Economia

La partecipazione e la terza via al salario giusto

di Giovanni Vasso -


C’è un’altra via per irrobustire le paghe dei lavoratori. Una strada che passa attraverso la responsabilità. È quella della partecipazione, la proposta che la Cisl ha lanciato a un governo che, culturalmente, dovrebbe essere molto sensibile al tema. Già, perché l’idea stessa di socialità a destra è dentro la partecipazione dei lavoratori agli utili delle imprese e alla loro stessa gestione.

Il documento che la Cisl ha spedito alla Camera è corredato da ben 400mila firme. E parte da uno dei tanti, troppi, “pezzi” di Costituzione che sono rimasti inattuati. In particolare, si tratta dell’articolo 46 che riconosce “ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro” e “in armonia con le esigenze della produzione”, “il diritto dei lavoratori a collaborare nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi alla gestione delle aziende”. Un punto che è rimasto lettera morta finora. Da un alto perché gli imprenditori, grandi e piccoli. non hanno mai voluto cedere nemmeno un millimetro di “sovranità aziendale”. Dall’altro perché al vecchio Pci l’idea di rinunciare alla lotta di classe tra padronato e proletariato non andava per niente giù. E mentre la Germania si ricostruiva e diventava una potenza mondiale attuando i principi divenuti caratteristici del capitalismo renano, in Italia si tornava all’era Giolitti.

Oggi, il sindacato cislino ha avanzato una proposta di legge che si snoda su 22 articoli che ambisce a rilanciare “uno sviluppo socialmente sostenibile, per favorire una svolta nell’economia del Paese, grazie a un diverso rapporto fra lavoratori e imprese pubbliche e private”. Insomma, per superare ciò che resta della lotta di classe nell’epoca della fabbrica post-fordista. Se passasse, non ci sarebbe alcun obbligo per le imprese a cambiare la loro governance. Ma una scelta del genere sarebbe importante per i lavoratori e consentirebbe agli imprenditori di alzare le paghe senza svenarsi. L’articolo 6 propone di ridistribuire gli utili aziendali ai dipendenti prevedendo un’imposta sostitutiva su questi redditi del 5%, va da sé, dentro un limite stabilito in 10mila euro annui lordi. Quello successivo istituisce lo strumento partecipativo declinato in piani di azionariato con l’attribuzione ai dipendenti, su base volontaria, “di strumenti finanziari per il possesso di capitale” dell’impresa presso cui sono impiegati. Più soldi da un lato, maggiori responsabilità dall’altro. Inoltre, la proposta Cisl prevede la possibilità di dedurre le spese per questi piani di partecipazione finanziaria fino a un massimo di 10mila euro annui a dipendenti. Contestualmente, le aziende che scegliessero di coinvolgere i lavoratori potrebbero usufruire di deduzioni analoghe con gli stessi limiti previsti per gli operai e impiegati oppure per l’intero valore delle azioni conferite ai dipendenti in caso di assegnazione gratuita.

Il sindacato cita gli esempi di grandi aziende italiane che hanno già deciso, autonomamente, di percorrere strade simili per rafforzare le credenziali della sua proposta. Da Piaggio fino a Luxottica, sono almeno una quarantina i gruppi industriali di dimensioni medie o grandi che hanno tentato un approccio alla via partecipativa. Ciascuna a modo suo, in assenza – per il momento – di una normativa che possa indicare quantomeno una via maestra.

Il segretario Cisl Luigi Sbarra punta molto su questa proposta di legge che, dando la possibilità di cambiare la governance coinvolgendo, in maniera sistematica, i dipendenti, potrebbe risolvere alcuni dei problemi più assillanti in materia di lavoro. “Cambia in positivo il nostro modello di sviluppo – spiega Sbarra -, perché consente di alzare retribuzioni e salari, di investire meglio sul tema della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, sulla qualità e stabilità del lavoro, sulla produttività e di far competere meglio le nostre aziende, frenando processi di pirateria industriale e di delocalizzazione”. Insomma, la strada è tracciata. L’Italia ha un serissimo problema che riguarda le retribuzioni. Come certificato dagli osservatori internazionali. È giunto il momento di riempire le tasche di chi lavora se si vuole riavviare l’economia. Lo hanno capito i banchieri che hanno sottoscritto un nuovo contratto nazionale che assicura, insieme ad aumenti importanti da 435 euro mensili, anche il taglio delle ore settimanali (37).


Torna alle notizie in home