Attualità

Liberalmente Corretto – Il ministro Hegeliano Crosetto

di Michele Gelardi -

GUIDO CROSETTO - MINISTRO DELLA DIFESA


Il ministro Crosetto è un seguace di Hegel; a sua insaputa, si deve supporre, visto che si professa liberale. Ha destituito il generale Vannacci dall’incarico di comandante della Folgore, perché il “rappresentante dello Stato” avrebbe espresso opinioni incompatibili con i valori della Repubblica italiana; con ciò sarebbe venuto meno al dovere di fedeltà che incombe su ogni funzionario dell’amministrazione pubblica. Qualche osservatore ha fatto notare che pressappoco un italiano su due è un dipendente pubblico o di un ente para pubblico o di una società controllata, esercente funzioni pubbliche; cosicché la libertà di parola apparterrebbe a una sola metà del cielo. Qualche altro ha opinato che la motivazione vera sia stata ben diversa da quella ufficiale, dovendosi ricercare nel fatto che il generale Vannacci disturbò il “manovratore”, denunciando i danni alla salute patiti dai militari italiani operanti nei Balcani e in Iraq. Comunque, ai nostri fini, tali osservazioni, per quanto assolutamente plausibili, contano poco; ha rilevanza invece la motivazione ufficiale, perché in essa traspare una concezione dello Stato, molto lontana dalla cultura liberale e, in ultima analisi, riconducibile all’idealismo hegeliano.

Cos’è infine lo Stato? Mi dispiace deludere gli hegeliani, ma lo Stato è semplicemente un’idea. Per la precisione, è quell’idea rappresentativa dell’insieme degli apparati organici, che esercitano la sovranità giuridica, mediante atti di autorità. Nella realtà esistono solo gli apparati, i quali hanno funzioni, prerogative e competenze diverse. L’idea di Stato è utile, perché una sola parola sintetizza la congerie dei modi di esercizio della sovranità giuridica, ma ovviamente la sua utilità comincia e finisce qui. Fin quando ne rimane chiara la sua natura ideale, il concetto di Stato si dimostra vantaggioso; se invece si incorre nell’errore logico della reificazione dell’idea, l’equivoco può ingenerare perigliose conseguenze. Quando lo Stato viene pensato come res e non più come idea, si dimentica per esempio che non ha ragion d’essere la fedeltà allo Stato in quanto tale, ossia allo Stato-ente, bensì semplicemente la fedeltà ai doveri, propri della funzione specifica dell’apparato di appartenenza. Il generale dell’esercito, che ha giurato fedeltà alla Repubblica italiana, la può esprimere in una sola maniera: finalizzando la sua attività agli interessi del popolo italiano nel settore specifico della difesa militare. Nessun’altra fedeltà gli può essere richiesta; come al medico non si può chiedere nient’altro che il buon esercizio della sua funzione di medico. Quando lo Stato viene pensato come res, si dimentica per esempio che gli apparati sono formati da uomini e la volontà espressa dall’organo, immedesimata nell’atto amministrativo, si deve in ultima analisi a un uomo in carne ed ossa. Tale volontà è formalmente impersonale, ma non c’è dubbio che l’unico essere al mondo che compie atti volitivi è la persona umana.

Sicché l’astrattezza logica, pur necessaria, che ci fa vedere la persona giuridica collettiva, non deve essere fuorviante al punto da nascondere la realtà fattuale concreta, animata solo dalla dinamica operativa delle persone individuali. E se l’apparato collettivo non ha volontà propria, a maggior ragione non ha un’opinione propria. E se l’apparato, avente competenza settoriale, non ha un’opinione, a maggior ragione non la può avere lo Stato, ossia l’idea ancora più astratta, rappresentativa dell’insieme degli apparati. E si dimentica altresì che lo Stato democratico non può professare una fede e un’ortodossia, nel campo dei rapporti interpersonali. Il funzionario pubblico, come qualsivoglia cittadino privato, seppure desiderasse, non potrebbe contraddire un’eventuale opinione “corretta” dello Stato italiano, giacché non sussiste alcuna ortodossia giuridicamente cogente. La nozione di normalità comportamentale, presa in considerazione nel libro di Vannacci, giusta o sbagliata che sia, non può contraddire alcun valore fondante della Repubblica italiana, per la semplice ragione che la Repubblica non può esprimere alcuna opinione in materia e non ha alcuna ortodossia da far valere
In ultima analisi, il provvedimento a firma del ministro Crosetto, autodefinitosi “liberale”, risulta basato sui postulati della filosofia hegeliana, che reificano l’idea-Stato e fanno dimenticare la pluralità delle funzioni dei vari apparati, l’impossibilità dell’opinione di Stato e l’autoritarismo insito nell’ortodossia di Stato. Ma se i “liberali” si dimostrano più vicini a Hegel che a Voltaire, possiamo chiedere loro almeno la coerenza di non definirsi liberali?


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