La mucca Sprinzen simbolo di resistenza tra storia e predatori
In Alto Adige c’è una mucca che sembra portare sulle spalle il destino di un popolo e della sua terra. La Pustertaler Sprinzen, mantello bianco chiazzato di nero come un dalmata, muscoli solidi e carne marezzata, ha nutrito per secoli le famiglie di queste valli. Oggi è rimasta in poche centinaia di capi, ma il suo valore culturale supera i numeri. È l’animale che racconta la resilienza della gente di montagna, capace di resistere alle imposizioni della politica e, ora, alle paure di un ecosistema che cambia. La Sprinzen non è stata una mucca facile. Non dava latte in abbondanza come la Frisona, né garantiva produzioni standardizzate come voleva la zootecnia di regime. Nel 1929, poi, il fascismo decretò il suo divieto di allevamento: razza “non funzionale”, troppo legata a una tradizione locale, che mal si conciliava con l’idea di un’agricoltura nazionale uniforme. Eppure alcuni contadini della Val Badia e della Val Pusteria, sfidando leggi e controlli, continuarono a tenerne pochi capi, nascosti nelle stalle. Una forma di resistenza silenziosa: salvare la mucca significava salvare la propria identità.
I NOSTRI BAMBINI
“Per noi questi esemplari sono come bambini”, ricorda Elisabeth Niederkofler, che col marito Paul gestisce l’azienda agricola biologica di Castel Lamberto a Brunico. Senza quei pochi esemplari sopravvissuti di nascosto nel Ventennio, la Sprinzen sarebbe scomparsa. Negli anni Novanta ne restavano ancora poche centinaia. Oggi se ne contano tra i 600 e i 700 capi in tutto l’Alto Adige. Non sono numeri da zootecnia industriale, ma bastano a farne un simbolo, una razza riconosciuta come patrimonio genetico nazionale a rischio estinzione ma tutelata. La Sprinzen non garantisce guadagni rapidi. Richiede pascoli estensivi, cure costanti e la volontà di rispettare i ritmi lenti della montagna. “Non è una mucca da latte industriale – aggiunge Elisabeth -, i vitelli bevono dalla madre e il poco che resta non lo trasformiamo. Ma il valore è un altro: allevare la Sprinzen è un atto culturale, è tenere viva una storia”. Nei masi sopra Brunico, le famiglie si scambiano consigli tramite gruppi WhatsApp, si aiutano con i parti difficili, condividono piccoli successi e grandi timori. “Abbiamo iniziato con una sola vacca – ricorda un’altra allevatrice –. Mio fratello gestiva una malga e lì ho visto la prima Sprinzen, vent’anni fa. Era abbastanza rara che mi sembrava quasi un animale leggendario. Non l’abbiamo più lasciata”.
La minaccia dei lupi
Oggi però la sopravvivenza della Sprinzen si scontra con una nuova minaccia: il ritorno del lupo sulle Alpi. Dopo decenni di assenza, i branchi hanno ripopolato l’arco alpino, con predazioni crescenti che lasciano segni profondi sugli allevatori. “Quando trovi una pecora incinta con la pancia aperta, viva, questo è anche una bestia”, racconta con la voce spezzata Elisabeth. Il problema, dunque, non è solo economico: è psicologico, sociale, identitario. “Questo è stalking dei lupi – spiega Joseph, un altro allevatore –. Ti costringono a cambiare abitudini, a vivere nell’ansia, a non lasciare più i capi da soli al pascolo libero”. E allora ecco le mandrie custodite, le recinzioni elettrificate, i cani da guardia: misure costose e spesso inefficaci. Elisabeth ha scelto di puntare su questa razza non per convenienza economica, ma per convinzione culturale. “Per noi – racconta – era importante contribuire a rivitalizzare una razza che il fascismo aveva quasi cancellato. È un pezzo della nostra storia, della nostra identità. Oggi in tutta la Pusteria ci sono alcune centinaia di capi, ma sentirci parte di questa rinascita ci dà forza”. Eppure la minaccia del lupo incombe. “Quest’anno non le abbiamo mandate in alpeggio nel vicino Cadore come gli altri anni, le nostre mucche, per il pericolo dei lupi – spiega -. Eppure i lupi sono anche qui da noi, attorno a Brunico. Viviamo sempre con il timore che un giorno possano colpire. Non è giusto. Noi rispettiamo gli animali, ma anche noi siamo animali, e abbiamo diritto a difendere le nostre famiglie e il nostro lavoro”.
Un equilibrio fragile
La storia della Sprinzen oggi si muove su un crinale sottile. È sopravvissuta alla cancellazione politica, è rinata grazie alla tenacia dei contadini, ma rischia di soccombere a una natura che torna a reclamare spazi. Il dibattito è acceso: da una parte ambientalisti e animalisti che vedono nel lupo il simbolo della biodiversità, dall’altra chi alleva bestiame e vede minacciato il frutto di un lavoro faticoso. Nei prati sopra Brunico, però, le macchie bianche e nere della Sprinzen continuano a muoversi lente. Non sono solo vacche: sono testimoni di una resistenza. Una volta contro il regime che voleva uniformare, oggi contro i predatori che ridisegnano la montagna. “Il futuro è incerto – ammette Elisabeth Niederkofler -. Ma finché ci saranno famiglie disposte a considerarle come parte della loro vita, la Sprinzen continuerà a raccontare la nostra storia”.
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