Esteri

IN GIUSTIZIA – La Corte penale internazionale tra sovranità e democrazia

di Francesco Da Riva Grechi -


Il Procuratore della Corte penale internazionale Karim Ahmad Khan ha chiesto l’arresto di Benjamin Netanyahu, primo ministro dello stato di Israele democraticamente eletto, del ministro della Difesa Gallant e dei vertici di Hamas, Sinwar, Al Masri e Haniyeh. Nelle prossime settimane o mesi la Corte deciderà se accogliere o meno la richiesta.
Nel primo caso ci sarà evidentemente un processo penale internazionale a carico dei sopraddetti con una possibile condanna a pene restrittive delle libertà personale. La Corte ha sede all’Aja ed è stata istituita con lo Statuto di Roma. In data 11 aprile 2002, nella sede delle Nazioni Unite a New York, è stata ufficialmente celebrata l’intervenuta sessantesima ratifica dello Statuto. In conformità dello Statuto, il trattato è pertanto entrato in vigore il 1° luglio 2002. Presidente della Commissione che ne elaborò il testo era l’insigne giurista italiano Giovanni Conso. Ciò premesso, non sembra condivisibile l’iniziativa del procuratore Ahmad Kahn per una serie di ragioni. Anzitutto la comunità degli stati occidentali quasi all’unanimità ha censurato la sostanziale equiparazione dello Stato di Israele e della milizia terrorista che ha rivendicato con orgoglio e sadismo il brutale attentato del 7 ottobre. In secondo luogo per un motivo per così dire di sensibilità giuridica e politica insieme perché la Corte è un istituzione giovane e con un ordinamento ancora immaturo, soprattutto dal punto di vista procedurale e un’iniziativa così divisiva con la guerra ancora in corso, non ha alcuna possibilità di fermare le ostilità, sia perchè Israele non ha affatto aderito, sia perchè non è stata svolta nessuna indagine, né istruttoria, nè, tanto meno, sul campo.
L’iniziativa di Kahn, quindi, può solo trascinare tutta l’istituzione nel discredito e nella sfiducia. Al riguardo pesa come un macigno, come si legge su AdnKronos, che la mossa del procuratore, sia stata definita “oltraggiosa” dal presidente americano, e quindi che avrà come unico risultato di rendere ancora più settario e inefficace il diritto penale internazionale. Inaccettabile infatti è metter sullo stesso piano un primo ministro sovrano di una nazione democratica e con libero dibattito interno proprio sulla giustizia sulla quale si esprimono liberamente sia il parlamento sia la popolazione che partecipano democraticamente alla politica nazionale e una serie di leader che agiscono solo attraverso operazioni militari terroristiche, violente e ostili a qualsiasi iniziativa diplomatica. Nè è da dimenticare, come già scritto su queste colonne, che l’infame iniziativa del 7 ottobre scorso ha incenerito per anni e anni il processo di pace innescato con i cc.dd. “accordi di Abramo” e che era avviato alla conclusione di innovativi trattati di pace e collaborazione tra Israele da un lato, ed importanti stati arabi, dall’altro. Infine, un motivo di stretto diritto, che si ricava dal primo dei 128 articoli della Statuto di Roma, che attribuisce alla Corte un potere giurisdizionale sulle persone fisiche per i più gravi crimini di portata internazionale, complementare alle giurisdizioni penali nazionali. Chiaro è che anche per questa via non può essere la stessa cosa relazionarsi con la giurisdizione penale d’Israele e con quella di Hamas, che anche in Palestina si legittima solo con l’uso delle armi.


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