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La Duma nel mirino di Biden Viene abbuiata su Youtube

di Redazione -


Le sanzioni statunitensi sui prodotti russi si stanno estendendo al mondo dell’informazione, come della cultura e del confronto d’idee. Infatti è scoccata anche l’ora della damnatio memoriae, ovvero viene oscurata la stessa immagine della Russia. Così la guerra tra Russia ed Usa si sta combattendo anche sul web, e in tutto il pianeta, anche se il confronto armato e tradizionale è in corso solo in Ucraina. Così Google, braccio informatico del Pentagono, ha bloccato il canale YouTube del Parlamento russo. Il Servizio federale russo per la supervisione delle comunicazioni, dell’informatica e dei mass media (Roskomnadzor , RKN) ha già chiesto alla Google LLC (sede negli Stati Uniti, proprietaria del servizio YouTube) di ripristinare immediatamente l’accesso al canale web di “Duma TV”. L’ufficio stampa della Duma precisa che “Google ha bloccato il canale YouTube Duma TV: Aveva più di 145.000 abbonati ed i nostri video hanno ricevuto oltre 100 milioni di visualizzazioni in totale”. In pratica il colosso americano della rete ha chiuso il canale televisivo della camera bassa del Parlamento russo, che pubblicava commenti esclusivi dei deputati, nonché la trasmissione di sessioni plenarie: fino ad oggi le trasmissioni della Duma non erano state inserite nelle restrizioni che gli Usa avevano imposto alla Russia come ritorsione per l’invasione dell’Ucraina. Le autorità della Duma hanno comunque sostenuto di essere “preparate a questa situazione”, quindi hanno annunciato che le loro trasmissioni continueranno sulle piattaforme russe RuTube e VKontakte e sul canale di messaggistica di Telegram.
Roskomnadzor comunque chiede a Google di sbloccare l’account YouTube di Duma-TV, e di spiegare le ragioni della sua decisione di bloccarlo. L’agenzia Tass scrive: “Roskomnadzor ha chiesto alla Google LLC, con sede negli Stati Uniti, proprietaria del servizio YouTube, di ripristinare immediatamente l’accesso al canale YouTube ‘Duma TV’ della Duma russa, e di spiegare il motivo di tali restrizioni… il blocco del canale di Duma-TV impedisce il libero flusso di informazioni”.
Ma queste ritorsioni erano comunque prevedibili. Di fatto la rete è in mano agli Usa, che impongono le loro regole capestro anche alla vecchia Europa. Infatti lo scorso 8 febbraio scorso, mentre l’Europa si preparava a varare il “Digital Markets Act” ed “il Digital Services Act” per fermare lo strapotere delle Big Tech, a Bruxelles parlamento e commissione si sono visti recapitare una lettera spedita direttamente da Washington, e firmata dal Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti. “Queste norme non devono discriminare le aziende americane – dice l’amministrazione Biden -. Le restrizioni devono essere applicate anche ai concorrenti europei e stranieri delle società Usa”.
Le grandi piattaforme online sono legate a fil doppio con il governo Usa, ed hanno un potere che supera quello dei singoli stati mondiali. Soprattutto gli Usa usano i colossi della rete per influenzare il funzionamento delle democrazie. Un esempio su tutti: le primavere arabe venivano varate sul web. Quest’ultimo rappresenta anche l’ultimo strumento dell’egemonia statunitense sul mondo occidentale ed anche oltre. E, grazie alle Big Tech, gli Usa mantengono l’Europa in una condizione di dipendenza tecnologica, economica e politica. La stessa Federal Trade Commission, agenzia governativa Usa che dovrebbe far rispettare le leggi antitrust, di fatto chiude più d’un occhio sui molteplici interessi della politica americana che s’intrecciano con quelli dei colossi del web.
In questo periodo di guerra Usa-Russia, il web viene di fatto usato dai servizi di Washington per profilare i filorussi e gli antiamericani. Una lavoro che l’intelligence Usa svolge ininterrottamente dagli anni ’50 del passato secolo. Di fatto guerra fredda non s’è mai interrotta, s’era solo affievolita nel periodo Gorbaciov-Eltsin, ma con l’avvento di Putin gli Usa sono tornati a considerare la Russia come un nemico da ridimensionare, al pari di Cina, Iran, Cuba e Corea del Nord. E qualcuno fa notare che forse il vero obiettivo Usa, dopo Putin, sarebbe Xi Jinping, e perché il “gendarme del mondo” pare non voglia pagare i debiti contratti con la Cina.


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