Editoriale

La Lilliput democratica

di Tommaso Cerno -


La Lilliput democratica

DI TOMMASO CERNO

Come in una edizione Lilliput ormai la democrazia italiana produce effetti in miniatura dei grandi programmi ideologici che ripete. Lo sciopero generale, che poi tanto generale non è, e la precettazione che poi tanto precettazione non è, sono materia di uno scontro politico gigantesco. Ma in fondo nelle strade del Paese l’effetto sarà attutito. Sarà attutito da quel senso di minorità che ormai permea tutti i processi della Repubblica.

E non perché siamo un Paese incapace di sognare o incapace di arrabbiarsi, ma perché ormai il dibattito politico e la dialettica fra contrari ha sostituito la ragione. Ed ecco che scopriamo che un attentato alla Costituzione si compirebbe nel mettere delle regole allo sciopero. Senza ricordarci due cose: che lo sciopero è sancito dalla medesima Costituzione, la quale sancisce anche le regole. E senza ricordarci che la politica queste regole le ha messe molto tempo fa, e non c’era nessuna destra al governo che minava la Carta Costituzionale per quella che alcuni osservatori hanno definito addirittura una vendetta. Al governo c’era prima la Democrazia Cristiana, che come ci racconta l’ex ministro Giorgio Santuz, l’uomo che ha inventato la precettazione, esponente dello Scudo crociato, cattolico e moderato, uno dei grandi della corrente forza nuove, vicino a Ciriaco De Mita, aveva scelto di usare questo bastone quando aveva ritenuto che la mobilitazione sindacale andasse oltre l’interesse dei cittadini.

Che aveva subito messo una carota, la grande mediazione sociale che caratterizzò gli anni Settanta e Ottanta per poi lasciare in eredità proprio al centro-sinistra la necessità e volontà di porre dei limiti al diritto di protesta, non tanto sul piano della libertà di dire al governo ciò che si pensa di lui, quanto sul piano di non coinvolgere dei cittadini in qualcosa che non rappresenti un passo avanti del sistema sociale rispetto al sistema di potere, ma al contrario una grande ammuina democratica che alla fine fa un favore soltanto ai capi che la convocano. Non capisco bene la differenza in questa partita fra Maurizio Landini e Matteo Salvini.

A me sembrano esattamente la stessa cosa, mi sembrano due parti nella stessa commedia italiana, che nel dibattito estenuante tra giusto e sbagliato, fra bianco e nero, tra l’alto e il basso che ormai connota questo Paese, ci mostrano come la democrazia occidentale sia in crisi e abbia bisogno di qualche via d’uscita concettuale. Perché sospendere il lavoro o schierarsi col Governo a molti italiani sembra la stessa cosa. Non perché lo sia da un punto di vista etico ideale, ma perché la politica ogni tanto ha bisogno anche di pratica. E nella pratica non cambierà assolutamente nulla. Ecco perché parlo di Lilliput democratica.


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