla necessità di ricucire con i principali partner europei lo strappo dopo il niet al Mes, uno scoglio che va a complicare la corsa per le Europee non soltanto per FdI che si candida a diventare il perno del Gruppo dei Conservatori e dei Riformisti europei, ma per la stessa Meloni che non ha ancora sciolto i dubbi se candidarsi o meno come capolista in tutte le circoscrizioni come a suo tempo fece Silvio Berlusconi.

Luca Ciriani, ministro per i rapporti con il Parlamento, se lo augura e con lui tutto il partito, consapevoli che “Stiamo chiedendo un sacrificio, ma deciderà lei”. L’interessata prende tempo. Ma la tentazione è grande perché sa che, come avvenne per Renzi prima e Salvini poi, l’effetto-Meloni potrebbe catapultare il suo partito oltre la soglia del 30%. Per ora, tuttavia, il premier punta a rafforzare la sua immagine europea e internazionale alla luce del fatto che quest’anno toccherà proprio a lei la presidenza del G7 con, sullo sfondo, le due guerre in atto il cui esito resta da decifrare. E per non fare errori strategici, il premier è consapevole che allo stato attuale e vista la posta in palio non può anticipare quale sarà la partita che intende giocare per Bruxelles. Per ora non sembra essere lusingata dalle sirene leghiste che la vorrebbero decisa a spostare il baricentro verso la destra o l’estrema destra.

Alle fughe in avanti di Salvini, Meloni antepone concretezza e realpolitik. Perché oltre alla scommessa-europee, ci sono questioni aperte molto più urgenti, come la crisi economica che gli ammortizzatori della Finanziaria possono solo in parte lenire. Sì, sarà una conferenza stampa che dirà molto sulle sfide che attendono il governo. Ma più che i giornalisti, Meloni sa che il vero scontro sarà con le opposizioni, la cui agenda politica se da una parte resta ancora povera di proposte e di un vero disegno alternativo, dall’altro sono intenzionate a cavalcare i troppi scivoloni della maggioranza dettati da inesperienza, esuberanza, superficialità, ma anche supponenza. I due ultimi “incidenti” – l’inchiesta della procura di Roma sugli appalti Anas che vede coinvolti il padre Denis e il figlio Tommaso e il caso del deputato di FdI Emanuele Pozzolo dalla cui pistola è partito un colpo che ha ferito nella notte di Capodanno il genero di un uomo della scorta del sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro – hanno avuto due effetti immediati: innervosire Giorgia Meloni e ringalluzzire le opposizioni.

Conte e Schlein in primis chiedono che il ministro Salvini riferisca in Parlamento, visto che è legato sentimentalmente con la figlia di Denis Verdini, mentre per il caso-Pozzolo (già coinvolto nella vicenda delle informazioni sensibili riguardanti l’anarchico Cospito) chiedono le dimissioni. Anche se FdI sostiene che il caso-Pozzolo non abbia rilevanza politica e che i fatti contestati ai Verdini sono antecedenti all’attuale governo, fonti bene informate assicurato che Meoni in questo momento aveva bisogno di tutto fuorché di questi due nuovi grattacapi tutti interna alla maggioranza. Ma nonostante questo, il duello a distanza con Conte e Schlein depone per adesso a suo favore in virtù della frattura tra i due leader dell’opposizione, riesplosa dopo il no al Mes dei 5S. Ma la diaspora a sinistra riguarda anche la lotta per la leadership. Conte sogna il sorpasso alle europee, cosa che lo porrebbe in posizione di forza rispetto al Pd, costretto per ora anche a rinunciare al campo largo.


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