Esteri

PRIMA PAGINA – L’America vuole Trump. Cosa cambia per l’Europa

di Martina Melli -


Una vittoria schiacciante quella di Trump ai caucus dell’Iowa. The Donald si è aggiudicato il 51% delle preferenze staccando di netto il governatore della Florida Ron DeSantis (21,3%) e l’ex governatrice della South Carolina Nikki Haley che ha portato a casa il 19,1% di voti. Il tycoon si è detto “onorato e rinvigorito” dal risultato e ha promesso agli elettori: “Riprendiamoci l’America”. Si apre così la girandola elettorale che porterà gli Usa al traguardo finale di novembre. Lo stesso Biden ha già riconosciuto in Trump il candidato da battere: “Donald Trump è il candidato repubblicano ufficiale per il 2024 e noi dobbiamo fare qualsiasi cosa per sconfiggerlo”.

Trump agguerritissimo dopo la conferma dei risultati: “Eravamo una grande nazione tre anni fa e ora siamo una nazione in declino”. Ha subito stilato una serie di promesse per il secondo mandato, tra cui deportazioni degli immigrati illegali, esercitazioni dilaganti e piena immunità agli agenti di polizia. Lunedì 15 gennaio, con temperature fino – 40° e cumuli di neve che bloccavano le strade, circa 111.000 elettori (molti meno rispetto gli 185.000 dei caucus nel 2016) si sono riuniti in scuole, biblioteche, centri comunitari per esprimere la propria preferenza. L’Iowa e il New Hampshire rappresentano le prime due tappe fondamentali della corsa alla nomination repubblicana.

L’Iowa in particolare, essendo uno Stato prettamente rurale – soprannominato il “granaio d’America” – è abitato in gran parte da agricoltori bianchi e conservatori evangelici, ovvero lo zoccolo duro del Grand Ol’ Party. Per questo motivo il risultato in Iowa determina lo slancio o l’inerzia degli eventuali candidati. Storicamente, un candidato che ha “fallito” in entrambi gli Stati non va avanti nella corsa anche e soprattutto perché i vari finanziatori ne prendono le distanze. Chi si aggiudica l’Iowa si aggiudica la nomination e spesso anche la presidenza.

Per i dem, sono stati Jimmy Carter e Barack Obama a portarsi a casa la tripletta perfetta (Iowa – nomination – elezioni presidenziali), mentre per i repubblicani solo George W. Bush. Trump ha fatto un percorso diverso: nel 2016 vinse in Iowa ma si aggiudicò la presidenza, mentre nel 2020 prese l’Iowa e la nomination per poi perdere contro Biden.

I democratici, d’altra parte, proprio per la natura fortemente conservatrice dello Stato che mistificherebbe il carisma di un candidato blu rispetto a un altro, hanno deciso di iniziare le primarie nella molto più eterogenea Carolina del Sud. E della Carolina del Sud è stata governatrice anche Nikki Haley, forse per questo proposta elettorale assai più moderata di Trump e DeSantis. La stessa Haley, che aveva ottenuto grandi ondate di entusiasmo e consensi nei giorni passati, non ha tuttavia soddisfatto le aspettative. Anche il 22,1% di DeSantis – considerato l’impegno, il tempo e i fondi che la sua campagna ha riversato in Iowa – è stato tutto sommato deludente.

Ma cosa succederà all’ennesima, quasi certa nomination di Trump? Con la scena democratica sprovvista di una valida alternativa a Biden, il quale già da tempo non trascina più e non convince i suoi elettori, gli Stati Uniti potrebbero andare incontro al secondo mandato Trump. Una prospettiva che, per quanto incredibile dati i 91 capi d’accusa in quattro diversi processi che pendono sulla sua testa, potrebbe effettivamente verificarsi.

Una prospettiva che allarma i leader europei: la politica di Trump infatti è notoriamente isolazionista e non interventista; molto più focalizzata a costruire muri piuttosto che abbatterli per colonizzare. Se da una parte Trump presidente, amico di Putin e contro l’invio di armi e aiuti potrebbe arginare i conflitti, dall’altra, come hanno sottolineato molti, potrebbe lasciare l’Europa a difendersi da sola. Non solo. La sua politica nazionalista e autoconservativa, influenzando altri Paesi a fare lo stesso, potrebbe avere un grosso (imprevedibile) impatto sulle elezioni europee di giugno.


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