LA GRANDE ABBUFFATA
Rush finale per le nomine. Giorgia Meloni sprinta sugli amministratori delegati delle grandi aziende di Stato, a Lega e Forza Italia andranno le caselle dei presidenti dei consigli d’amministrazione. Ma la partita non si riduce a quattro-cinque aziende di Stato. Ci sono più di 107 imprese che attendono oltre seicento nuovi dirigenti. Al netto, si capisce, delle poltrone che verranno lasciate libere da eventuali spostamenti di manager e commis d’Ètat. Il centrodestra ha più di un margine di equilibrio e riequilibrio interno e, difatti, i leader della coalizione (leggi Matteo Salvini) sono impegnati a spegnere il fuoco delle polemiche e, soprattutto, a smorzare ogni polemica e ogni ricostruzione che restituirebbe il quadro di una maggioranza fratturata e litigiosa.
All’ultima curva
Il pressing di Meloni avrebbe sortito un primissimo effetto. Quello di riportare in pole position Roberto Cingolani per la successione all’ad uscente di Leonardo Alessandro Profumo. L’ex ministro alla transizione ecologica sarebbe a un passo dall’incarico. Avrebbe, così, superato la candidatura di Lorenzo Mariani, ex Unicredit e attuale Ceo di Mbda e, in misura minore, del presidente della Crui Ferruccio Resta. Non è un mistero che Cingolani sia profilo estremamente gradito all’ex premier Mario Draghi. E che Giorgia Meloni voglia mantenere un filo diretto istituzionale e di governo con l’ex capo della Bce. La nomina a Leonardo è di importanza capitale. Perché l’azienda è specializzata nella difesa, nella sicurezza e nell’aerospazio. E in Europa c’è una guerra in corso.
Il mosaico
Blindatissimo Claudio Descalzi, il governo sostiene con forza la candidatura a Enel di Stefano Donnarumma. Al punto che sembra imminente la nomina di Giuseppina Di Foggia a Ceo di Terna, ruolo che Donnarumma lascerebbe vacante passando a sostituire Francesco Starace. Per la presidenza di Enel, però, spunta un nome nuovo. La sorpresa è Alfredo Becchetti, notaio, in quota Lega. Paolo Scaroni, per Forza Italia, sarebbe a un passo dal presiedere il Consiglio di amministrazione di Poste, dove Matteo Del Fante verrebbe riconfermato nel ruolo di amministratore delegato. Poi andrebbe aperta la partita di Ferrovie, centralissima nei progetti del Pnrr e, last but not least, in quello del ponte sullo Stretto di Messina.
Nessuna tensione
Matteo Salvini ci ha tenuto a smentire ogni ricostruzione giornalistica legata a presunte tensioni sul dossier nomine. Da Udine, il capo della Lega ha spiegato di aver sentito più volte la premier e ha promesso che la questione sarebbe stata chiusa “in totale serenità”. Il capogruppo leghista alla Camera, Riccardo Molinari, aveva spiegato a Radio 24 che “sarebbe bizzarro se fosse un solo partito a indicare nomi a discapito degli altri”. E aveva aggiunto: “Alla fine ne usciranno delle soluzioni equilibrate dove ogni gruppo potrà indicare dei nomi o comunque dare delle preferenze. Bisogna tenere conto che sono scelte da cui deriva il futuro di queste aziende che hanno un valore economico importante per il paese”. Il mondo non gira (solo) attorno a Eni, Enel, Leonardo e Poste.
L’agenda e le altre big
Da domani, il Mef dovrebbe iniziare a indicare consiglieri, amministratori delegati e presidenti alle società di cui detiene la maggioranza delle quote. Dopo Enav (e dopo la nomina di Pasqualino Monti come Ceo), toccherà ad Eni ed Enel (17 aprile presentazione dei nomi e 10 maggio previste le assemblee). I soci di Leonardo si riuniranno l’8 maggio così come quelli di Poste. L’elenco delle società che assisteranno ai cambi ai vertici è lungo. Tra queste, citando solo alcune tra quelle partecipate dal Mef, ci sono Amco, Consap, Consip, Equitalia Giustizia, Cinecittà, l’Istituto poligrafico e della zecca di Stato, Ita, Sogesid, Sogin. Su Sport e Salute, che pure andrà a scadenza, è già partito il braccio di ferro in vista del futuro. Con annesse polemiche.
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