La faida dell’Autonomia: i timori della Lega in sintonia col Pd
L’autonomia differenziata adesso passa al setaccio dei 557 emendamenti, un numero rilevante è stato presentato anche da parte di pezzi importanti della maggioranza di centrodestra, che i senatori hanno depositato in commissione “Affari Costituzionali” dopo l’audizione degli esperti. Ma la sostanza, al di là dei numeri, è quella indicata dal presidente della commissione, Alberto Balboni (nella foto) di Fratelli d’Italia, perché fissa l’orientamento del partito della premier Giorgia Meloni. Punto primo: la via maestra per l’individuazione dei Livelli essenziali delle prestazioni è il Parlamento con un provvedimento che abbia forza di legge e non con un decreto della presidenza del Consiglio dei ministri come ipotizzato dalla riforma Calderoli. Punto secondo: dev’essere sempre il Parlamento ad approvare le intese tra Stato e Regioni chiedendo, se del caso, modifiche, emendamenti e quanto è necessario. Punto terzo: l’autonomia differenziata deve avvenire con un processo gradualenon per materie, le famose 23 stabilite in Costituzione, ma per funzioni, che per il ministero per gli Affari regionali sono 500. Punto quarto: per legge dev’essere previsto che ci devono essere verifiche successive all’ottenimento della devoluzione per funzioni per valutare l’adempimento agli standard prefissati dei Lep. Punto quinto: per evitare l’esistenza di Regioni di serie A e di serie B deve essere trasferito anche a chi non chiede l’autonomia l’ulteriore devoluzione che comporta maggiori trasferimenti in rapporto alla spesa storica a carico dello Stato di determinate funzioni e questo dev’essere previsto per legge.
IL NOCCIOLO
Fratelli d’Italia ha depositato 27 emendamenti, di cui 8 sono concordati col ministro Calderoli, ma altri contemplano una sintonia con il Pd che insospettisce alcuni rappresentanti della Lega che temono che le spinte centralistiche di Fdi e Fi portino ad allungare i tempi della più importante riforma caldeggiata dai governatori del Carroccio, con Luca Zaia in testa. Tra l’altro, non sfugge che il primo punto toccato da Balboni è quello che aveva indotto i quattro grandi saggi di area centrosinistra (Giuliano Amato, Franco Bassanini, Alessandro Pajno e Franco Gallo) a rassegnare le dimissioni con la piccata lettera scritta al ministro Calderoli. Si tratta di quei dubbi di costituzionalità che l’attento senatore Balboni vuole disinnescare, sottolineando che per una riforma così strutturale per l’architettura statuale ci vorranno anni, dunque le cose vanno fatte per bene se si vuole portare in porto l’ambito risultato. Del resto, se è vero che le 557 richieste di modifiche per 604 pagine fanno impressione, è altrettanto evidente che gran parte delle 393 presentate da M5S e PD (rispettivamente 204 e 189) e le 99 di Alleanza Verdi Sinistra dovrebbero essere respinte. Gli emendamenti della Lega sono soltanto 2, mentre quelli targati FI 7. Così se la Lega vorrebbe accelerare, Fdi vuole andare con i piedi di piombo per far digerire ogni passaggio, soprattutto quelli più tecnici, in maniera tale che “l’autonomia differenziata eviti una volta a regime l’esistenza di Regioni di serie A e serie B”. Oltretutto il senatore leghista veronese Paolo Tosato, vicepresidente della commissione e relatore della legge Calderoli, spiega che “l’arrivo del testo in Senato per l’approvazione slitta a dopo l’estate”, quindi alla Camera si andrà con il nuovo anno. Ma se l’obiettivo di Pd e M5S è quello di bloccare la legge perché “spacca il Paese e crea altre diseguaglianze”, la maggioranza vuole varare l’autonomia con pragmatismo superando gli steccati ideologici. Ce la farà?
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