Attualità

La mano morta di Joe Formaggio

di Ivano Tolettini -


Lo sceriffo de noialtri Joe Formaggio ama far parlare di sé. Nella buona come nella cattiva sorte. L’importante, questa è la sua filosofia, che se ne parli. Anche se in questa occasione ha esagerato. Fin da quand’era sindaco di Albettone, piccolo comune del Basso Vicentino al confine con la provincia di Padova, allorché si industriava per regalare un titolo ai cronisti che lo sfruculiavano e così alzare le sue quotazioni nella politica locale. Dalla battaglia per la legittima difesa, a tutela del benzinaio Graziano Stacchio che aveva ucciso con una fucilata un bandito durante un assalto a una oreficeria, alla rivendicazione di esporre il busto di Benito Mussolini. A forza di spararle grosse, si è beccato anche una condanna per istigazione all’odio razziale. Ma stavolta il 45enne consigliere regionale di Fratelli d’Italia si è messo in fuorigioco. A “denunciarlo” di avere oltrepassato il limite dell’educazione e del galateo, in poche parole di averla palpeggiata, è la collega della Lega Milena Cecchetto, vicentina pure lei, amica di vecchia data, anche perché è stata sindaca per dieci anni del comune di Montecchio Maggiore, che lo accusa di averla molestata. Il fatto sarebbe avvenuto niente meno che alla buvette del palazzo della Regione, a Venezia, la vigilia della festa delle donne davanti ad altri consiglieri regionali. All’origine del caso un abbraccio un po’ troppo insistito con sospetto di annessa manomorta. Forse Joe avrà modo di approfondire il suo articolato punto di vista nell’assise radiofonica dove viene spesso invitato, La Zanzara, dove con Cruciani e Parenzo si diverte a recitare con astuzia il ruolo del politicamente scorretto. Ma siccome ad additarlo al ludibrio dell’opinione pubblica è stata una donna notoriamente forte, una che certo non si impressiona, Formaggio è stato subito sospeso dal suo partito. E da Zaia ai vertici della politica regionale, di qualsiasi colore, è partito un coro di genuina solidarietà a sostegno di Cecchetto per il comportamento inaccettabile del collega. “La verità è che quello che è successo non è stato certo goliardia, anche perché sono rimasta pietrificata”, spiega per una giornata ai cronisti la leghista dura e pura, ribadendo che se è rimasta impressionata pure lei, donna “strutturata”, la battaglia culturale contro ogni violenza di genere, anche di fronte ad episodi in un tempio istituzionale della politica, è ancora molto lunga. Joe Formaggio, per chi non conoscesse la sua biografia, è tutt’altro che uno sprovveduto, una persona rozza come potrebbe superficialmente apparire. Sposato e padre di tre figli, laureato in ingegneria, manager commerciale di alto profilo del colosso dell’acciaio Valbruna, uomo di fiducia degli Amenduni, nel fine settimana lo potete trovare anche nella trattoria di famiglia a servire ai tavoli con simpatica teatralità. Come quella volta che affisse sulla porta del ristorante, all’indomani del crac della Banca Popolare di Vicenza guidata dal vignaiolo Gianni Zonin, il seguente cartello: “Si avvisa la gentile clientela di non chiederci vini del gruppo Zonin perché non li vendiamo”. I paesani lo amano per la sua veracità al limite dell’autolesionismo, come in questa vicenda davvero poco edificante con la collega Cecchetto. Insomma, sulla carta è un uomo di spessore, ma ama fare il guascone per arruffianarsi l’opinione pubblica, perché un po’ ci fa e un po’ ci è, cui piace vellicare i sentimenti del veneto medio, con sparate contro zingari, gay e neri, e che non più tardi di un mese fa alla fiera delle armi a Verona si è fatto fotografare imbracciando una mitraglietta. “Mi scuso con la collega Milena Cecchetto se c’è stata qualche incomprensione verbale o un gesto male interpretato, respingo però ogni accusa di molestia fisica”, sottolinea Formaggio all’indomani che il caso è diventato di dominio pubblico e che si è meritato anche il Caffè di Massimo Gramellini sul Corriere della Sera. Ripetiamo, per lui questa volta sarà più complicato uscirne indenne sul piano politico perché da Roma è sceso in campo anche Giovanni Donzelli, che annuncia che il caso Formaggio finisce alla Commissione disciplina del partito. Del resto, la premier Giorgia Meloni non l’ha certa presa bene, perché sulla violenza di genere, di qualsiasi livello sia, ma a maggior ragione se in ambito istituzionale, non si scherza. Com’è giusto che sia. Al di là degli eventuali profili giudiziari che al momento non paiono profilarsi perché Cecchetto non avrebbe intenzione di passare dalla denuncia etico-politica a quella penale. “Certo stavolta è stato superato il segno, ed ho deciso di parlarne pubblicamente perché tutte le donne devono sempre segnalare ogni forma di violenza”, chiosa Cecchetto. Delusa e ancora arrabbiata.

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