Editoriale

L’EDITORIALE – Partita doppia

di Tommaso Cerno -


Partita doppia. Le elezioni europee vedranno in campo quasi certamente il premier Giorgia Meloni. Nel Paese dei governi tecnici e delle manovre di Palazzo la scelta del leader dei Fratelli d’Italia è di consultare il popolo più spesso possibile. Per un vecchio adagio della politica che si chiamerebbe democrazia. E alla fine all’opposizione resterà un’unica strada: scendere in campo in prima persona e vedere chi vince. Alla conferenza stampa di fine anno diventata per ragioni di salute un incontro di inizio 2024, Giorgia ha rilanciato. E ha indicato in Elly Schlein la sua avversaria. Aprendo a un faccia a faccia televisivo e lasciando intendere che è pronta a una sfida europea fra Fratelli d’Italia e il Partito Democratico.

Sa bene il premier che questa cosa è impari perché a destra l’egemonia del partito di Meloni è indiscussa nei numeri e nei fatti mentre a sinistra Elly ha un avversario molto temibile, Giuseppe Conte, che farà di tutto per agganciare il PD nella corsa per Strasburgo. Una partita doppia che a sinistra avrà il valore di una sorta di elezioni primarie per stabilire una volta per tutte chi è il leader più forte dell’opposizione, attorno al quale possa nascere un progetto alternativo a quello del centrodestra di governo. Ma c’è un secondo problema per Elly Schlein, legato alla poca unità che dentro il suo partito in questo momento c’è intorno al suo nome. L’area riformista dei democratici, uscita con le ossa rotte dalle primarie dove Bonaccini dato per favorito ha invece lasciato il posto a Elly, deve ancora decidere se sostenere davvero la corsa del segretario PD alla leadership naturale verso le prossime Politiche o boicottare attraverso un voto di desistenza o un disimpegno proprio Schlein, per aprire una nuova, l’ennesima stagione dentro il partito di Veltroni che dal 2007, anno della sua fondazione, non ha mai invertito il maleficio che lo vede soccombere alle politiche in Italia.


Il vantaggio competitivo di Schlein risiede nel fatto di essere un volto nuovo. In questa Italia tornata dopo molti anni a un governo politico l’idea che dopo Meloni ci possa essere o di nuovo Meloni o qualcuno che ancora non ha avuto responsabilità di governo sembra prevalere. Ma Conte ripete ai suoi più fedeli che ha intenzione di giocare la partita per tornare a Palazzo Chigi. Forte di un credito diffuso nel centrosinistra che gli deriva dall’esperienza del Conte2, dove l’avvocato degli italiani aveva fatto breccia nell’elettorato in crisi di un Pd troppo schiacciato su finanza e multinazionali. Per riuscirci Conte deve costruire un consenso attorno a se stesso capace di mettere in discussione la leadership del Pd, per poi proporsi come federatore nell’idea di lasciare i Cinquestelle verso una nuova fase, per tornare ad essere quell’usato sicuro che tanto piacque a Franceschini e Boccia nel 2020.

Un percorso in salita soprattutto per quanto riguarda l’appoggio dell’area moderata del centrosinistra che dopo lo strappo di Renzi e la nascita del governo Draghi considera Schlein un segretario troppo appiattito sugli ex Ds ma Conte perfino più populista di quanto siano gli avversari del centrodestra.


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