La P2 non è morta: le nuove logge del potere invisibile
ROMA – A oltre quarant’anni dallo scioglimento della Loggia Propaganda Due, il nome P2 continua a evocare mistero, corruzione, trame oscure. Ma se quella sigla appartiene ormai alla storia, il metodo sembrerebbe ancora attivo, seppur sotto forme diverse e più difficili da individuare.
Secondo molti osservatori, il sistema creato da Licio Gelli non sarebbe mai stato davvero smantellato. Anzi, si sarebbe trasformato in una rete più sottile, meno gerarchica, ma ancora capace di condizionare dinamiche istituzionali, giudiziarie, economiche e mediatiche del Paese.
Si tratterebbe di una sorta di “loggia invisibile”, non più composta da elenchi di affiliati ma da relazioni trasversali tra professionisti, funzionari pubblici, esponenti del mondo politico, imprenditoriale e giudiziario. Un potere che non ha bisogno di rituali o grembiuli, ma si alimenta di incarichi fiduciari, fondazioni culturali, nomine strategiche e consulenze parallele.
Il sospetto – condiviso da più fonti investigative – è che alcune aree dello Stato siano oggi influenzate da gruppi informali di potere, capaci di orientare scelte pubbliche e politiche industriali. In alcuni casi si parla esplicitamente di ex appartenenti ai servizi segreti, ufficiali in pensione, consulenti di ministeri chiave o dirigenti collocati in società partecipate, tutti legati da relazioni consolidate e non sempre trasparenti.
La differenza principale rispetto alla P2 degli anni Ottanta sta nella struttura. Se la loggia di Gelli era centralizzata e formalizzata, quella odierna sarebbe più fluida, distribuita, quasi “liquida”. Non servono riunioni segrete o documenti cifrati: bastano contatti stabili, scambi di favori, accesso alle informazioni riservate e influenza sulle nomine.
Un sistema in grado di rigenerarsi sotto ogni governo dove personaggi chiave sembrano rimanere sempre gli stessi, pur cambiando casacca o incarico.
La vicenda dell’omicidio di Roberto Calvi, che coinvolse indirettamente membri della P2, resta un monito ancora attuale. Il connubio tra finanza, Vaticano, servizi segreti e criminalità organizzata non è mai stato del tutto chiarito.
Oggi, secondo fonti riservate, lo stesso modello di infiltrazione potrebbe riproporsi in nuove forme: nell’informatica, nella sanità, nella gestione del PNRR.
L’aspetto più inquietante, però, è il silenzio. Il disinteresse dei media mainstream verso questi intrecci lascia spazio solo al sospetto. Pochi giornalisti si avventurano in inchieste scomode. La parola “massoneria” è diventata tabù, salvo usi folkloristici o scandalistici. Eppure, lo Stato democratico si fonda su un principio semplice: chi prende decisioni pubbliche deve rispondere pubblicamente delle proprie azioni. Se invece il vero potere si sposta dietro le quinte, fuori dal controllo dei cittadini, allora il rischio è che la storia della P2 non sia finita. Semplicemente, abbia cambiato pelle.
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