Esteri

L’ex viceministro degli Affari Esteri Giro: “Tutti hanno paura della Russia divisa. Iniziata la guerra dei patriottismi”

di Edoardo Sirignano -

MARIO GIRO DEMOS


di EDOARDO SIRIGNANO

“La guerra ha certamente rotto qualcosa nella società. È probabile che non tutti i russi siano così desiderosi di morire per il Donbass. Ora la sfida tra Putin e altri soggetti, come la Wagner, è sul piano del patriottismo. Su questo si svolgerà la lotta politica intestina nei prossimi mesi”. A dirlo Mario Giro, già viceministro degli Affari Esteri nei governi Renzi e Gentiloni

La rivolta a sorpresa di Prigozhin, come cambia lo scenario?

Non è stata tanto a sorpresa. Il problema è che quando uno stato usa miliziani deve sempre aspettarsi rivendicazioni armate. Direi che quello che è successo a Mosca è molto simile a quanto sta accadendo in Sudan.

C’è qualche dubbio, intanto, rispetto ai generali del Cremlino…

Non so dirlo! Sicuramente c’è questa ribellione della Wagner. Ha dato una botta forte alla stabilità del sistema istituzionale russo. Staremo a vedere quali saranno le conseguenze nel futuro.

Qualcuno parla di legami segreti di Shoigu. Esistono realmente?

Non ho informazioni in tal senso.

Quale, invece, la strategia di Putin per non perdere il controllo?

La guerra ha certamente rotto qualcosa nella società. È probabile che non tutti i russi siano così desiderosi di morire per il Donbass. Ora la sfida tra Putin e altri soggetti, come la Wagner, è sul piano del patriottismo, cioè di chi incarna meglio la difesa della “Santa Madre Russia”. Su questo si svolgerà la lotta politica intestina nei prossimi mesi.

Dietro al tentativo di Prigozhin ci sono gli Stati Uniti?

Non ho notizie, ma non credo! La reazione preoccupata di Washington e delle cancellerie occidentali fa capire che è stato un colpo del tutto inatteso, non auspicato e che ha reso la situazione generale pericolosa. Nessuno vuole una Russia fuori controllo, tantomeno gli Stati Uniti.

In questo scenario, il rischio atomico è dietro l’angolo?

Se la Russia si frammentasse, potrebbero cadere armi atomiche nelle mani di miliziani o altri soggetti. Ecco perché è meglio che ciò non avvenga.

Meglio Putin che Prigozhin?

Meglio una Russia che tanti signori della guerra.

L’Ucraina, adesso, come deve comportarsi. Può cambiare la strategia di Zelensky?

Non credo cambi qualcosa! In Ucraina c’è qualcuno che vorrebbe vedere la Russia frammentata, ma mi sembra che anche a Kiev si stanno rendendo conto che ciò è molto pericoloso.

In tutta questa vicenda, quale il ruolo della Cina?

Nessuno! La Cina ha proposto un piano di pace. Vuole la trattativa. La guerra è negativa per Pechino.

Anche le ultime parole di Biden non hanno interferito sui tentativi di mediazione?

Ritengo che Xi Jinping voglia la trattativa. Tra americani e cinesi, però, non c’è ancora quella qualità di dialogo, che sarebbe necessaria. Abbiamo visto, intanto, che il viaggio di Blinken a Pechino è andato bene. Tra Washington e Pechino è sempre un chiaroscuro.

Un nodo da scogliere è certamente la questione Taiwan…

La salvaguardia di Taiwan è molto importante per gli Stati Uniti e l’Occidente.

Lei spesso ha parlato di guerre parallele oltre al conflitto in Ucraina. Quanto il tentativo di Prigozhin influisce sugli altri focolai sparsi nel pianeta?

Più che guerre parallele assistiamo a fenomeni sempre più frequenti di privatizzazione della guerra, di cui Wagner è un esempio. Ciò, intanto, è molto pericoloso.

Come deve comportarsi l’Occidente rispetto a questo nuovo fenomeno?

L’Occidente ha inventato i “contractors”. La Wagner è una copia molto più aggressiva di ciò che l’Occidente aveva già fatto, per esempio, in Iran. Anche il fenomeno delle milizie africane, a mio parere, va nella medesima direzione. Molti di questi signori della guerra contemporanei non sono più dei leader etnici, tribali o ideologici, ma si presentano come provider di sicurezza. Tutto ciò è destrutturante.

Rispetto a tutto ciò, quale deve essere la posizione di Meloni e del suo governo?

L’Italia ha la possibilità di sostenere la mediazione. È nella nostra tradizione sia politica che umanistica. Questa è la strada da percorrere.


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