Politica

L’INTERVISTA – Ingroia: “Il Pd è il partito degli affari. Elly e la questione morale”

di Edoardo Sirignano -

ANTONIO INGROIA, POLITICO


“Il Pd, negli ultimi anni, si è contraddistinto come partito delle lobby e degli affari. L’eredità di Berlinguer è stata smarrita da tempo”. A dirlo Antonio Ingroia, ex procuratore, noto per aver lavorato a stretto contatto con Falcone e Borsellino.

Appalti Rione Terra, terremoto nel Pd. Che idea si è fatto?

La corruzione dilaga in ogni ambiente e la sinistra non è immune. La magistratura fa il suo dovere e non guarda le tessere.

Possiamo parlare, intanto, di Pd dalla doppia morale?

Il Pd, negli ultimi anni, si è abbastanza contraddistinto come partito delle lobby, degli affari, non immune al coinvolgimento in vicende torbide che riguardano la pubblica amministrazione.

Esiste, quindi, una questione morale a sinistra?

Assolutamente sì! L’eredità di Enrico Berlinguer si è smarrita da tantissimi anni. Il suo Pci era sicuro all’avanguardia sulla questione morale. Lo stesso non si può dire del Pd di oggi.

Caso Soumahoro, Qatargate e l’ultima vicenda dovrebbero imporre una riflessione?

Occorre innanzitutto autocoscienza e poi ripulire la classe dirigente all’interno del partito.

Su questi temi Schlein è vigile e attenta come dovrebbe?

Lo era prima di diventare segretario del Pd. Si è, invece, intiepidita da quando ha preso le redini del partito.

Sull’abuso d’ufficio, ad esempio, non sembra esserci compattezza nella minoranza…

Nessun soggetto può essere criminalizzato in toto. Nel Pd ci sono tanti dirigenti onesti, come lo è la stragrande maggioranza della base. Per tale ragione, a mio parere, esistono divisioni sul tema dell’abolizione dell’abuso d’ufficio.

Questa vicenda potrebbe essere un punto di partenza per qualcosa di più ampio?

Non sono in grado di dirlo. È certo, che ancora una volta la questione morale dovrebbe essere in cima alle priorità e non in coda, proprio come accadeva ai tempi di Berlinguer. Vale per tutta la politica, a destra come a sinistra.

Avvicinandoci alle europee, è possibile voltare pagina?

Bisogna dare un segnale, ad esempio, nella selezione delle candidature, premiando chi è su posizioni più intransigenti, aprendosi a quella società civile in prima fila contro criminalità e malaffare. Ciò non avviene da tempo. Le risultanze dell’ultima indagine lo dimostrano. Fino a quando non si farà pulizia piena, non si potrà riformare la politica.

Qualcuno sosteneva che dopo le fratture della Prima Repubblica si sarebbe indebolito il rapporto tra politica e criminalità…

Può sembrare un paradosso, ma ci troviamo a rimpiangere la Prima Repubblica, colpevolizzata di corruzione sistemica, mentre adesso si è diffusa a monte come a valle.

La destra, però, è solo oggi al governo…

Non credo si possa fare una classifica. Stiamo parlando di un problema che investe tutte le forze quando hanno esperienza di governo.

Nella prossima tornata, dunque, importante un cambio di rotta?

È possibile, ma la mia esperienza mi dice che non si fa mai tesoro del passato. Sono molto scettico.

Quali le forze più attente sul tema?

Il Movimento 5 Stelle, con alcuni suoi esponenti, lo è sempre stato. Fratelli d’Italia, considerando le posizioni su ordine e sicurezza, dovrebbe ritrovarsi sulla stessa linea. Il partito capeggiato da Meloni, però, quando è andato al governo ha finito con l’allinearsi su posizioni che teneva Forza Italia e quella destra considerata anti-magistratura.

Perché la riforma Nordio tarda ad arrivare?

Sono abbastanza critico verso il provvedimento. Non interviene sull’unico tema cruciale, quello relativo ai tempi della giustizia. Nordio non dice nulla, mentre il vero male non sono né le intercettazioni, né le carriere o l’abuso d’ufficio.

Perché?

Allungando i tempi del processo e accorciando quelli della prescrizione si garantisce l’impunità della classe politica stessa, che in un certo modo si autoprotegge.


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