Politica

La diaspora dei riformisti e lo strappo (a metà) di Rosato

di Edoardo Sirignano -


La diaspora dei riformisti e lo strappo (a metà) di Rosato

di EDOARDO SIRIGNANO

La scissione dell’atomo. Così può essere definito il processo di disintegrazione che riguarda quel che resta del centro. Se i sondaggi dicono che il progetto moderato non decolla, ognuno prova ad occupare le macerie della grande casa riformista. L’ultima manovra di palazzo riguarda Ettore Rosato. L’ormai ex esponente di Italia Viva non scioglie ancora le riserve sul futuro (probabilmente perché vuole provare un ultimo tentativo per entrare nelle grazie di Giorgia), ma nei fatti è da tempo fuori dal progetto di Matteo e al lavoro per qualcos’altro.

Secondo voci di corridoio, l’ex vicepresidente della Camera, in una chat, avrebbe già salutato. Non a caso lo stesso giglio, quando ha dato il benvenuto alle nuove arrivate Isabella Del Monte, Anita Pili e Arianna Viscogliosi, ha scaricato chi da tempo non è un suo pupillo. Una scelta che ha costretto il triestino a uscire allo scoperto e passare al contrattacco. Rosato, sulla Stampa, parla di dittatura fiorentina: “Renzi caccia chi non è d’accordo con lui”. Secondo i fedelissimi della Paita, Ettorone Rosato, invece, avrebbe lasciato perché nell’ultimo giro di cariche non gli sarebbe stato dato nulla. Stessa ragione per cui Elena Bonetti, ex ministra per le Pari Opportunità, avrebbe scaricato coloro che l’avevano sponsorizzata a Palazzo Chigi.

Entrambi starebbero lavorando a un’associazione da affiancare ad Azione, che ha bisogno di un contenitore per attrarre nuove energie. Non a caso Rosato, nell’ultimo convegno organizzato da Fidapa Campidoglio su un tema importante e a lui sempre caro preferisce ha preferito non farsi vedere al fianco dell’amica, così come la “fuggitiva” Bonetti non ha voluto rilasciare dichiarazioni politiche ai nostri taccuini. I soliti impegni inventati da chi non sa cosa dire e ottemperati dalla sventurata collaboratrice, che lascia l’ormai preistorico biglietto da visita. La verità è che un nuovo cantiere deve essere nascosto, soprattutto se si scimmiotta l’avversario. Stiamo parlando, d’altronde, di un modello quasi fotocopia di quello pensato da Renzi per accogliere i delusi dal Pd. I vari movimenti guidati da Giuseppe Fioroni e Andrea Marcucci tutti sanno che devono trasmettere un messaggio comune: dimostrare che Italia è ancora Viva e non morta.

La verità, invece, è un’altra. Il centro non si muoverà fino alle europee, unico banco di prova per Schlein. Se la segretaria manterrà, quel che resta di Base Riformista abbandonerà il partito. Se, invece, come dicono i sondaggi, Elly dovesse andare peggio di Letta, Franceschini, Boccia e Dc vari diranno ai compagni che “hanno avuto la loro possibilità e devono farsi da parte per recuperare la minoranza e iniziare così un nuovo ciclo”.

Un piano, venuto alla luce del sole, grazie a un messaggio di Lorenzo Guerini su un gruppo WhatsApp. Quest’ultimo avrebbe dato una sorta di out to out a chi occupa il Nazareno, lasciando trapelare di non condividere nulla dal congresso in poi. Col suo passato non può trovarsi con chi vuole farsi dettare l’agenda da Landini e superare i paletti su cui il buon cattolico deve fermarsi. Qui non c’è segno della croce che tenga. Un malessere avvertito da tempo da diversi big dem vicini all’ex ministro della Difesa. Un esempio è Piero De Luca, il quale sta giocando una partita sia per il suo avvenire che per il terzo mandato del padre in Campania. Altro nome in contrasto la solita Simona Malpezzi, che dopo essere stata declassata da capogruppo non ama fare una vita da semplice soldato. Medesimo ragionamento vale per Alessandro Alfieri e Nicola Irto. C’è, insomma, chi è in cerca di un peso. Il problema è che diversi ribelli, come nel caso dei pugliesi, rappresentati dal sindaco di Bari Antonio Decaro, non intendono muoversi prima delle elezioni. Prima di sparare il fuoco e iniziare una guerra, meglio assicurarsi una poltrona sicura a Bruxelles. La certezza è che la guerra ci sarà, ma solo dopo la resa dei conti continentale. Tutti vogliono far cuocere il polpo Schlein con la sua acqua.

Detto ciò, non bisogna escludere grandi manovre dettate dall’alto. Gli stessi Renzi e Calenda, a parte i soliti battibecchi per non restare nell’anonimato, non possono star fermi al richiamo di Macron. Non è detto che non possano ancora mettere da parte le armi e collaborare per un fine unico. Politicamente parlando, manca una vita alla primavera. Ogni dissidio è recuperabile, a maggior ragione se si vuole creare un modello Meloni in formato Bruxelles. L’unica mossa possibile per le varie pedine è dimostrare la loro esistenza, in attesa che arrivino tempi migliori.


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